2024-01-21
«La fantascienza è libertà dalle costrizioni»
La scrittrice Clelia Farris: «Ho gettato via il mondo reale per costruirne altri. Sono interessata a esplorare le mutazioni fisiche e psicologiche degli esseri umani nei confronti del cambiamento ambientale. Nei miei romanzi mischio parole antiche con detti cagliaritani».Clelia Farris (Cagliari, 1967) si è laureata in psicologia e ha iniziato a scrivere racconti e romanzi di fantascienza, vincendo diversi riconoscimenti quali Fantascienza.com, Odissea, Kipple e finalista al Premio Urania Mondadori. Tra i suoi romanzi Nessun uomo è mio fratello (Delos, 2009), La giustizia di Iside (Kipple, 2012), Necrospirante (Delos, 2016), La consistenza delle idee (Future Fiction, 2018), La pesatura dell’anima (Future Fiction, 2020), I vegumani (Future Fiction, 2022). Suoi racconti sono pubblicati su riviste di fantascienza in Italia e all’estero quali Robot, Fantasy Magazine e Strange Horizons / Samovar, nonché nei volumi collettivi Freetaly. Italian Science Fiction, Storie del domani 2, Figli del futuro, Segnali dal futuro, Antropocene, Solarpunk e Lo specchio brillante, tutte edite dall’editore romano Future Fiction. Diverse sue opere sono disponibili in versione audiolibro (Audible). Vive a Cagliari.Che cosa l’ha portata alla fantascienza e cosa significa oggi, nel 2024, essere una scrittrice di fantascienza? «La fantascienza è libertà. Libertà dalle costrizioni del reale. Quando ho iniziato a scrivere, le mie storie erano ambientate nel mondo odierno, però avevo bisogno di inserire un granellino che inceppasse l’ingranaggio della vita comune. Ecco, questo granellino è diventato sempre più simile a un’idea fantascientifica. Alla fine ho gettato via il mondo reale e ho preferito costruirne altri. A volte sono mondi che si discostano dal nostro per poche caratteristiche. Può essere un dettaglio genetico dalle conseguenze sociali molti forti: si nasce o vittime o carnefici. A volte sono mondi totalmente diversi. La Pesatura dell’anima è ambientato in un Egitto ucronico in cui i faraoni sono stati soppiantati da una rivoluzione ecologica, e il progresso tecnologico ha prodotto lampade vegetali alimentate dall’energia della pianta e mobili che crescono all’interno delle case. Il mondo dei Vegumani, invece, descrive la vita della Sardegna futura, in cui le comunità agricole lavorano dentro serre climatizzate, per resistere alla desertificazione, e la gente vive e lavora di notte, mentre le ore calde del giorno sono dedicate al sonno. Prediligo la fantascienza di tipo filosofico e sociologico, sono interessata a esplorare le mutazioni fisiche e psicologiche degli esseri umani nei confronti del cambiamento ambientale, della crescita tecnologica e delle variazioni genetiche».Chi sono i vegumani?«I vegumani siamo noi, proiettati in avanti nel tempo. Attraverso una sostanza che modifica la loro pelle, i vegumani effettuano una sorta di fotosintesi, ma anche noi, nei millenni, abbiamo sviluppato un sistema fisiologico che ci permette di estrarre le sostanze nutritive dall’ingestione dei vegetali. In un certo senso anche adesso ci nutriamo della luce assorbita dalle piante, trasformata in frutta e verdura, che trasformiamo poi in calorie. Il vegumanesimo è solo una diversa evoluzione fisiologica. Un’evoluzione che apre la via a un rapporto sacrale con l’ambiente. Come i loro antenati meno tecnologici, i miei personaggi riconoscono l’interdipendenza di umano e ambiente. È un cerchio che si chiude».Natura e immaginazione: nella sua opera questo è un connubio molto stretto. Che rapporto ci sarà nel futuro tra queste due dimensioni che lo sviluppo scientifico e tecnologico sembrerebbe separare nettamente?«La mia impressione è che la scienza attuale stia cercando ispirazione proprio nella natura. Abbiamo due modelli italiani: Barbara Mazzolai e la sua ingegneria bio-ispirata. Stefano Mancuso e l’ingegneria biologica. Una scuola di Cagliari, l’istituto De Sanctis-Deledda, per fare un esempio, sta portando avanti un esperimento con alcuni insetti che si nutrono di polistirolo. E penso che gli studi sul grafene ci daranno nuovi sistemi di comunicazione. Il problema è la capacità di ricezione da parte dell’industria, che bada al soldo immediato e guarda poco al futuro. Poi bisogna dire che alcune soluzioni ecologiche sono belle in linea teorica, ma complicate da attuare. Per restare in tema, gli insetti degradano il polistirolo, ma solo quello pulito, senza la presenza di materia organica. Quindi dovremmo trovare il modo di lavarlo in modo economico ed ecologico. E infine c’è l’ostacolo della mentalità arretrata, quella che ritiene di aver pensato all’ambiente mettendo un prato inglese e un olivo davanti a un edificio cubico chiuso da vetri a specchio. Naturalmente l’olivo lo hanno sradicato dal suo ambiente di crescita, mentre l’edificio ha le pareti sottili, che si scaldano troppo, e la presenza delle vetrate richiede climatizzatori sempre accesi. Bisogna avere una forte immaginazione per vedere lontano».Credo che uno dei piaceri nella scrittura per gli scrittori di fantascienza risieda nel rinnovamento linguistico: coniare neologismi, immaginare quel che ancora non esiste richiede nuove parole, nuovi nomi, nuove classi. Ci parla di questo aspetto?«“A me piace spampinare le parole! Di gaza! Quando m’inzucco so depentolare una cicalata che ti stende ka e ba”. Così parla un personaggio de La pesatura dell’anima. Ho messo insieme parole insolite della lingua italiana, forme linguistiche di autori del Sedicesimo secolo, e qualche modo di dire tipicamente sardo, anzi proprio cagliaritano. Il risultato è uno slang di cui si intuisce il senso dal contesto. La parola vegumani è frutto delle mani sulla tastiera del pc, volevo unire vegetali e umani e le dita sono andate per conto loro.»Come se lo immagina l’anno 2100? Che uomini e che donne lo abiteranno?«Perderemo le grandi comunità attuali: l’Europa, l’Occidente, lo Stato centralizzato. Verremo incontro alla natura, non c’è futuro senza un’alleanza con le piante. Immagino piccole comunità autosufficienti, come delle città-stato greche. La salute sarà ripensata in forma orientale: mantenimento del benessere fisiologico piuttosto che cura della malattia. Ritorneranno i guaritori e le guaritrici in versione moderna, riflessologi, naturopati, omeopati. L’innalzamento delle acque cambierà la morfologia delle coste e forse intensificherà i collegamenti via mare. La tecnologia e le nuove applicazioni scientifiche, in ogni campo, apparterranno a comunità ricche. Riscopriremo le vecchie tecniche costruttive; i làdiri, i mattoni di terra cruda della tradizione mediterranea. L’abbigliamento sarà essenziale. E siccome sono ottimista, immagino uomini e donne inventivi, solidali tra loro, capaci di allevare i bambini come figli comuni. Un’umanità più contemplativa e meno aggressiva».