Superando le reticenze dell’Ema, la Commissione chiede agli Stati d’inoculare subito fragili e over 60, senza aspettare i farmaci aggiornati, verso i quali monta lo scetticismo degli esperti. Ma porgere il braccio non basta: resta la spettro di distanze e mascherine.
Superando le reticenze dell’Ema, la Commissione chiede agli Stati d’inoculare subito fragili e over 60, senza aspettare i farmaci aggiornati, verso i quali monta lo scetticismo degli esperti. Ma porgere il braccio non basta: resta la spettro di distanze e mascherine.Vaccinare con i farmaci disponibili, senza aspettare quelli aggiornati. La Commissione Ue, in un documento indirizzato agli Stati membri, ha messo il becco sui piani d’inoculazione nazionali, in vista dell’autunno. E dietro le preoccupazioni per la prossima ondata di Covid, pare stagliarsi un imperativo categorico: dare fondo alle scorte, consumare le fiale avanzate. Capita che si avverta un’esigenza del genere, quando si accumulano dieci dosi a cittadino europeo... L’esecutivo comunitario si è discostato dalla prudenza espressa giovedì dall’Ema. L’ente regolatore, autorizzando i booster contro Omicron 1, aveva attribuito ai singoli Paesi l’onere di decidere a chi e quando somministrarli. Il commissario alla Salute, Stella Kyriakides, ha invece voluto indicare target precisi. La richiesta è di «dare priorità alla somministrazione di una dose di richiamo aggiuntiva per persone di età pari o superiore a 60 anni e per altri soggetti idonei di qualsiasi età a rischio di malattia grave», nonché di «combinare le campagne di vaccinazione contro il Covid-19 e l’influenza». Uno iato che deve aver spinto il capo della strategia vaccinale dell’Ema, Marco Cavaleri, a dichiarare che non bisogna «ritardare la somministrazione» dei preparati antivirus e che «tutti i vaccini autorizzati sono buoni». La Commissione ha lamentato il rallentamento della campagna vaccinale da aprile in avanti, sottolineando che, in Europa, il 7,5% degli over 60 non ha ancora mai porto il braccio, mentre il 16,3% non ha ricevuto la terza dose. Ormai diventata, nel gergo pandemico, «primo richiamo», preludio a chissà quante altre punturine. In totale, i maggiorenni non vaccinati sono il 14,1%; quelli che hanno evitato il booster, il 35,5%. Ergo, urgerebbe riesumare le siringhe, puntandole specie su fragili e anziani, prima dell’arrivo dei vaccini anti Omicron. Qual è il programma? Svuotare i magazzini e poi, tempo due-tre mesi, riproporre ai quadrivaccinati un’ulteriore iniezione con i farmaci aggiornati? A proposito di questi ultimi, durante l’estate si è verificato un bizzarro slittamento della retorica ufficiale. Si è passati dall’attesa messianica per i nuovi preparati di Pfizer e Moderna, che ci avrebbero dovuto salvare dal ceppo sudafricano e dalle sue sottovarianti, a un raffreddamento degli entusiasmi, con l’invito ad accontentarsi di un booster con i sieri tarati sul virus di Wuhan. Anche perché le aspettative millenaristiche, riposte nei medicinali aggiornati, avevano rallentato l’adesione alle quarte dosi. Al contrordine, però, hanno contribuito anche altre due concause: il talento spontaneo del Sars-Cov-2 nell’anticipare le mosse dei produttori di farmaci; e i test clinici lacunosi - quelli umani sono del tutto assenti, nel caso dei sieri per Ba.4 e Ba.5: per essi, è stata dimostrata solo l’immunogenicità contro Ba.1. Proprio ieri, un certo disappunto verso l’ok concesso nell’Ue al medicinale anti Omicron 1, lo manifestava Antonella Viola. Quell’approvazione, ha sbuffato l’immunologa sulla Stampa, è «difficile da sostenere»: «Non riesco a trovare il senso nel far partire una campagna di vaccinazione con un vaccino che si vuol far passare per nuovo ma che nuovo non è». Sono argomenti simili a quelli del viropiddino Andrea Crisanti, che già a luglio aveva definito i nuovi vaccini «aggiornati per modo di dire». In effetti, la prima versione di Omicron è stata soppiantata da Ba.4 e Ba.5, mentre l’Ema si è messa a monitorare la diffusione di Centaurus. Benché traspaia qualche barlume di onestà intellettuale sui limiti della tecnologia a mRna - leggere, appunto, l’intervento della Viola - lo scopo di tale freddezza nei confronti dei vaccini prossimi venturi è convincere le persone a recarsi subito negli hub. «È bene», ha insistito Gianni Rezza, direttore della Prevenzione al dicastero, «effettuare la seconda dose booster». «Senza attendere», esortava giorni fa la fondazione Gimbe, «i vaccini aggiornati, per i quali non esistono ancora prove di efficacia nel prevenire la malattia grave, sulla quale il vecchio vaccino rimane un’arma eccellente». Dal «Maràna tha», indirizzato ai farmaci di ultima generazione, geniali invenzioni da ricalibrare rapidamente a seconda delle esigenze, siamo giunti allo scetticismo alimentato dai trial zoppi. La giustificazione ufficiale è che gli immunocompromessi, i malati e i nonnini debbono proteggersi e non indugiare oltre; il sospetto ufficioso è che il marketing della quarta dose sia funzionale a liquidare le boccette inutilizzate.Non che la disponibilità a sottoporsi alle reiterate iniezioni sia garanzia di liberarsi definitivamente dalle restrizioni. Nel documento Ue, anzi, le mascherine e le limitazioni degli assembramenti vengono definite ancora «una parte cruciale della cassetta degli attrezzi in mano agli Stati membri». L’esplicito riferimento alla scuola e alla necessità di «prevenire qualsiasi interruzione» dell’attività didattica, poi, echeggia la tirata d’orecchie che, un mese e mezzo fa, la Kyriakides riservò ai Paesi Ue, in ritardo con l’installazione dei sanificatori nelle aule. Una soluzione che il governo Draghi ha snobbato con argomenti surreali: i dispositivi, avevano concluso i tecnici ministeriali, sono pericolosi, fanno rumore, consumano energia e non sono alternativi a distanziamento e Ffp2. Alla faccia delle «evidenze scientifiche», che Roberto Speranza si vanta di seguire rigorosamente. È la spada di Damocle dei divieti, sempre pendente sulle nostre teste, a rappresentare il vulnus più patente di quei vaccini da cui speravamo un miracolo. Un’estate fa, il leitmotiv era: non ti vaccini, ti ammali, muori. La realtà ha presentato il conto: ti vaccini, ti ammali lo stesso, magari ti tocca pure mettere la mascherina. E dovrai spegnere luce e riscaldamento. Buon inverno a tutti.
La sede della Banca d'Italia a Roma (Imagoeconomica)
Le 2.452 tonnellate sono detenute dalla Banca d’Italia, che però ovviamente non le possiede: le gestisce per conto del popolo. La Bce ora si oppone al fatto che ciò venga specificato nel testo della manovra. Che attende l’ultima formulazione del Mef.
La Bce entra a gamba tesa sul tema delle riserve auree detenute dalla Banca d’Italia. Non bastava la fredda nota a ridosso della presentazione dell’emendamento di Fratelli d’Italia alla manovra. Nonostante la riformulazione del testo in una chiave più «diplomatica», che avrebbe dovuto soddisfare le perplessità di Francoforte, ecco che martedì sera la Banca centrale europea ha inviato un parere al ministero dell’Economia in cui chiede in modo esplicito di chiarire la finalità dell’emendamento. Come dire: non ci fidiamo, che state tramando? Fateci sapere.
Con Gianni Tessari, presidente del Consorzio Lessini Durello, esploriamo la storia di una grande eccellenza italiana apprezzata nel mondo.
(IStock)
Gli italiani si sentono meno al sicuro: questo non dipende dal numero di forze dell’ordine nelle strade ma da quello dei malviventi lasciati liberi di delinquere. All’estero i banditi vanno in cella. Nel nostro Paese rischiano di più la galera quanti indossano la divisa.
Volete sapere perché gli italiani si sentono meno sicuri di prima? La risposta non è legata solo al numero di agenti che presidiano le strade, ma soprattutto al numero di malviventi lasciati liberi di delinquere. Altri Paesi europei hanno meno poliziotti di noi e, nonostante ciò, i furti sono in media inferiori di numero a quelli che si registrano a casa nostra. Così pure la percentuale di rapine e di violenze. Se la statistica premia chi ha forze dell’ordine meno presenti delle nostre, una ragione c’è: altrove, quando beccano un ladro, lo mettono dentro e ce lo tengono. E così pure quando arrestano uno stupratore.
(Ansa)
Ciucci (ad Stretto di Messina): «Dagli operai agli ingegneri, in un mese migliaia di richieste». A breve le risposte alla Corte dei Conti.
«Vorrei mettere per un attimo le polemiche da parte e soffermarmi su una dato che più di ogni altro evidenzia l’impatto e “il peso” del Ponte sullo Stretto per il Paese. Il 27 ottobre, quindi circa un mese fa, Eurolink-Webuild, il contraente generale, ha aperto le selezioni per assumere personale legato alla realizzazione dell’opera. In pochissime settimane sono arrivate 16.000 candidature. Parliamo di operai specializzati, assistenti di cantiere e ingegneri con esperienza e alle prime armi, ma anche di buyer, ispettori e responsabili It. Non più posti di lavoro potenziali, ma persone in carne e ossa che se la costruzione dell’opera fosse avviata starebbero già lavorando. Per questo continuiamo ad adoperarci con più forza di prima per dare risposte adeguate alle domande che ci sono state rivolte, in piena collaborazione con l’Europa, la Corte dei Conti e le authority coinvolte». Così Pietro Ciucci, amministratore delegato di Stretto di Messina Spa, la società pubblica che deve realizzare l’opera, rivela alla Verità i numeri sulla corsa al lavoro che coinvolge migliaia di giovani del Sud Italia e non solo.






