2019-05-28
Addio carcere, la Dama Nera di Anas si gode la cultura di Londra
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Antonella Accroglianò, ex capo ufficio tecnico, è ormai libera dopo l'arresto nel 2015 e il patteggiamento a 4 anni nel novembre del 2018. Aveva deciso di collaborare con i magistrati su quel sistema di tangenti su cui la procura di Roma di Giuseppe Pignatone ha indagato per anni. Nel 2015 fu una delle inchieste più dirompenti della procura di Roma, il disvelamento del sistema di potere e tangenti attorno a Anas, la stazione appaltante più importante in Italia, ente statale che gestisce miglia di chilometri di autostrade. La protagonista era Antonella Accroglianò, chiamata la Dama Nera – da qui il nome dell'inchiesta – già potente capo del coordinamento tecnico amministrativo Anas. Fu arrestata ai primi di ottobre di quell'anno, in cui governava il Partito democratico di Matteo Renzi, con l'accusa di corruzione e turbativa d'asta. Le indagini avevano portato ai primi 10 arresti nel 2015. Era emerso un giro di tangenti per l'aggiudicazione di appalti, come l'accorciamento dei tempi di pagamento da parte di Anas e lo sblocco dei contenziosi penali con le società inadempienti. La questione fu anche politica, perché fu il colpo di grazia al vecchio sistema di Pietro Ciucci che si era dimesso pochi mesi prima e con l'arrivo del nuovo corso di Gianni Armani. A distanza di 4 anni la Dama Nera ricompare su Instagram, il celebre social network, mentre alla Tate Modern Gallery di Londra osserva una bella fotografia con la sua borsa di Chanel oppure mentre si spara un selfie. Del resto il processo si è chiuso alla fine del 2018. Accroglianò, che aveva deciso di collaborare con gli inquirenti, ha già passato diversi anni in carcere e ai domiciliari. Il giudice ha chiuso la vicenda a novembre dello scorso anno, con pene per tutti gli imputati. Per la Dama Nera c'è stata anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e quattro anni e quattro mesi di carcere. A presentare richiesta di patteggiamento fu il legale Giancarlo Pittelli. Il giudice decise nei confronti dell'imputata anche una confisca di beni del valore di 470.000 euro. Durante l'inchiesta del 2015, era stato scoperto come fossero stati falsati diversi appalti pubblici, tra cui il raccordo autostradale Sicignano-Potenza, alla strada statale 117 Centrale Sicula, quest'ultima cofinanziata dalla Regione Siciliana, entrambi aggiudicati nel 2014, alla strada statale 96 Barese e alla SS 268 del Vesuvio, arterie stradali aggiudicate nel 2012. Il gruppo, sei imputati, tra cui gli ex dirigenti Anas Antonino Ferrante (3 anni e 3 mesi), Giovanni Parlato (3 anni e 4 mesi) e Oreste De Grossi (3 anni e 4 mesi). sarebbe riuscito a turbare anche la gara per la realizzazione della nuova sede Anas di Campobasso, opera aggiudicata nel 2011. Gli inquirenti sottolineavano come la corruzione «non si limitasse agli imprenditori e dirigenti Anas arrestati, bensì potesse considerarsi sistemica». In particolare gli episodi di corruzione erano finalizzati, secondo le accuse, a favorire l'aggiudicazione di gare d'appalto a determinate imprese e a velocizzare l'erogazione dei pagamenti, a sbloccare contenziosi e consentire la disapplicazione delle penali, assicurando indebiti indennizzi in relazione a procedure di esproprio. «Non c'è un imprenditore che non abbia pagato per avere l'aggiudicazione di una gara», mise a verbale proprio la Accroglianò dopo l'arresto.