
Il feuilleton del calcio si arricchisce del documento presentato dal legale dell'attaccante. C'è l'elenco dei presunti sgarbi: dagli allenamenti a parte con la Primavera allo scippo della fascia di capitano fino alla cancellazione dal gruppo Whatsapp dell'Inter.Si tratta di 1.501.500 euro di danni chiesti all'Inter (il 20% del suo stipendio lordo di 7.507.500 euro) e il reintegro a pieno titolo in squadra, in ossequio ai due anni di contratto ancora in essere, con annesso diritto a partecipare alle sedute tecnico tattiche da cui è stato fino a oggi escluso. Queste sono le richieste avanzate da Mauro Icardi nel ricorso intentato all'arbitrato sportivo contro il club nerazzurro. L'Inter, come prevedibile, non cambia la sua posizione e annuncia una controffensiva volta a replicare colpo su colpo al suo tesserato. La vicenda ormai è a tutti gli effetti il feuilleton dell'estate, un polpettone irresistibile per palati non solo calciofili. Suonano lontane le parole dell'allenatore Antonio Conte in conferenza stampa: «Dobbiamo concentrarci sui protagonisti di questa stagione, su Icardi posso dire che abbiamo agito con correttezza», puntellate da quelle dell'amministratore delegato nerazzurro, Giuseppe Marotta: «Su Icardi non possiamo raccontare tutto, ma siamo fiduciosi sulla sua cessione», alludendo ai contatti della società con il Monaco, all'opzione Psg e, sussurrano alcuni, Juventus. Marotta voleva verosimilmente significare: caso più o meno chiuso. Invece no. Caso apertissimo. Perché Icardi e la consorte Wanda Nara non intendono lasciare Milano e l'Inter. Annunciano la compromissione irreversibile delle consuetudini regolatrici dei rapporti tra il calciatore e il club di appartenenza, snocciolando tramite i loro legali 41 punti, suffragati da documentazioni e testimonianze di parte. Le definiscono «prove» di una presunta discriminazione subita dall'ex numero 9, considerato fuori dal progetto sportivo della squadra. Se non fosse questa una vicenda profana, senza alcun ingrediente sacro, i 41 punti apparirebbero esibiti con la stessa solennità con cui Martin Lutero espose le 95 tesi di Wittenberg, scatenando uno dei più clamorosi divorzi della Storia.Si comincia col casus belli che diede inizio alla contesa: il documento recita che, nella scorsa stagione, a Icardi sarebbe stata tolta la fascia di capitano «senza alcuna spiegazione». Inoltre la società lo avrebbe messo ai margini delle iniziative promozionali e di marketing, comprese le apparizioni pubbliche con gli sponsor e i servizi fotografici. Poi si approda alla stagione in corso. Icardi sarebbe stato escluso dalla chat di squadra di Whatsapp, quella in cui vengono comunicati orari e modalità di allenamento, segno evidente, si legge nelle carte, «del tentativo di discriminarlo dal resto dei compagni». Non si lesina su particolari circostanziati. Vengono descritti diversi episodi, avvenuti nella seconda metà di agosto, in cui al giocatore sarebbe stata preclusa la partecipazione alle riunioni tecnico-tattiche e alle partitelle successive. Nel dettaglio, mentre la squadra svolgeva gli allenamenti specifici di consolidamento tattico con e senza pallone, Icardi veniva relegato a «giochi» con la palla in compagnia di Joao Mario, altro esubero della società di Suning. Joao Mario, da poco finito in prestito al Lokomotiv Mosca, viene citato per ben tre volte come compagno con cui condividere l'onta dell'emarginazione, quasi a trasformarlo involontariamente in una sorta di sventurato Lucignolo, alunno perennemente collocato dietro alla lavagna, fatto di pasta ben diversa rispetto al nerbo del pugnace argentino. Mauro Icardi si appella all'articolo 7.1. dell'Accordo collettivo dei calciatori. Cita il portiere Christian Puggioni del Chievo e il difensore Michelangelo Albertazzi del Verona come casi analoghi al suo, culminati con il pieno reintegro nella società. Ma l'Inter non intende arretrare di un millimetro dalle sue posizioni. Del resto, le parti tattiche dell'allenamento sono condotte a discrezione dell'allenatore e un'estromissione di un calciatore dal progetto sportivo, fanno sapere dalla dirigenza nerazzurra, rientra nelle legittime scelte di un club.Il calciomercato chiude tra poco meno di due giorni. L'arbitrato potrebbe impiegare tre mesi per dirimere la vicenda. Colpi di scena pirotecnici e ulteriori, c'è da crederci, potrebbero ancora saltare fuori. Soprattutto considerando la partecipazione di Wanda Nara, moglie e procuratrice di Mauro Icardi, a trasmissioni televisive sportive. Secondo la maggioranza dei cronisti, furono proprio alcune sue dichiarazioni pubbliche, mal digerite dai compagni di squadra dell'argentino, a scatenare un effetto domino arduo ad arrestarsi. Tra queste: «Ivan Perisic (ex giocatore dell'Inter, ndr) forse ha problemi personali, non è la prima volta che si dice che giochi male». E ancora: «Se mi date da scegliere tra il rinnovo di contratto e l'arrivo di un compagno capace di mettere per Mauro cinque palloni buoni a partita, preferisco che Mauro abbia un aiuto in più». Non scordando: «Mauro, se volesse, potrebbe cacciare o far arrivare persone in squadra soltanto alzando un dito». Ma erano altri tempi. Oggi, la questione se restare o andarsene, riguarda proprio lui.
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Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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