2020-05-28
La Fornero piange: Italia maschilista. Ma le vere vittime sono le mamme
L'ex ministro pretende più posti al vertice per le donne. Però a danneggiare la popolazione femminile non è la mancanza di potere. Bensì l'assenza di aiuti a chi fa figli, come mostra uno studio della Cattolica.Che il piagnisteo fosse la cifra comunicativa di Elsa Fornero lo avevamo vagamente immaginato. Ieri però l'ex ministro ci ha fornito una prova schiacciante in un editoriale pubblicato sulla Stampa, in cui si scaglia contro la «subcultura maschilista italiana». A suo dire, infatti, in Italia domina una «subcultura maschilista che concepisce le donne come genericamente sempre “più buone" ma meno preparate e quindi meno adatte degli uomini all'assunzione di responsabilità». La nostra nazione avrebbe accumulato, secondo la Fornero, un «grande ritardo» in tema di «parità fra i generi».Qual è il motivo di tanta rabbia? Il presidente della Commissione parlamentare Politiche Ue - Sergio Battelli dei Cinque stelle - ha convocato in audizione una serie di esperti per discutere delle misure comunitarie anti crisi. E fra questi illustri cervelloni non c'era nemmeno una donna (quindi non hanno invitato neppure la Fornero). Non solo. Elsa è infuriata anche per la gestione della task force guidata da Vittorio Colao, che solo tardivamente ha incluso personale femminile: «Ci sono volute voci critiche per far ricredere il presidente del Consiglio e indurlo a pensare che qualche donna avrebbe potuto dare un utile contributo a una squadra chiamata a un simile compito».Dice poi la Fornero che, in altri Stati, si comportano molto meglio di noi. Ad esempio in Germania, patria di Angela Merkel e di Ursula von Der Leyen, a cui va il merito di aver proposto il Green Deal e di aver spinto per il Recovery Fund. Grandi risultati, non c'è che dire.Ma lasciamo un attimo da parte le valutazioni politiche, e concentriamoci sul problema centrale. Davvero l'Italia è così maschilista? Davvero le donne sono così tanto discriminate qui da noi a differenza che in altri Stati? Per prima cosa, ci viene da notare che sono soprattutto le intellettuali a presentare il sesso femminile come «più buono», specie quando sostengono che un mondo governato da donne sarebbe più giusto, più accogliente e più pacifico.Ma, di nuovo, lasciamo da parte la polemica e concentriamoci sulla reale condizione femminile. A questo proposito è utile esaminare un articolo («Donne e lavoro, una paradossale felicità») firmato da tre studiosi dell'Università Cattolica, Margherita Agnoletto, Lorenzo Cappellari e Astrid Gamba, pubblicato sull'ultimo numero della rivista Vita e Pensiero.I tre ricercatori, in effetti, notano che qui da noi esiste il cosiddetto «gender pay gap». Le donne, cioè sono pagate meno degli uomini. Quindi, a prima vista, ha ragione Elsa: chi nasce femmina va incontro a discriminazioni. Attenzione però, perché l'articolo rivela qualche dettaglio interessante: «Secondo Eurostat», spiegano gli studiosi della Cattolica, «nei Paesi Ue-28 il gap varia dal 6,5% della Croazia (ovvero per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna guadagna 93,5 centesimi) al 23% della Germania (77 centesimi guadagnati dalle donne per ogni euro degli uomini). L'Italia si colloca nelle posizioni di testa nella classifica del gender pay gap, con un differenziale del 20,7%». Interessante. Scopriamo quindi che l'avanzata Germania di Merkel e Von der Leyen tratta le donne peggio di noi, almeno dal punto di vista economico.Ma c'è di più. «Il gender gap», proseguono i ricercatori, «emerge in un momento ben preciso della carriera femminile, vale a dire la nascita del primo figlio. Il salario di uomini e donne cresce a ritmi molto simili prima dell'interruzione per maternità. Il congedo per maternità segna una perdita secca di quasi il 100% del salario femminile (in Italia indennizzata all'80% dall'Inps), che viene solo in parte recuperata dopo il rientro dalla maternità, e persiste anche a 3 anni di distanza nella misura del 18%. Questi risultati suggeriscono che le differenze di genere sono da ricondursi in buona parte alla mancanza di politiche di Welfare che agevolino il rientro al lavoro delle neo-madri».Eccoci al punto: a essere discriminate non sono le donne in generale, ma le madri. A causare una differenza di trattamento sul lavoro è la nascita di un figlio nonché la mancanza di sostegno a chi diventa genitore. Che cosa significa tutto ciò? Semplice: che la retorica - utilizzata anche dalla Fornero - sulle differenze di genere non solo è inutile, ma è pure dannosa. Posto che da un generale miglioramento delle condizioni economiche e lavorative trarrebbero profitto tutti, sia i maschi sia le femmine, se davvero vogliamo risolvere almeno un grosso problema delle donne dobbiamo deciderci a sostenere e difendere la maternità. Dobbiamo, cioè, aiutare le madri e le famiglie. E invece, proprio come si è visto nel corso dell'emergenza coronavirus, a tutto si pensa tranne che a chi mette al mondo figli.In compenso, illustri intellettuali ed editorialiste come la Fornero continuano a insistere sulla discriminazione ad alto livello. Per costoro, l'esistenza femminile migliorerebbe se ci fossero più donne nei Cda, nelle task force, nei posti di potere. Tradotto: le donne che la ricchezza, la fama e il potere lo hanno già ne pretendono ancora di più, e puntano a ottenerlo grazie alla solidarietà di tutte le altre donne, le quali però non hanno nulla da guadagnare dalle grottesche battaglie contro il maschio oppressore.Per altro, non è affatto detto che avere più potere significhi essere più felici. Secondo un'indagine Istat citata dagli studiosi della Cattolica, «incrociando la soddisfazione lavorativa con il genere dei lavoratori, emerge che la probabilità che una donna ritenga il proprio lavoro “Soddisfacente" oppure “Molto soddisfacente" supera di circa 7 punti percentuali quella di un uomo».Dunque proseguiamo pure con i piagnistei sulle «differenze di genere». Così donne già potenti potranno essere ancora più potenti, le famiglie continueranno a disgregarsi, le madri continueranno a essere in difficoltà e tutti saranno più infelici. A cominciare dalle femmine.