2020-11-06
L’«onda blu» di Biden travolge solo gli intellò
Tanti commentatori e giornalisti italiani incapaci di riconoscere il recupero del presidente azzoppato dall'opaco voto postale Lo storico Galli della Loggia: «Anarcoide e amante delle armi chi sta con Trump». Saviano: «Negli Usa immensa ignoranza» A raccontare la compostezza italica verso le contrastate elezioni americane dopo mesi di tifo sfegatato per lo zio Joe, come lo chiama con affetto non celato Gianni Riotta sulla Stampa, basterebbe verificare che non c'è sito di giornale o tv italiana che non abbia deciso di elevare già in anticipo il candidato democratico Biden a 264 voti elettorali, assegnando l'assegnabile, anche gli Stati che ancora non hanno terminato lo spoglio. A raccontare l'obiettività italica basterebbe che nei dibattiti televisivi con rare eccezioni non un giornalista e non un politico hanno preso sul serio la realtà opaca di quel voto, che getta ombre pesanti sul sistema americano, che si salverà soltanto se chi dei due contendenti non la spunterà, lo accetterà serenamente insieme al suo partito, e solamente se non si farà mai più come si è fatto questa volta. Ovvero che il voto per posta massiccio e precoce, cioè prima della campagna elettorale vera o di quella che è stato possibile svolgere in anno di Covid, non tutela libertà e segretezza, non certifica chi abbia realmente compilato e imbucato la scheda; favorisce il voto di scambio, si presta all'imbroglio, alla sostituzione, al voto multiplo, al voto di persone morte da tempo. Abbiamo tentato di ripetere in questi giorni che cosa accadrebbe se in Italia qualcuno tentasse di introdurre un voto postale non già nelle ambasciate e nei consolati per residenti all'estero, né in modo limitato per luoghi difficili da raggiungere per avverse condizioni meteorologiche, e nemmeno per persone ammalate, costrette in casa o in case di cura, ma proprio per tutti, e senza documenti. Per tutta risposta quel genere di politici o di giornalisti che di solito chiama l'antimafia anche per un appalto di 10 euro, ci ha guardato con sufficienza, argomentando che intendevamo mettere le mani avanti per giustificare la sconfitta di Trump. Evito di citare i sopracciò di quel giornalista che il New York Times definì «famoso in Italia per essere americano». Le mani avanti qui le ha messe qualcun altro, anzi una vera folla di progressisti politically correct sempre con la matita blu e rossa in mano abituati a raccontare impunemente una realtà che puntualmente non si verifica, e a stupirsi perché le cose non sono andate come loro le avevano descritte, Anzi a incazzarsi.È la famosa pratica del mettere le mutande al mondo, pratica nella quale vorrei oggi far salire sul podio Ernesto Galli della Loggia e Roberto Saviano. Sentite cosa scrive Galli della Loggia sul Corriere della sera: «L'America profonda e radicata nei suoi antichi pregiudizi, impermeabile a qualunque cosa si muova e si pensi fuori di lei convinta che la libertà significa poter fare ciò che si vuole. È questa America con questa sua ideologia somigliante una sorta di individualismo anarcoide che vota Trump a dispetto di tutto e anche a costo di mettersi sotto i piedi alcune elementari regole di democrazia». Capito? Non è che in questi anni il presidente Trump abbia dato lavoro e dignità a molte categorie, sulle quali si facevano solo chiacchiere all'epoca di Obama, come gli ispanici e i neri, e infatti ne ha preso una bella fetta di voti. Non è che anche durante la supposta gestione disastrosa del virus gli ha dato soldi a fondo perduto, tanto che non sono disperati come gli italiani. Nemmeno che le riforme fatte precedentemente favoriscono ora una rapida ripresa di Pil e occupazione mentre noi qui in Europa marciamo spediti verso il baratro economico. Non è che è stato un errore clamoroso del Partito democratico diventare integralista sulle questioni economiche e identitarie. No, «la sconfessione non c'è stata nonostante tutti gli errori le volgarità e le bugie di cui egli ha costellato la sua presidenza» perché «È l'eredità - sembrerebbe incancellabile - della storia di un Paese che si è fatto grazie all'iniziativa spregiudicata dei singoli in una misura altrove sconosciuta e che spesso ha visto il destino della comunità affidato unicamente alla potenza di fuoco delle sue armi».Che è anche la teoria dell'immancabile Roberto Saviano. Ci spiega che «gli Stati Uniti sono un mondo di sterminata immensa ignoranza, dove Kim Kardashian crea dibattito mentre gli intellettuali non contano più niente». E siccome la Kardashian deve essere diventata un'ossessione, insiste che «Kim Kardashian può determinare il clima individuale di milioni di persone mentre gli intellettuali sono al margine del dibattito, codardi perché prendere posizione vuol dire essere attaccati sui social e guadagnare meno».Il tutto corredato da una frase indimenticabile scritta nella pietra: «Gli Stati Uniti non sono New York, San Francisco o le infinite praterie». Ma va. Non fosse una cosa seria; anzi il morbo che affligge il mondo occidentale a colpi di cancel culture, di statue buttate a terra, di storia calpestata, sarebbe da affidarsi alla mitica frase di Carlo Verdone «aho; cambia spacciatore».Un po' come è accaduto nella serata elettorale di Rai 3 quando Anna Guaita, giornalista del Messaggero, se l'è presa col sistema degli Stati Uniti, segnalando che ancora una volta che bisogna che un sistema vada come dicono loro perché vada bene, ed è sbottata con un«Trump potrebbe vincere avendo 7 milioni di voti in meno di Biden. Non mi venite a dire che questa è una democrazia perfetta, per favore. Questa è una democrazia ideata nel '700 da un gruppo di ricchi proprietari terrieri, proprietari di schiavi, che volevano mantenere la calma».Tranquilla Guaita, quasi sicuramente vince uno con tonnellate di voti fasulli, È questa la democrazia avanzata. Altroché padre fondatori.