2024-12-12
La crisi accelera, 40.000 a spasso nel 2025
All’assemblea Anfia i dati da incubo dell’indotto dell’auto: gli esuberi attesi al 2030 saranno realtà già il prossimo anno. Il presidente Roberto Vavassori: «In Italia -350.000 immatricolazioni rispetto al 2019». A Bruxelles il Ppe presenta la ricetta: «Emissioni CO2, stop multe».«Se Volkswagen decidesse di ridurre la propria forza lavoro di 15.000 unità, saranno almeno 45.000 i dipendenti che perderanno il lavoro nelle aziende fornitrici, anche quelle italiane». È l’avvertimento lanciato da Roberto Vavassori, presidente dell’Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia) durante l’assemblea pubblica 2024 che ieri ha fatto il punto sulla crisi dell’automotive a livello europeo e italiano.«La produzione europea che fu di 18 milioni di veicoli nel 2019 non verrà mai recuperata e la sovracapacità produttiva, ormai strutturale, è un tema dirimente per i costruttori europei che, per cercare di mantenere competitività nei confronti dell’arrembante avanzata cinese, stanno facendo susseguire annunci di possibili chiusure di stabilimenti», ha spiegato Vavassori.«In Italia, per il secondo anno consecutivo, ci dovremmo fermare sotto 1,78 milioni di veicoli immatricolati, 350.000 in meno rispetto al 2019», ha sottolineato Vavassori. «A livello mondiale, stiamo vivendo anni di lenta inerzia, con un contenuto sviluppo solamente in Asia, con un tasso globale di crescita stimato per i prossimi cinque anni del 2% annuo, quasi tutto grazie alla Cina, che già nel 2023 ha superato i 30 milioni di veicoli immatricolati, dei quali oltre 9 milioni di veicoli ricaricabili. Mentre gli Stati Uniti perdono circa un milione di veicoli venduti rispetto al 2019, l’Europa si ferma a circa 15 milioni, con un gap di 3 milioni di veicoli rispetto al 2019, il 19% in meno». Secondo l’Anfia «bisogna urgentemente prevedere degli ammortizzatori straordinari per i prossimi tre anni, perché molte aziende rischiano di non aver alternative ai licenziamenti». Per quanto riguarda, invece, le risorse del fondo automotive per il 2025, l’associazione ha proposto al Mimit di utilizzarle per l’adozione di tre misure: «Credito d’imposta diretto per attività di ricerca e sviluppo; riduzione dei costi delle bollette energetiche degli stabilimenti produttivi della filiera; proroga dell’Ecobonus per i veicoli commerciali». All’assemblea di ieri di Anfia è intervenuto anche Dario Duse di AlixPartners, che ha presentato un’analisi sulle aziende del settore. A causa del peggioramento del quadro dell’automotive, «i 35-40.000 esuberi attesi al 2030 nell’indotto, sono ora previsti già nel 2025, con cinque anni di anticipo, mentre al 2030 l’impatto stimato è più alto intorno ai 45/50.000 esuberi». In peggioramento anche le stime sul fatturato dell’indotto: nel 2025 è atteso in calo del -20%, a 48 miliardi, mentre al 2030 è attesa una ulteriore flessione a 41 miliardi. Le ragioni sono legate alla transizione, con la crescita dei componenti bev (+36% dal +63% stimato in precedenza) che non compensa il calo di quelli per motori termici (-51%) e dei componenti comuni (-13%).Ai numeri e agli appelli lanciati dall’Anfia, si sono aggiunte ieri le parole del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che, intervistato dall’Ansa, ha auspicato un «cambio di senso di marcia» con la nuova Commissione europea. «Mi riferisco alle politiche ambientali che stanno dimostrando tutta la loro inadeguatezza, con un impatto devastante sul settore automotive. L’ultimo dato è di un -40% di vendite quindi, per non penalizzare ulteriormente un comparto già in grave crisi, bisogna cancellare subito le sanzioni che rischiano le case automobilistiche europee in caso di mancato raggiungimento dei target sulle emissioni», ha detto.Nel frattempo, a Bruxelles qualcosa si muove. Il Partito popolare europeo ha approvato il «piano per salvare l’industria dell’automotive» per chiedere di rivedere il sistema delle multe previste dal 2025 per le case automobilistiche che non centrano i target intermedi di tagli delle emissioni. Nel documento di sei pagine, il gruppo ribadisce l’impegno per la neutralità climatica da raggiungere al 2050 chiedendo, però, di «anticipare» al 2025 (dal 2026) la clausola di revisione del regolamento sulle emissioni CO2 delle auto che dal 2035 imporrà un divieto di immatricolare nuovi veicoli con motori a combustione interna, diesel e benzina, e includere i biocarburanti nella transizione. La «revisione urgente» richiesta dal gruppo è necessaria per «riflettere il principio di neutralità tecnologica», ovvero riconoscere il ruolo di tutte «le tecnologie nel raggiungimento della riduzione di CO2», compresi «carburanti alternativi, e-fuel e biocarburanti». Il Ppe, poi, si scaglia contro le multe che scatteranno dal prossimo anno per chi non si adegua ai target più stringenti per le nuove immatricolazioni chiedendo «un’analisi della situazione attuale» per decidere quali misure sono necessarie per mantenere la competitività dei produttori. La proposta è quella di reinvestire le entrate «nel settore automobilistico europeo per scopi specifici», come la realizzazione di infrastrutture, programmi di incentivi, digitalizzazione invece che nel bilancio generale della Ue.E Stellantis? Il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, ha chiesto ai ministri dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e del Lavoro, Marina Calderone, di partecipare al tavolo del 17 con l’azienda. «Chiederemo a Stellantis che nessuno stabilimento in Italia sia chiuso e che non licenzi. Chiederemo anche un rapporto diverso con la filiera della componentistica», ha detto ieri. Secondo Urso, serve un processo che accompagni le aziende «a diversificarsi, per esempio realizzandosi come imprese dell’aerospazio o nell’industria della difesa o nella nautica e nella cantieristica. In altri casi, i siti devono essere completamente riconvertiti verso altri settori».