
Si allunga la lista di contratti del consulente del governo transalpino: ne ha stipulato uno anche col presidente isolano, grazie al suo rapporto (oggetto di indagini) con la Banca Centrale di San Marino. Parigi seccata chiede di «giustificare rapidamente». Può ragionevolmente ambire a diventare la tredicesima stella della bandiera europea, Sandro Gozi. Dopo aver militato in patria come sottosegretario agli Affari europei - negli esecutivi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni - e dopo aver traslocato all'hôtel de Matignon come superconsulente del primo ministro francese Edouard Philippe, si scopre ora che il rampante politico di Sogliano al Rubicone è consigliere anche di un altro governo, quello di Malta. A rivelare il nuovo (l'ennesimo) incarico sono stati il giornale Le Monde e il suo omologo isolano, il Times of Malta. Gozi - che da pochi giorni ha pure aderito a Italia viva di Matteo Renzi - collabora con il presidente dello staterello isolano nel cuore del Mediterraneo, Joseph Muscat, fin dal giugno 2018 occupandosi di «tutte le istituzioni e priorità europee nel ruolo, identico o simile, che ha avuto o ha con governi e istituzioni europee». L'attivismo di Gozi, prossimo europarlamentare della lista En Marche di Emmanuel Macron - siederà a Bruxelles appena avviate le procedure per la Brexit - non è stato particolarmente gradito a Parigi, tant'è che lunedì scorso il premier Philippe ha espresso parole chiare al riguardo. Durante il question time nell'Assemblea nazionale, il presidente del Consiglio dei ministri francese ha spiegato che «tutti coloro che hanno l'onore di servire la Francia lavorando in un Gabinetto devono essere, quando sono oggetto di un attacco politico, difesi dal capo del governo», però ha pure aggiunto che «il capo del governo richiede loro una perfetta probità e il rispetto di tutte le regole che sono imposte a tutti coloro che hanno l'onore di servire la Francia». Il tema del contendere è esattamente questo: Philippe sapeva di questa consulenza maltese? Secondo Gozi, intervistato dai due giornali, sì e no. Prima ha spiegato che tra gli incarichi «non esiste conflitto d'interessi», poi ha corretto il tiro sostenendo di aver interrotto la collaborazione con Muscat appena firmato il contratto con Parigi salvo poi ammettere di non aver spiegato bene la natura della sue consulenze al capo del governo francese. Insomma, un gioco degli equivoci che sembra arrivare direttamente da una commedia di Molière.Dalle parti della Tour Eiffel stanno insomma sperimentando lo stesso sbigottimento provato in Italia quando l'ex sottosegretario, dopo aver prestato giuramento alla Repubblica in due diverse occasioni, non ha avuto alcun tipo di difficoltà a volare Oltralpe per mettersi al servizio di un Paese straniero, portandosi dietro i segreti e le informazioni privilegiate che aveva acquisito maneggiando i dossier a Roma. Non è un caso, infatti, che il deputato di opposizione Pierre-Henri Dumont, nel corso della seduta in Parlamento con il premier Philippe, gli abbia chiesto a muso duro «per chi lavora davvero il tuo consulente? Per sé stesso, per la Francia, per Malta, per l'Italia? Puoi assicurarci che il tuo consulente non ha mai usato le informazioni che avrebbe potuto conoscere a beneficio di un altro governo?». La situazione si è fatta particolarmente scomoda per Gozi, a questo punto. «Il capo di Stato maggiore del primo ministro ha preso atto e lo ha invitato a produrre quanto prima i documenti che attestano la fine della sua collaborazione con il governo maltese al momento dell'assunzione per chiudere la controversia», ha spiegato una nota ufficiale dell'hôtel de Matignon, l'equivalente parigino di Palazzo Chigi. A Gozi è stato anche chiesto di «giustificare rapidamente l'adempimento dei suoi obblighi di segnalazione all'Alta autorità per la trasparenza della vita pubblica, obblighi sui quali il primo ministro è particolarmente vigile».Del rapporto di Gozi con la piccola isola del Mediterraneo aveva parlato nei mesi scorsi il nostro giornale, riportando la notizia dell'indagine a carico del politico italiano per «amministrazione infedele» in relazione a una consulenza da 220.000 euro (compresi eventuali premi) con la Banca Centrale di San Marino. Consulenza considerata dal commissario della legge (il pubblico ministero), Alberto Buriani, «fittizia» oltre che viziata da un presunto rapporto di amicizia con il presidente dell'istituto di credito del Titano, la coindagata Catia Tomasetti. A far da tramite tra Gozi e la Banca centrale, su richiesta del segretario agli Esteri, Nicola Renzi, era stata proprio l'ambasciatrice di Malta in Italia, Vanessa Frazier. Come lei stessa confermò alla Verità: «Se c'era un interessamento di Renzi per Gozi? Certo. L'anno prima avevo suggerito altri due nomi (come negoziatori, ndr), ma non mi avevano richiamato. In questo caso dopo due giorni mi hanno ricontattato».L'appeal di Gozi, negli ambienti dell'europeismo ultraortodosso, è d'altronde arcinoto. Meno nota - finora almeno - era la tendenza di questo chiacchierato soggetto a giocare su tre tavoli contemporaneamente.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






