
Il neuroscienziato Giovanni Serpelloni: «La diffusione di questa sostanza diminuisce la percezione del rischio. Andrebbe vietata perché così si normalizza la cultura dello sballo».Se fai notare a Giovanni Serpelloni che il mondo da lui sognato, senza fumo, senza alcol, senza droga, è pura utopia, lui sorride e dice: «Beh, lei non vorrebbe un mondo senza guerre? Anche quella ora ci sembra un'utopia. Io voglio solo un mondo più sano e con minore sofferenza». Serpelloni è un neuroscienziato, professore al Dp institute dell'Università della Florida, e da decenni si occupa del tema delle dipendenze. Di recente ha presentato alla comunità di San Patrignano una ricerca sulla cannabis light che ha suscitato polemiche.Me la spiega, questa ricerca?«Il punto di partenza è semplice. Tempo fa il Consiglio superiore di sanità, richiesto di un parere, diceva che non si può escludere con la diffusione della cannabis legale la pericolosità per la popolazione. E si pregava di intervenire per limitarne la vendita».Lei è d'accordo con questo divieto?«Certamente. Intanto perché contiene un inganno nei confronti del consumatore».Vale a dire?«La concentrazione di Thc, cioè il principio attivo dopante, è dichiarato appena sotto lo 0,5%, come impone la legge. Ma analizzando la sostanza venduta, noi lo abbiamo trovato allo 0,08% in un caso, allo 0,095% in un altro caso. Il massimo di principio attivo trovato è stato 0,192%».Beh, significa che l'effetto psicotropo è quasi nullo. Meglio, no?«In realtà la diffusione di questa sostanza e dei negozi diminuisce la percezione del rischio. Sa quanti ragazzini dicono “andiamo a farci una canna, tanto è legale"? Questo è il danno maggiore».Torniamo all'esperimento che avete presentato a San Patrignano.«Ci siamo chiesti perché molti dei negozi che vendono la cannabis legale vendono anche un estrattore e le cartine per fumarla. Si tratta di un tubo di ferro, con un tappo su una estremità sul quale si pratica un forellino di tre millimetri».A cosa serve?«Con la cannabis, un estrattore che si costruisce a casa in pochi minuti e una bomboletta di gas butano, che costa un euro e venti ed è reperibile in qualsiasi ferramenta, si può estrarre una resina giallastra, viene chiamata honey, miele. Questa resina, se estratta dalla cannabis illegale, può arrivare a concentrazioni di Thc fino al 95%». Se invece si usa la cannabis legale?«In collaborazione con tre diversi istituti di medicina legale abbiamo comprato dei campioni a Ferrara, Verona e Parma. Abbiamo utilizzato prodotti diversi, abbiamo provato con 5 grammi di sostanza, con 10 grammi, con 16 e con 17 grammi. Abbiamo utilizzato tre bombolette di butano e un estrattore. Con 60-70 euro di spesa, legale, abbiamo prodotto una resina in media sempre superiore allo 0,6% di Thc, quindi illegale. Con una singola estrazione abbiamo ricavato circa 14,7 milligrammi di principio attivo. Sa quanto è la dose minima per avere effetti psicoattivi?».Mi dica.«Dai 5 ai 7, se la droga è mangiata. Se fumata bastano anche meno milligrammi».Insomma avete dimostrato che si può partire dalla cannabis legale e con semplici strumenti ricavare una droga illegale. Ma perché un consumatore dovrebbe fare questa fatica anziché andare da uno spacciatore?«La risposta mi pare semplice, e abbiamo anche trovato riscontri con alcune interviste fatte tra i compratori di cannabis legale. Questo metodo evita conseguenze penali, denunce, il rischio di foto segnalazioni se si va a comprare droga per strada. Poi a noi interessava dimostrare che si può fare, non i motivi per cui uno lo farebbe. Ma il problema della salute pubblica legato alla diffusione della cannabis legale è un altro, a mio avviso».Quale?«Sono sorti in poco tempo 6-700 negozi, a Verona ce n'è uno a duecento metri da una scuola. Fanno una pubblicità aggressiva. Vendono prodotti chiamati skunk, la cannabis olandese che ha il 30% di Thc. Ovviamente dentro quella confezione non c'è la vera skunk, ma tutto ciò produce una normalizzazione dell'uso della cannabis e della cultura dello sballo».Lei la vorrebbe vietare?«Non c'è dubbio. Come, da un punto di vista sanitario, ritengo corretto vietare la vendita di fumo e alcol. L'ideale è che le persone comprendessero volontariamente che è meglio non usare queste sostanze, ma lo Stato deve parlare chiaro e vietarle». Un mondo infernale per alcuni.«Un mondo più sano. Il vero inferno lo vedo negli occhi dei miei pazienti e dei loro familiari, tutti i giorni. Tra cento anni rideranno delle nostre generazioni dicendo “ma pensa un po', quelli si drogavano, bevevano, fumavano"».Perché, tra cento anni non sarà così? «Prima o poi si capirà che tutte queste sostanze fanno male e si tornerà a una vita più in armonia con la natura».A proposito di natura, la cannabis è un prodotto naturale.«Anche l'amanita falloide lo è, ma le sconsiglio di mangiarla».Ma avere qualche vizio la disturba così tanto?«Non mi disturbano i vizi, come li chiama lei, mi preoccupano i comportamenti che possono danneggiare la salute. La gratificazione e le forti emozioni si possono provare anche senza droghe con comportamenti fisiologici come anche il sesso». Ma perché vietare anche il vino?«Come ha chiaramente detto l'Organizzazione mondiale della sanità l'alcol, in qualsiasi quantità venga assunto, è cancerogeno. Anzi se proprio vogliamo vedere, le sostanze psicoattive che fanno più morti sono proprio quelle legali, alcol e fumo. Dovremmo iniziare a chiederci: “Ma noi quanta gente vogliamo lasciare sul terreno"».Mi sembra però un atteggiamento da Stato etico.«Per carità, io non voglio limitare il libero arbitrio. Ma d'altronde la mamma di tutti, stupidi e intelligenti, a un bambino piccolo consente o proibisce di mangiare un qualcosa di dannoso?»Lo Stato non è una mamma.«Infatti. La libertà sopra a tutto, però le persone devono quantomeno essere bene informate e rese consapevoli. Poi io, che sono un neuroscienziato, non li chiamo vizi ma vulnerabilità. Non do una connotazione morale all'uso di droghe o alcol. Le dirò di più, sono vulnerabilità determinate geneticamente oltre che da fattori sociali. Ci sono persone che, se provano la droga, sviluppano un bisogno e una dipendenza neuropsichica dalla sostanza. Non tutti quelli che provano droghe diventano tossicodipendenti. Diciamo che il 20% di chi prova la cannabis ha una reazione neuropsichica esagerata. Queste sono persone più vulnerabili, che rischiano di diventare tossicodipendenti. Lo abbiamo riscontrato sperimentalmente anche sui topi».Cioè?«È stato accertato questo: ad alcuni topi, da piccoli, è stata somministrata una piccola dose di cannabis mentre ad altri topi no. Da adulti, se metti a contatto questi topi con cocaina e eroina, quelli che da giovani avevano provato la cannabis hanno dalle 40 alle 80 volte in più la probabilità di provare queste droghe».Cosa risponde a chi dice «mi faccio una canna ogni tanto e sto benissimo»?«Le rispondo con uno studio neozelandese durato trent'anni. Hanno preso due gruppi di ragazzi sotto i 18 anni: un gruppo si faceva le canne, l'altro no. Li hanno seguiti e testati dopo trent'anni. Quelli che da giovani non fumavano erba avevano un quoziente intellettivo mediamente di otto punti superiore a quello degli altri».In Canada hanno appena legalizzato la cannabis, come in alcuni Stati Usa. Sono matti?«Non userei quella parola. Diciamo che hanno dato più importanza al business che non alla tutela della salute pubblica. Con risultati pessimi, che già avevo previsto nel 2011 in una ricerca».Cosa scriveva?«Sa che conseguenza ha avuto la legalizzazione in alcuni stati americani? Le cito dati governativi, ufficiali: un aumento del consumo nelle fasce giovanili, un aumento degli incidenti stradali, un aumento delle intossicazioni acute con ricoveri, un aumento delle psicosi, la diminuzione della percezione del rischio, le narcomafie hanno vinto la concorrenza statale aumentando la percentuale di principio attivo nei prodotti e diminuendo i prezzi. In più hanno riversato sul mercato americano eroina e oppiacei a bassissimo prezzo. Nel 2017 si contano 75.000 morti per droga. In Colorado, uno degli Stati che ha legalizzato, il fatturato della cannabis legale nel 2017 è quattro volte quello di McDonald's».Mi sembra che lei delinei un mondo disastroso.«Sono solo dati scientifici ma guardi che in realtà più del 70% dei giovani non fa uso di alcuna droga».Meno male. Solo che ho sentito di una nuova emergenza, l'eroina gialla. Di che si tratta?«Partiamo dai numeri: venti morti in un anno e mezzo, nel nord-est. Nessuno sa ancora precisamente cosa c'è dentro questa eroina (e questa è una grave mancanza di chi gestisce il Sistema di allerta nazionale) che ha un principio attivo del 50%, con picchi fino al 70%. Normalmente erano del 10%». Chi la diffonde?«Dicono la mafia nigeriana, ma probabilmente con l'accordo di quella italiana. Gli spacciatori forse non hanno grandi capacità tecniche nel taglio delle sostanze. Aggiungono il metorfano, probabilmente anche levo-metorfano che è cento volte più potente della morfina. Infine ci potrebbero essere dentro anche dei fentanili, eroine sintetiche in pratica. Spesso basta una dose, alcuni ragazzi muoiono con la siringa nel braccio, senza riuscire neanche a iniettarsela tutta».
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






