True
2023-01-22
Kiev reclama i tank e attacca Berlino: «L’indecisione uccide»
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Dopo il sostanziale stallo al vertice di Ramstein sulla questione dei carri armati tedeschi, si sono registrate alcune significative tensioni tra Kiev e Berlino.
«L’indecisione odierna sta uccidendo sempre più persone. Ogni giorno di ritardo è la morte degli ucraini. Pensate più velocemente», ha twittato ieri il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak: un’evidente stoccata alla Germania, che ha mostrato titubanza sull’invio di tank Leopard 2 a sostegno di Kiev. È d’altronde in questo quadro che, sempre ieri, il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov ha reso noto di aver avuto una «discussione franca» con l’omologo tedesco, Boris Pistorius. «Abbiamo avuto una discussione franca sui Leopard 2. Da continuare», ha dichiarato. Non a caso, pressioni su Berlino sono arrivate anche dalle repubbliche baltiche. «Noi ministri degli Esteri di Lettonia, Estonia e Lituania chiediamo alla Germania di fornire ora carri armati Leopard all’Ucraina. Ciò è necessario per fermare l’aggressione russa, aiutare l’Ucraina e ripristinare rapidamente la pace in Europa», ha twittato il ministro degli Esteri lettone, Edgars Rinkevics, per poi aggiungere: «La Germania, in quanto prima potenza europea, ha una responsabilità speciale in questo senso». Sulle stesse posizioni si è collocato il presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. «È importante che gli alleati si coordino e procedano uniti. Sono stati presi altri impegni importanti e resto ottimista anche per quanto riguarda i carri armati, poiché questo è ciò che è necessario: sarà il logico passo successivo», ha dichiarato. In tal senso, la Metsola si è detta favorevole a un rapido invio dei Leopard 2 all’Ucraina.
«[I Leopard, ndr] sono stati indicati perché sono numerosi, perché relativamente facili da mantenere, perché molti Paesi europei li hanno e semplicemente perché l’Ucraina ne ha bisogno», ha affermato, per poi aggiungere: «Accolgo con favore la prontezza e gli impegni di Ramstein. Tuttavia, ciò di cui abbiamo urgente bisogno è leadership, accordo e un approccio unito per fornire carri armati Leopard 2 all’Ucraina. Ci sono molti Paesi europei pronti a farlo. Gli ucraini stanno coraggiosamente combattendo per la loro libertà e i nostri valori comuni. Non possiamo deluderli».
Reznikov ha comunque reso noto che le forze ucraine inizieranno ad addestrarsi all’uso dei Leopard in Polonia. «I Paesi che hanno già carri armati Leopard possono iniziare le missioni di addestramento per i nostri equipaggi. Inizieremo con quello e partiremo da lì», ha detto. «Spero che la Germania segua il processo, conduca le consultazioni interne e arrivi alla decisione di trasferire carri armati. Sono ottimista riguardo a questo perché il primo passo è stato fatto», ha proseguito.
Ricordiamo che il nodo dei carri armati risiede in una sorta di braccio di ferro tra Berlino e Washington. Il governo tedesco avrebbe intenzione di inviare i Leopard 2 a Kiev solo nel momento in cui gli Stati Uniti facessero altrettanto con i loro tank M1 Abrams: uno scenario, quest’ultimo, tuttavia respinto dall’amministrazione Biden. Secondo il Pentagono, gli Abrams presenterebbero infatti una manutenzione troppo complessa, oltre a tempi lunghi per l’addestramento. Tuttavia, al di là delle questioni di carattere tecnico, se ne scorgono anche altre di natura politica. Non è un mistero che, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina lo scorso febbraio, la Germania è stata tra i Paesi che ha spesso premuto per la linea morbida nei confronti del Cremlino: un approccio molto distante dalla severità invocata invece da Polonia, Regno Unito e repubbliche baltiche. Pur a fronte di malumori nel governo di Berlino, è sempre più evidente come il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, non voglia arrivare a fratture insanabili con Mosca (visti i loro profondi legami economici ed energetici). Dall’altra parte, due giorni fa la Cnn riferiva di tensioni crescenti anche tra Washington e Londra. I britannici vorrebbero infatti inviare in Ucraina dei missili a lunga gittata Atacms: una prospettiva che, almeno al momento, gli Stati Uniti respingono (nonostante il loro recente annuncio di un nuovo pacchetto di aiuti militari da 2,5 miliardi di dollari). Insomma, è abbastanza chiaro che, anziché avere una strategia definita, Joe Biden sta cercando di barcamenarsi tra le posizioni contrastanti che attraversano la Nato: tra la linea morbida tedesca e quella dura, promossa soprattutto da Londra e Varsavia. Un Biden che, sulla questione ucraina, deve fare anche i conti, in patria, con le divisioni interne ai repubblicani e agli stessi democratici.
Mentre, secondo l’account Twitter Ukraine Weapons Tracker, il nostro Paese avrebbe inviato all’Ucraina degli obici semoventi Pzh 2000. Sarebbero utilizzati dalla 43esima brigata di artiglieria ucraina. In questo quadro, ieri Washington ha stimato che, dall’inizio dell’invasione, sarebbero rimasti uccisi circa 188.000 tra soldati russi e mercenari del Wagner Group: quel Wagner Group che, l’altro ieri, gli Stati Uniti hanno designato come «organizzazione criminale transnazionale». Del resto, proprio questa organizzazione rappresenta un pericoloso anello di congiunzione tra la crisi ucraina e l’aumento dell’influenza militare e politica russa sulla Libia orientale e sul Sahel. Nel frattempo, ieri l’esercito russo ha reso noto di aver avviato un’offensiva nella regione di Zaporizhia. La Russia ha inoltre annunciato di aver condotto esercitazioni di difesa aerea nell’area di Mosca, mentre l’ex presidente Dmitry Medvedev ha paragonato il conflitto in corso alla Guerra patriottica.
Ai russi i missili della Corea del Nord Gli States mettono al bando Wagner
Le immagini parlano chiaro, mostrando treni russi che arrivano in Corea del Nord e poi rientrano in patria, carichi di armi e missili. Gli Stati Uniti hanno rilasciato una serie di scatti in cui si vedono vagoni ferroviari della Federazione che vanno a fare «rifornimento» di armi destinate al Gruppo Wagner, l’organizzazione di mercenari che combatte al fianco di Mosca in Ucraina. Le foto satellitari risalgono a novembre e hanno allarmato non poco gli Usa. «Queste azioni riconoscono la minaccia transcontinentale rappresentata da Wagner», ha detto John Kirby, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, che ha chiesto a Pyongyang di mettere fine alle forniture belliche per Mosca. A parere di Kirby le armi nordcoreane non avrebbero cambiato, al momento, le dinamiche sul campo in Ucraina, ma sono avvenute in diretta violazione delle «risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu». Ma più che la violazione dei principi Onu, a preoccupare sono due aspetti. L’Occidente non può dormire sonni tranquilli se pensa che la Corea del Nord possa pianificare di espandersi e fornire più attrezzature militari alla Russia o sostenere tali consegne. Inoltre, c’è da chiedersi se tutto questo possa avvenire senza che la Cina ne sappia nulla o dia una forma di consenso tacito. Un’amicizia «salda e di lungo corso» è quella che lega Cina e Corea del Nord nelle parole dello stesso presidente cinese, Xi Jinping. I legami tra Xi e Kim si sono rinsaldati dopo la crisi missilistica del 2017 con gli Stati Uniti di Trump e sono stati segnati da «importanti consensi» sullo sviluppo delle relazioni e dall’avanzamento della cooperazione e degli scambi. La posizione critica di Pechino verso le sanzioni alla Corea del Nord è stata ribadita poi più volte: difficile credere che Pyongyang sia disposta a giocarsi tutto per fare una fuga in avanti rispetto all’alleata Pechino. Finora, però, quest’ultima ha scelto la strada dell’equilibrio sulla guerra in Ucraina e anzi ha fatto illudere Zelensky di avere un appoggio su cui contare. Le foto pubblicate, i rapporti con Pyongyang e la contiguità territoriale con la stessa, che rendono difficile all’intelligence cinese non cogliere movimenti di treni «sospetti», mettono un grosso punto interrogativo sulle intenzioni del Dragone.
Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti osserva e, intanto, annuncia che designerà la società di mercenari russa Wagner, che conta 50.000 uomini in Ucraina, come «organizzazione criminale transnazionale» e che imporrà ulteriori sanzioni contro il gruppo e la sua rete di supporto in tutto il mondo.
Il ministero della Difesa russo ha intanto riferito di aver condotto esercitazioni di difesa aerea nella regione di Mosca. La dichiarazione giunge dopo la comparsa di video e foto di sistemi antiaerei montati a Mosca che fanno pensare ad un allarme delle autorità per possibili attacchi dal cielo. Un enorme incendio, l’ennesimo che interessa strutture russe strategiche, è scoppiato invece in un deposito di carburante nella regione di Angarsk, in Siberia: hanno preso fuoco vagoni colmi di carburante. Secondo i media ucraini la benzina era destinata a scopi militari. L’esercito russo intanto avanza nella regione ucraina di Zaporizhzhia e, in base alla valutazione dell’intelligence britannica, esiste la reale possibilità che lo stesso avvenga intorno a Bakhmut, dove ieri sono morti due civili in un attacco.
Intanto, arriva la replica del ministero della Difesa al post dell’ambasciata russa che su Facebook aveva condivido la foto di un mezzo blindato distrutto, spacciandolo per un Lince italiano. «L'ambasciata russa in Italia continua a mentire nella sua quotidiana propaganda pubblicando evidenti fake news», si legge nella nota del ministero. «Le immagini dell'ultimo post non ritraggono dei mezzi Lince 4x4 Iveco, bensì blindati Mls Shield, come deducibile dal simbolo “Venom” riportato sulla fiancata. Mezzi mai inviati all'Ucraina nei diversi pacchetti aiuti».
Continua a leggereRiduci
Le repubbliche baltiche incalzano la Germania sulle forniture. Fonti ucraine: «Mortai italiani in mano alla nostra artiglieria».Offensiva di Mosca che però teme attacchi aerei. Misterioso incendio in Siberia.Lo speciale contiene due articoliDopo il sostanziale stallo al vertice di Ramstein sulla questione dei carri armati tedeschi, si sono registrate alcune significative tensioni tra Kiev e Berlino.«L’indecisione odierna sta uccidendo sempre più persone. Ogni giorno di ritardo è la morte degli ucraini. Pensate più velocemente», ha twittato ieri il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak: un’evidente stoccata alla Germania, che ha mostrato titubanza sull’invio di tank Leopard 2 a sostegno di Kiev. È d’altronde in questo quadro che, sempre ieri, il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov ha reso noto di aver avuto una «discussione franca» con l’omologo tedesco, Boris Pistorius. «Abbiamo avuto una discussione franca sui Leopard 2. Da continuare», ha dichiarato. Non a caso, pressioni su Berlino sono arrivate anche dalle repubbliche baltiche. «Noi ministri degli Esteri di Lettonia, Estonia e Lituania chiediamo alla Germania di fornire ora carri armati Leopard all’Ucraina. Ciò è necessario per fermare l’aggressione russa, aiutare l’Ucraina e ripristinare rapidamente la pace in Europa», ha twittato il ministro degli Esteri lettone, Edgars Rinkevics, per poi aggiungere: «La Germania, in quanto prima potenza europea, ha una responsabilità speciale in questo senso». Sulle stesse posizioni si è collocato il presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. «È importante che gli alleati si coordino e procedano uniti. Sono stati presi altri impegni importanti e resto ottimista anche per quanto riguarda i carri armati, poiché questo è ciò che è necessario: sarà il logico passo successivo», ha dichiarato. In tal senso, la Metsola si è detta favorevole a un rapido invio dei Leopard 2 all’Ucraina.«[I Leopard, ndr] sono stati indicati perché sono numerosi, perché relativamente facili da mantenere, perché molti Paesi europei li hanno e semplicemente perché l’Ucraina ne ha bisogno», ha affermato, per poi aggiungere: «Accolgo con favore la prontezza e gli impegni di Ramstein. Tuttavia, ciò di cui abbiamo urgente bisogno è leadership, accordo e un approccio unito per fornire carri armati Leopard 2 all’Ucraina. Ci sono molti Paesi europei pronti a farlo. Gli ucraini stanno coraggiosamente combattendo per la loro libertà e i nostri valori comuni. Non possiamo deluderli».Reznikov ha comunque reso noto che le forze ucraine inizieranno ad addestrarsi all’uso dei Leopard in Polonia. «I Paesi che hanno già carri armati Leopard possono iniziare le missioni di addestramento per i nostri equipaggi. Inizieremo con quello e partiremo da lì», ha detto. «Spero che la Germania segua il processo, conduca le consultazioni interne e arrivi alla decisione di trasferire carri armati. Sono ottimista riguardo a questo perché il primo passo è stato fatto», ha proseguito.Ricordiamo che il nodo dei carri armati risiede in una sorta di braccio di ferro tra Berlino e Washington. Il governo tedesco avrebbe intenzione di inviare i Leopard 2 a Kiev solo nel momento in cui gli Stati Uniti facessero altrettanto con i loro tank M1 Abrams: uno scenario, quest’ultimo, tuttavia respinto dall’amministrazione Biden. Secondo il Pentagono, gli Abrams presenterebbero infatti una manutenzione troppo complessa, oltre a tempi lunghi per l’addestramento. Tuttavia, al di là delle questioni di carattere tecnico, se ne scorgono anche altre di natura politica. Non è un mistero che, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina lo scorso febbraio, la Germania è stata tra i Paesi che ha spesso premuto per la linea morbida nei confronti del Cremlino: un approccio molto distante dalla severità invocata invece da Polonia, Regno Unito e repubbliche baltiche. Pur a fronte di malumori nel governo di Berlino, è sempre più evidente come il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, non voglia arrivare a fratture insanabili con Mosca (visti i loro profondi legami economici ed energetici). Dall’altra parte, due giorni fa la Cnn riferiva di tensioni crescenti anche tra Washington e Londra. I britannici vorrebbero infatti inviare in Ucraina dei missili a lunga gittata Atacms: una prospettiva che, almeno al momento, gli Stati Uniti respingono (nonostante il loro recente annuncio di un nuovo pacchetto di aiuti militari da 2,5 miliardi di dollari). Insomma, è abbastanza chiaro che, anziché avere una strategia definita, Joe Biden sta cercando di barcamenarsi tra le posizioni contrastanti che attraversano la Nato: tra la linea morbida tedesca e quella dura, promossa soprattutto da Londra e Varsavia. Un Biden che, sulla questione ucraina, deve fare anche i conti, in patria, con le divisioni interne ai repubblicani e agli stessi democratici. Mentre, secondo l’account Twitter Ukraine Weapons Tracker, il nostro Paese avrebbe inviato all’Ucraina degli obici semoventi Pzh 2000. Sarebbero utilizzati dalla 43esima brigata di artiglieria ucraina. In questo quadro, ieri Washington ha stimato che, dall’inizio dell’invasione, sarebbero rimasti uccisi circa 188.000 tra soldati russi e mercenari del Wagner Group: quel Wagner Group che, l’altro ieri, gli Stati Uniti hanno designato come «organizzazione criminale transnazionale». Del resto, proprio questa organizzazione rappresenta un pericoloso anello di congiunzione tra la crisi ucraina e l’aumento dell’influenza militare e politica russa sulla Libia orientale e sul Sahel. Nel frattempo, ieri l’esercito russo ha reso noto di aver avviato un’offensiva nella regione di Zaporizhia. La Russia ha inoltre annunciato di aver condotto esercitazioni di difesa aerea nell’area di Mosca, mentre l’ex presidente Dmitry Medvedev ha paragonato il conflitto in corso alla Guerra patriottica.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/kiev-reclama-i-tank-e-attacca-berlino-lindecisione-uccide-2659292270.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ai-russi-i-missili-della-corea-del-nord-gli-states-mettono-al-bando-wagner" data-post-id="2659292270" data-published-at="1674376900" data-use-pagination="False"> Ai russi i missili della Corea del Nord Gli States mettono al bando Wagner Le immagini parlano chiaro, mostrando treni russi che arrivano in Corea del Nord e poi rientrano in patria, carichi di armi e missili. Gli Stati Uniti hanno rilasciato una serie di scatti in cui si vedono vagoni ferroviari della Federazione che vanno a fare «rifornimento» di armi destinate al Gruppo Wagner, l’organizzazione di mercenari che combatte al fianco di Mosca in Ucraina. Le foto satellitari risalgono a novembre e hanno allarmato non poco gli Usa. «Queste azioni riconoscono la minaccia transcontinentale rappresentata da Wagner», ha detto John Kirby, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, che ha chiesto a Pyongyang di mettere fine alle forniture belliche per Mosca. A parere di Kirby le armi nordcoreane non avrebbero cambiato, al momento, le dinamiche sul campo in Ucraina, ma sono avvenute in diretta violazione delle «risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu». Ma più che la violazione dei principi Onu, a preoccupare sono due aspetti. L’Occidente non può dormire sonni tranquilli se pensa che la Corea del Nord possa pianificare di espandersi e fornire più attrezzature militari alla Russia o sostenere tali consegne. Inoltre, c’è da chiedersi se tutto questo possa avvenire senza che la Cina ne sappia nulla o dia una forma di consenso tacito. Un’amicizia «salda e di lungo corso» è quella che lega Cina e Corea del Nord nelle parole dello stesso presidente cinese, Xi Jinping. I legami tra Xi e Kim si sono rinsaldati dopo la crisi missilistica del 2017 con gli Stati Uniti di Trump e sono stati segnati da «importanti consensi» sullo sviluppo delle relazioni e dall’avanzamento della cooperazione e degli scambi. La posizione critica di Pechino verso le sanzioni alla Corea del Nord è stata ribadita poi più volte: difficile credere che Pyongyang sia disposta a giocarsi tutto per fare una fuga in avanti rispetto all’alleata Pechino. Finora, però, quest’ultima ha scelto la strada dell’equilibrio sulla guerra in Ucraina e anzi ha fatto illudere Zelensky di avere un appoggio su cui contare. Le foto pubblicate, i rapporti con Pyongyang e la contiguità territoriale con la stessa, che rendono difficile all’intelligence cinese non cogliere movimenti di treni «sospetti», mettono un grosso punto interrogativo sulle intenzioni del Dragone. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti osserva e, intanto, annuncia che designerà la società di mercenari russa Wagner, che conta 50.000 uomini in Ucraina, come «organizzazione criminale transnazionale» e che imporrà ulteriori sanzioni contro il gruppo e la sua rete di supporto in tutto il mondo. Il ministero della Difesa russo ha intanto riferito di aver condotto esercitazioni di difesa aerea nella regione di Mosca. La dichiarazione giunge dopo la comparsa di video e foto di sistemi antiaerei montati a Mosca che fanno pensare ad un allarme delle autorità per possibili attacchi dal cielo. Un enorme incendio, l’ennesimo che interessa strutture russe strategiche, è scoppiato invece in un deposito di carburante nella regione di Angarsk, in Siberia: hanno preso fuoco vagoni colmi di carburante. Secondo i media ucraini la benzina era destinata a scopi militari. L’esercito russo intanto avanza nella regione ucraina di Zaporizhzhia e, in base alla valutazione dell’intelligence britannica, esiste la reale possibilità che lo stesso avvenga intorno a Bakhmut, dove ieri sono morti due civili in un attacco. Intanto, arriva la replica del ministero della Difesa al post dell’ambasciata russa che su Facebook aveva condivido la foto di un mezzo blindato distrutto, spacciandolo per un Lince italiano. «L'ambasciata russa in Italia continua a mentire nella sua quotidiana propaganda pubblicando evidenti fake news», si legge nella nota del ministero. «Le immagini dell'ultimo post non ritraggono dei mezzi Lince 4x4 Iveco, bensì blindati Mls Shield, come deducibile dal simbolo “Venom” riportato sulla fiancata. Mezzi mai inviati all'Ucraina nei diversi pacchetti aiuti».
Galeazzo Bignami (Ansa)
Se per il giudice che l’ha condannato a 14 anni e 9 mesi di carcere (in primo grado la Corte d’Assise di Asti gliene aveva dati 17, senza riconoscere la legittima difesa), nonché a un risarcimento milionario ai familiari dei due rapinatori uccisi (con una provvisionale immediata di circa mezzo milione di euro e le richieste totali che potrebbero raggiungere milioni) c’è stata sproporzione tra difesa e offesa, la stessa sproporzione è stata applicata nella sentenza, tra l’atto compiuto e la pena smisurata che dovrà scontare Roggero. Confermare tale condanna equivarrebbe all’ergastolo per l’anziano, solo per aver difeso la sua famiglia e sé stesso.
Una severità che ha scosso le coscienze dell’opinione pubblica nonché esasperato gli animi del Parlamento. Ma la colpa è dei giudici o della legge? Giovedì sera a Diritto e Rovescio su Rete 4 è intervenuto il deputato di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami, il quale alla Verità non ha timore nel ribadire che «qualsiasi legge si può sempre migliorare, per carità. Questa legge mette in campo tutti gli elementi che, se valutati correttamente, portano ad escludere pressoché sempre la responsabilità dell’aggredito, salvo casi esorbitanti. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e in questo caso il mare è la magistratura», spiega Bignami, «ci sono giudici che, comprendendo il disposto di legge e lo spirito della stessa, la applicano in maniera conforme alla ratio legis e giudici che, invece, pur comprendendola, preferiscono ignorarla. Siccome questa è una legge che si ispira sicuramente a valori di destra come la difesa della vita, della famiglia, della proprietà privata e che, come extrema ratio, consente anche una risposta immediata in presenza di un pericolo imminente, certi giudici la applicano con una prospettiva non coerente con la sua finalità».
In questo caso la giustificazione di una reazione istintiva per proteggere la propria famiglia dai rapinatori non ha retto in aula. Ma oltre al rispetto della legge non è forse fondamentale anche l’etica nell’applicarla? «Su tante cose i giudici applicano le leggi sulla base delle proprie sensibilità, come in materia di immigrazione, per esempio», continua Bignami, «però ricordiamo che la legge deve essere ispirata da principi di astrattezza e generalità. Poi va applicata al caso concreto e lì vanno presi in esame tutti i fattori che connotano la condotta. L’articolo 52 parla di danno ingiusto, di pericolo attuale e proporzione tra difesa e offesa. Per pericolo attuale non si può intendere che sto lì con il cronometro a verificare se il rapinatore abbia finito di rapinarmi o se magari intenda tornare indietro con un fucile. Lo sai dopo se il pericolo è cessato e l’attualità non può essere valutata con il senno di poi. Ed anche il turbamento d’animo di chi viene aggredito non finisce con i rapinatori che escono dal negozio e chiudono la porta. Questo sentimento di turbamento è individuale e, secondo me, si riflette sulla proporzione. Vanno sempre valutate le condizioni soggettive e il vissuto della persona».
Merita ricordare, infatti, che Roggero aveva subito in passato altre 5 rapine oltre a quella in esame e che in una di quelle fu anche gonfiato di botte. La sua vita e quella della sua famiglia è compromessa, sia dal punto di vista psicologico che professionale. È imputato di omicidio volontario plurimo per aver ucciso i due rapinatori e tentato omicidio per aver ferito il terzo che faceva da palo. E sapete quanto si è preso quest’ultimo? Appena 4 anni e 10 mesi di reclusione.
La reazione emotiva del commerciante, la paura per l’incolumità dei familiari, sono attenuanti che non possono non essere considerate. Sono attimi di terrore tremendi. Se vedi tua figlia minacciata con una pistola, tua moglie trascinata e sequestrata, come minimo entri nel panico. «Intanto va detto quel che forse è così ovvio che qualcuno se n’è dimenticato: se i banditi fossero stati a casa loro, non sarebbe successo niente», prosegue Bignami, «poi penso che, se Roggero avesse avuto la certezza che quei banditi stavano fuggendo senza più tornare, non avrebbe reagito così. Lo ha fatto, come ha detto lui, perché non sapeva e non poteva immaginare se avessero davvero finito o se invece volessero tornare indietro. Facile fare previsioni a fatti già compiuti».
Ma anche i rapinatori hanno i loro diritti? «Per carità. Tutti i cittadini hanno i loro diritti ma se fai irruzione con un’arma in un negozio e minacci qualcuno, sei tu che decidi di mettere in discussione i tuoi diritti».
Sulla severità della pena e sul risarcimento faraonico, poi, Bignami è lapidario. «C’è una proposta di legge di Raffaele Speranzon, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, che propone di ridurre fino ad azzerare il risarcimento dovuto da chi è punito per eccesso colposo di legittima difesa».
Chi lavora e protegge la propria vita non può essere trattato come un criminale. La giustizia deve tornare a distinguere tra chi aggredisce e chi si difende.
Continua a leggereRiduci
Ansa
La dinamica, ricostruita nelle perizie, avrebbe confermato che l’azione della ruspa aveva compromesso la struttura dell’edificio. Ma oltre a trovarsi davanti quel «mezzo di irresistibile forza», così è stata giuridicamente valutata la ruspa, si era messa di traverso pure la Procura, che aveva chiesto ai giudici di condannarlo a 4 anni di carcere. Ma ieri Sandro Mugnai, artigiano aretino accusato di omicidio volontario per essersi difeso, mentre ascoltava le parole del presidente della Corte d’assise si è messo le mani sul volto ed è scoppiato a piangere. Il fatto non sussiste: fu legittima difesa. «Finalmente faremo un Natale sereno», ha detto poco dopo, aggiungendo: «Sono stati anni difficili, ma ho sempre avuto fiducia nella giustizia. La Corte ha agito per il meglio». E anche quando la pm Laura Taddei aveva tentato di riqualificare l’accusa in eccesso colposo di legittima difesa, è prevalsa la tesi della difesa: Mugnai sparò perché stava proteggendo la sua famiglia da una minaccia imminente, reale e concreta. Una minaccia che avanzava a bordo di una ruspa. La riqualificazione avrebbe attenuato la pena, ma comunque presupponeva una responsabilità penale dell’imputato. Il caso, fin dall’inizio, era stato definito dai giuristi «legittima difesa da manuale». Una formula tanto scolastica quanto raramente facile da dimostrare in un’aula di Tribunale. La giurisprudenza richiede il rispetto di criteri stringenti: attualità del pericolo, necessità della reazione e proporzione. La sentenza mette un punto a un procedimento che ha riletto, passo dopo passo, la notte in cui l’albanese entrò nel piazzale di casa Mugnai mentre la famiglia era riunita per la cena dell’Epifania. Prima sfogò la ruspa sulle auto parcheggiate, poi diresse il mezzo contro l’abitazione, sfondando una parte della parete. La Procura ha sostenuto che, pur di fronte a un’aggressione reale e grave, l’esito mortale «poteva essere evitato». Il nodo centrale era se Mugnai avesse alternative non letali. Per la pm Taddei, quella reazione, scaturita da «banali ruggini» con il vicino, aveva superato il limite della proporzione. I difensori, gli avvocati Piero Melani Graverini e Marzia Lelli, invece, hanno martellato sul concetto di piena legittima difesa, richiamando il contesto: buio, zona isolata, panico dentro casa, il tutto precipitato «in soli sei minuti» nei quali, secondo gli avvocati, «non esisteva alcuna alternativa per proteggere i propri cari». Durante le udienze si è battuto molto sul fattore tempo ed è stata dimostrata l’impossibilità di fuga. Nel dibattimento sono stati ascoltati anche i familiari della vittima, costituiti parte civile e rappresentati dall’avvocato Francesca Cotani, che aveva chiesto la condanna dell’imputato. In aula c’era molta gente e anche la politica ha fatto sentire la sua presenza: la deputata della Lega Tiziana Nisini e Cristiano Romani, esponente del movimento Il Mondo al contrario del generale Roberto Vannacci. Entrambi si erano schierati pubblicamente con Mugnai. Nel paese c’erano anche state fiaccolate e manifestazioni di solidarietà per l’artigiano. Il fascicolo era passato attraverso momenti tortuosi: un primo giudice non aveva accolto la richiesta di condanna a 2 anni e 8 mesi e aveva disposto ulteriori accertamenti sull’ipotesi di omicidio volontario. Poi è stata disposta la scarcerazione di Mugnai. La fase iniziale è stata caratterizzata da incertezza e oscillazioni interpretative. E, così, alla lettura della sentenza l’aula è esplosa: lacrime, abbracci e applausi. Mugnai, commosso, ha detto: «Ho sparato per salvare la pelle a me e ai miei cari. Non potrò dimenticare quello che è successo, ora spero che possa cominciare una vita diversa. Tre anni difficili, pesanti». Detenzione preventiva compresa. «Oggi è un giorno di giustizia. Ma la battaglia non è finita», commenta Vannacci: «Mugnai ha fatto ciò che qualunque padre, marito, figlio farebbe davanti a un’aggressione brutale. È una vittoria di buon senso, ma anche un segnale, perché in Italia c’è ancora troppo da fare per difendere le vere vittime, quelle finite sotto processo solo perché hanno scelto di salvarsi la vita. E mentre oggi festeggiamo questo risultato, non possiamo dimenticare chi non ha avuto la stessa sorte: penso a casi come quello di Mario Roggero, il gioielliere piemontese condannato a 15 anni per aver difeso la propria attività da una rapina». «La difesa è sempre legittima e anche in questo caso, grazie a una legge fortemente voluta e approvata dalla Lega, una persona perbene che ha difeso se stesso e la sua famiglia non andrà in carcere, bene così», rivendica il segretario del Carroccio Matteo Salvini. «Questa sentenza dimostra come la norma sulla legittima difesa tuteli i cittadini che si trovano costretti a reagire di fronte a minacce reali e gravi», ha precisato il senatore leghista (componente della commissione Giustizia) Manfredi Potenti. La vita di Sandro Mugnai ricomincia adesso, fuori dall’aula. Ma con la consapevolezza che, per salvare se stesso e la sua famiglia, ha dovuto sparare e poi aspettare quasi tre anni perché qualcuno glielo riconoscesse.
Continua a leggereRiduci
Carlo Melato continua a dialogare con il critico musicale Alberto Mattioli, aspettando la Prima del 7 dicembre del teatro alla Scala di Milano. Tra i misteri più affascinanti del capolavoro di Shostakovich c’è sicuramente il motivo profondo per il quale il dittatore comunista fece sparire questo titolo dai cartelloni dell’Unione sovietica dopo due anni di incredibili successi.