
Appello al governo dell’Unione consumatori. Usa, carovita a livelli record da 40 anni.Mai così alta da 40 anni l’inflazione negli Stati Uniti: a gennaio i prezzi al consumo sono saliti al +7,5% sull’anno dal +7% di dicembre, ai massimi dal 1982. Si tratta di un dato superiore alle attese degli analisti, che stimavano una crescita del 7,3%; su base mensile l’inflazione è ferma al +0,6% come a dicembre, contro un’attesa del +0,5%. Anche Oltreoceano il dato riflette la corsa dei prezzi di cibo, elettricità e alloggi. In Germania, invece, l’inflazione a gennaio è salita del +4,9%, contro il +5,3% di dicembre: il tasso, ha spiegato il presidente dell’istituto nazionale di statistica Destatis, «si è leggermente indebolito a gennaio dopo aver raggiunto il livello più alto in quasi 30 anni a dicembre. Tuttavia, rimane a un livello elevato».Sul tema è intervenuta anche Christine Lagarde, presidente della Bce, che continua a parlare di un possibile rallentamento dell’inflazione nei prossimi mesi nonostante abbia dovuto ammettere il balzo in corso. «I prezzi elevati dell’energia non sono un fenomeno temporaneo; saranno con noi per un po’ di tempo a venire. Ma il livello dei prezzi è già molto alto», ha spiegato il numero uno dell’Eurotower in un’intervista, «Il prezzo del petrolio è passato da meno di 20 euro nell’aprile 2020 a 90 euro al barile ed è altamente improbabile che continui a salire a quel ritmo. Quindi, anche solo per questo motivo, l’inflazione rallenterà». Tuttavia, il livello generale dei prezzi «rimarrà relativamente alto nei prossimi mesi. Dobbiamo analizzare attentamente in che modo gli alti prezzi dell’energia stanno influenzando altri prezzi. L’energia costosa fa salire il costo dei fertilizzanti, i fertilizzanti costosi fanno salire il prezzo del cibo e così via», ha spiegato il presidente della Bce aggiungendo: «Agiremo se necessario, ma tutte le nostre mosse dovranno essere graduali. Se adesso agissimo in modo precipitoso, la ripresa economica potrebbe risentirne e potremmo mettere a rischio posti di lavoro». Sulla stessa linea il presidente del Consiglio Mario Draghi, che nella conferenza stampa in cui ha annunciato il nuovo decreto per affrontare i rincari di elettricità e il gas ha commentato: «Sull’inflazione la Bce e la Banca d’Italia sono le istituzioni più accreditate per fare previsioni. E le previsioni danno un’inflazione alta e crescente ancora per un po’, che poi inizia a calare nel corso di quest’anno. Questo spiega la cautela con la quale la Bce si è mossa». Per Draghi «l’inflazione non va sottovalutata perché riduce il potere d’acquisto delle famiglie»: l’aumento dei prezzi, insieme al caro energia, per il premier fa parte dei rischi che minacciano la crescita. Su questo fronte non va sottovalutato il caro carburanti, con la benzina che è arrivata a superare i 2 euro al litro. «Bene che il governo sia consapevole di questi rischi, ma allora devono seguire subito i fatti. Il rincaro della benzina, salita del 5,8% in meno di un mese e mezzo, non è nemmeno nell’agenda del governo, mentre sarebbe fondamentale ridurre le accise di almeno 20 centesimi per calmierare l’inflazione», ha fatto notare Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori. «Il caro carburanti, infatti, oltre agli effetti diretti sulle tasche degli automobilisti e dei camionisti, con il gasolio salito del 6,6% solo nel corso del 2022, produce effetti indiretti sul rialzo dei prezzi di tutti i beni trasportati su gomma. Anche per questo stanno esplodendo i prezzi dei prodotti alimentari, che passano dal +2,8% tendenziale di dicembre al +4% di gennaio».
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




