
I manager della banca hanno incaricato Boston consulting soltanto il 15 dicembre.Su banca Carige continua il ping pong della politica. Sì alla nazionalizzazione, no all'intervento dello Stato. Si a quest'ultimo, ma solo come extrema ratio. E tutte queste posizioni antitetiche sono frutto delle diverse visioni dentro il governo. L'opposizione del Pd sembra faticare a intervenire in maniera comprensibile.Il polverone rende ancora più difficile capire che cosa possa accadere adesso, e che cosa vogliano le parti in causa. Governo, azionisti dell'istituto genovese, fondazioni bancarie, Intesa, Unicredit, Sga, Credito fondiario e magari pure chi sta alla finestra dall'estero, tipo Credit Agricole: ciascuno in questo momento può giocare una partita differente. Resterà da capire, ad esempio, se Intesa o Unicredit vogliano prendersi Carige a un euro come è accaduto con le due Venete. Con la differenza che Carige è in gran parte risanata e ha una dote di Npl, non performing loans, estremamente appetibile. La stessa dote che sicuramente piace alla Sga e al Credito fondiario che - è bene ricordarlo - approfittò con l'ok di Bankitalia dei crediti inesigibili di banca Etruria portandoli a casa a una percentuale del prezzo di molto inferiore al 20%, rompendo gli equilibri del mercato italiano delle sofferenze. Resta da capire quali saranno le prossime mosse dei due commissari, Fabio Innocenzi e Pietro Modiano, nominati dalla Bce in data 2 gennaio e fino al giorno prima rispettivamente ad e presidente dell'istituto. Stanno lavorando all'emissione di un nuovo bond. Ci vorrà però un po' di tempo perché, stando a quanto risulta alla Verità, la bozza del piano industriale (necessaria ad avviare l'iter di garanzia previsto dal decreto) non sarà pronta a breve. È Infatti stata commissionata a Boston consulting solo a metà dicembre, una settimana prima dell'assemblea durante la quale i Malacalza, azionisti principali della banca, si sono sfilati dall'aumento di capitale. Al quale sarebbero a quel punto stati chiamati a partecipare totalmente alla cieca: senza una previsione di ritorno o di rilancio. Perché avviare l'incarico a Boston consulting così tardi? Quasi tre mesi dopo dall'insediamento ai vertici dell'istituto genovese e quando ai piani alti della banca poteva già essere pervenuta la voce del niet dei Malacalza? D'altronde, se la strategia era semplicemente quella di fondere l'istituto con Mps e poi liberarsi di una buona fetta delle sofferenze, non serviva alcun piano industriale. Sebbene dello stesso si parlasse in modo vago sui giornali economici già da ottobre. D'altronde va ancora risolto il mistero della bozza del decreto preparata già a novembre in concomitanza con l'emissione del bond sottoscritto dal Fondo interbancario e scongelata il 7 gennaio dopo il commissariamento da parte della Bce. Andrà anche spiegata la coincidenza che ha portato a dicembre scorso la banca a rimborsare 135 milioni in obbligazioni subordinate in mano a piccoli risparmiatori prima della scadenza naturale. L'operazione ha evitato che l'eventuale burden sharing cancellasse i risparmi dei piccoli, com'era accaduto per le Venete e per Mps. Oggi l'unico bond junior è infatti in mano al Fondo interbancario, e lascerà libero il governo e i commissari di andare avanti (se fosse necessario) con la ricapitalizzazione precauzionale senza vittime collaterali. Sottoscrivere un aumento di capitale da parte della famiglia Malacalza se già si lavorava ad attuare il decreto sarebbe stato un po' come buttare soldi. Se così fosse comprensibile la bomba lanciata durante l'assemblea del 22 dicembre che ha poi portato gli attori sia a Francoforte sia a palazzo Chigi. Se Boston consulting accelera fra una settimana potrebbe essere pronto il piano industriale e capiremo se la nuova emissione di bond sarà la boccata di ossigeno per il rilancio o la mascherina d'ospedale verso la ricapitalizzazione di Stato.
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






