2024-08-04
        Khelif malmena le rivali e la realtà: «Lotto per la dignità delle donne»
    
 Anna Luca Hamori e Imane Khelif (Ansa)
L’algerina batte ai punti l’ungherese Anna Luca Hamori ed è medaglia certa. Stretta di mano con l’avversaria, la quale però prima del match l’ha paragonata a un mostro. Ira del comitato algerino: «Denunceremo le offese».Intersexual e interstellar. Serve qualche pugno in più ma la marcia trionfale di Imane Khelif prosegue. La discussa pugile algerina che aveva impiegato 46 secondi per piallare Angela Carini, ora è sicura di salire sul podio: ha sconfitto chiaramente ai punti in tre round l’ungherese Anna Luca Hamori dalle lunghe e bionde trecce rasta, che in mattinata l’aveva definita «un uomo». Poiché nel protocollo olimpico l’incontro per il terzo posto non è previsto (così come un test gender rigoroso), Khelif è già medaglia di bronzo dei pesi welter. Per la felicità degli organizzatori, dell’Unicef di cui è ambasciatrice e del suo primo tifoso, Emmanuel Macron, che ha promesso di presentarsi alla Paris Nord Arena per la finale «a tifare per lei». La sfida è carica di tensione e la comunità algerina (molto numerosa) fa un tifo sfegatato per la sua pupilla, fischiando l’inno ungherese. Stracolma anche la tribuna stampa; mai tanti giornalisti si erano presentati a un incontro di boxe femminile. La pugile algerina non è solo iperandrogina ma anche ipermuscolare e la rivale magiara decide di starle alla larga per evitare (come accadde a Carini) di prendersi in pieno volto una locomotiva. La strategia ha il pregio di ammortizzare i pugni di Khelif ma il difetto di consegnarle le chiavi del ring: è la nordafricana ad avere sempre l’iniziativa e ad accumulare un vantaggio di punti via via incolmabile. I primi due round sono identici e poiché chi si defila non è Muhammad Alì a Kinshasa, il finale è scontato, a meno di un colpo che non arriva. Nel terzo round Hamori prova a rimontare ma non fa che il solletico alla rivale. Gong, tutti a casa. Prima di pensare alla semifinale di martedì con la thailandese Janiaem Suwannapheng che potrebbe aprirle le porte verso la medaglia d’oro, Imane in lacrime se ne esce con una dichiarazione surreale: «Combatto per la dignità di ogni donna». E lo fa nel modo più originale: prendendo a sberle con bicipiti da macho le colleghe. Poi commenta le polemiche buttandola sulla religione: «Tutto il popolo arabo mi conosce da anni, ho fatto boxe nelle competizioni della federazione internazionale. I critici sono stati ingiusti con me, ma io ho Allah dalla mia parte». L’incontro si chiude in modo meno drammatico rispetto a quello con l’italiana: strette di mano e abbracci. Chi vince tira dritto, chi perde se ne fa una ragione. Così non sembrava fino a un minuto prima della gara, quando sul ring svolazzavano pugni psicologici, frutto di una rissa internazionale che ha un colpevole: il Cio, che piega le regole dello sport agli interessi del genderfluid e del politicamente corretto. La stessa Khelif è vittima inconsapevole di questa protervia. Il portavoce del comitato olimpico, Mark Adams, ha ribadito che «è una donna e ha diritto di combattere». Il padre dell’atleta è stato raggiunto dalla Reuters nel suo villaggio in Algeria: Omar Khelif, 49 anni, ha mostrato il certificato di nascita della figlia: «È stata cresciuta come una bambina. È forte, l’ho cresciuta per lavorare ed essere coraggiosa. Ha vinto contro l’italiana perché era più forte. Ha una forte volontà al lavoro e in allenamento», ha assicurato il padre: «Se Dio vuole, ci onorerà con una medaglia d’oro e innalzerà la nostra bandiera a Parigi». Non dello stesso avviso la rivale, che in mattinata aveva postato su Tik Tok: «Ho lavorato tutta la vita per essere qui e forse un uomo fermerà il mio sogno. Forse sarà lui a impedirmi di vincere una medaglia olimpica ma lo affronterò comunque». Ha allegato la locandina del film «La bella e la bestia», in versione boxe, paragonando l’algerina a un mostro. Un accostamento sgradevole, mentre il fidanzato di Hamori caricava con la frase: «Sul ring contro Khelif dovrei salirci io». Dopo questo show, il comitato olimpico di Algeri ha annunciato che sporgerà querela, ma gli ungheresi si fanno forti della decisione dell’Iba (International Boxing Association) che lo scorso anno squalificò Imane dai Mondiali di New Delhi perché al gender test erano stati certificati cromosomi maschili. Nelle ore precedenti il match, la Federboxe di Budapest aveva tuonato contro il Cio, e il suo dirigente di punta Lajos Berko aveva dichiarato: «Sono molto addolorato per questo scandalo, siamo qui a parlare di un tema che non è compatibile con lo sport. Il Comitato olimpico ungherese ha chiesto colloqui con il Cio per proteggere il diritto delle atlete a una competizione equa. Ci opponiamo alla partecipazione dell’atleta algerina». Nella tempesta perfetta una pugile è scesa in campo a difesa di Khelif. È Amy Broadhurst, l’irlandese che sconfisse l’algerina ai Mondiali del 2022. «In passato è stata battuta da nove donne, e questo dice tutto. Non credo che abbia fatto qualcosa per barare. È nata così, è qualcosa che non può controllare». Invece si possono controllare le scommesse attorno ai prossimi due match dell’intersexual interstellar: praticamente zero.
        Ursula von der Leyen (Getty Images)
    
        Edmondo Cirielli (Imagoeconomica)
    
        Il palazzo dove ha sede Fratelli d'Italia a Parma
    
        Marcello Degni. Nel riquadro, Valeria Franchi (Imagoeconomica)