2024-09-15
La FMSI guarda al futuro: esercizio fisico come medicina. Casasco rieletto presidente
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(Imagoeconomica)
L’assemblea della Federazione Medico Sportiva Italiana approva il programma per il prossimo quadriennio, puntando su prevenzione, esercizio fisico e lotta al doping, con un forte impegno per la formazione internazionale.
L’assemblea della Federazione Medico Sportiva Italiana approva il programma per il prossimo quadriennio, puntando su prevenzione, esercizio fisico e lotta al doping, con un forte impegno per la formazione internazionale.Maurizio Casasco è stato rieletto presidente della Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) con il 98% dei voti espressi dai delegati presenti all’Assemblea Ordinaria Elettiva. Questo importante riconoscimento arriva in un momento cruciale per la medicina sportiva, un settore che, sotto la guida di Casasco, ha visto significativi sviluppi a livello nazionale e internazionale. Casasco, che ricopre anche il ruolo di presidente della Federazione Europea di Medicina dello Sport (EFSMA) e fa parte del consiglio della Federazione Mondiale (FIMS), ha presentato una relazione programmatica per il quadriennio 2025-2028, ricevendo l'approvazione unanime dell'assemblea.Nella sua relazione, il presidente ha sottolineato l'importanza di valorizzare ulteriormente la FMSI come eccellenza scientifica riconosciuta dal Ministero della Salute, in grado di rispondere ai bisogni della collettività e delle istituzioni. Sotto la sua presidenza, la medicina dello sport ha ottenuto un riconoscimento ufficiale anche a livello europeo, rafforzando il ruolo degli specialisti in questo ambito. Casasco ha ricordato come la medicina sportiva giochi un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel contrasto delle malattie non trasmissibili, che rappresentano il 74% dei decessi a livello globale. Un impegno che il presidente ha già sottolineato in sede internazionale, come durante la sua audizione alle Nazioni Unite.Tra i temi centrali del suo programma, Casasco ha evidenziato l’importanza dell’ampliamento delle competenze dello specialista in medicina dello sport anche nel mondo del lavoro, promuovendo l’esercizio fisico come strumento di prevenzione e miglioramento della salute, con un occhio ai costi-benefici per il Sistema Sanitario Nazionale. L’obiettivo è consolidare il tema federale "età biologica, età anagrafica" in contesti produttivi e assicurativi, contribuendo alla sostenibilità dei sistemi pensionistici. Un altro punto chiave è la prescrizione dell'esercizio fisico come un vero e proprio farmaco, da somministrare in dosi precise per migliorare la qualità della vita e ridurre i costi sanitari.La lotta al doping, inoltre, continua a essere una priorità per la FMSI, che si avvale del nuovo Laboratorio Antidoping di Roma, una struttura di eccellenza internazionale, accreditata dall'Agenzia Mondiale Antidoping (WADA). Questo laboratorio, unico in Italia e potenziato di recente con un investimento di 18 milioni di euro, rappresenta un punto di riferimento nella tutela della salute degli atleti e nella lotta contro le pratiche illecite nello sport.Infine, Casasco ha evidenziato la necessità di investire nella formazione e nella ricerca, promuovendo lo scambio internazionale delle conoscenze. In quest’ottica, ha avanzato l’idea di un progetto simile all’Erasmus, dedicato alla medicina dello sport, che potrebbe rafforzare la collaborazione tra i giovani specialisti europei, oltre a consolidare i rapporti con le Scuole di Specializzazione italiane.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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