2022-06-05
Karol, mare negli occhi e una lingua segreta
Fin da bambina sognava di potersi svegliare e aprire la finestra che dà sul blu. Dopo che le sue illusioni da modella si sono infrante a Milano, ecco il posto ideale: Cagliari e l’orto botanico dai nomi strani, dove amici silenziosi curano la sua nostalgia.Karolina è arrivata a Cagliari sette anni fa. Sola, fuggita dalla bulimia d’occidente che ha costellato le cittadine del suo paese di supermercati aperti anche a mezzanotte, di ristorantini e tavole calde coi menu in inglese e tedesco, e di flotte di turisti in visita nel suo paese-presepe. Ovviamente i turisti che vengono in visita nella sua cittadina, non una capitale, non una città legata a qualche importante istituzione, museo o evento storico, restano poche ore, il tempo di sbarcare, visitare il centro, qualche chiesa e scattare le fotografie che il giorno dopo avranno dimenticato di aver mai inquadrato. Suo padre è disperso in un labirinto alcoolico e deprimente che lei non riesce più ad abitare. I suoi fratelli, entrambi più grandi, lavorano in un’agenzia di viaggio e di moda, una curiosa commistione per dire che farebbero di tutto per strappare un migliaio di euro, in maniera lecita o meno. La piccola Karol era stanca di fare da accompagnatrice a questo regno dei maschi di famiglia, e dunque un giorno è partita, da sola ha preso quel poco che riteneva indispensabile, ha riempito un trolley e ha acquistato un biglietto aereo per Milano. A Milano però non ha trovato quel che cercava, o forse le sue aspettative non avevano considerato l’estrema competizione che in questa città esiste su ogni cosa, anzitutto nel settore delle modelle, per qualche settimana si era illusa di poterne far parte, data la sua altezza, un metro e 82, niente male per una ragazza giovane e carina, bionda, come lei. Ma non è bastato. I voli charter sono pieni di belle ragazze che dirottano i loro sogni dai paesi baltici, dall’Est Europa tutto, dai Balcani e da molte altre aree del pianeta. Molte arrivano, poche ce la fanno. E la bellezza non è di certo difetto a nessuna.Milano è una città con diversi giardini e viali alberati, anche se la frenesia di chi ci vive consente di goderne raramente. Ma la città è troppo grande, troppi interessi, troppe differenze sociali, quello scalino che lei aveva intravisto tra le sue amiche figlie di politici e imprenditori qui risulta moltiplicato per dieci, per venti, macché per cento. Così prende piede l’ipotisi di trasferirsi in una città più piccola, non provinciale, perché qui forse le differenze risuonano anche peggio, ma comunque un capoluogo. Bologna? Firenze? Napoli? Torino? Bari? Quale città, una città dove si vive bene, o una città storica, con tanti palazzi? Per scegliere parte da un desiderio finora inespresso: il mare. Fin da bambina sognava di potersi svegliare ed aprire la finestra che dà sul blu del mare. Anche un mare agitato, in tempesta, invernale, grigiastro, non per forza soltanto un mare azzurro, limpido, sereno. Pacifico. Basterebbe il mare, per l’appunto, là, quasi pronto ad accogliere tutti i suoi cattivi pensieri. Quindi? Genova? Reggio Calabria? Venezia? E se fosse un’isola? Non aveva mai vissuto su un’isola. E poi che tipo di isola, un’isola con città distanti, centinaia di chilometri da un capo all’altro, oppure piccola, così piccola da poterla girare in bicicletta, ad esempio, o addirittura a piedi, in alcuni giorni di cammino?La sua guida dell’Italia raccontava che ci sono anzitutto la Sicilia e la Sardegna. Poi ci sono altre isole, più piccole, molto più piccole, come l’Isola d’Elba, le isole del golfo di Napoli, Ischia, Capri e Procida. Quanti film ambientati a Capri! O le isole vulcaniche come Stromboli e Vulcano, e si ricorda Ingrid Bergman. O anche le isole di isole, che per arrivarci bisogna prima andare sulle isole maggiori e poi da lì c’è un traghetto come a Pantelleria o all’arcipelago della Maddalena. Se c’è una cosa che non manca nel mare che circonda lo stivale dell’Italia sono proprio le isole.Nel breve periodo che è sopravvissuta a Milano ha conosciuto una ragazza slovacca, Marika, di un anno più giovane di lei. Hanno lavorato insieme come cassiere al supermarket della stazione centrale dei treni. È lei che l’ha avvertita della mania del proprietario che ci prova con tutte le fanciulle, promettendo poi chissà cosa, e non è un caso che vi lavorino soltanto straniere, spesso irregolari, pelle chiara come la loro, o sudamericane. Ma a parte che a lei questo tizio proprio non piaceva e poi era talmente rozzo! Le ricordava uno dei suoi fratelli, anche lui avrebbe fatto sesso con qualsiasi donna, purché respirasse ancora. Insieme finalmente raggiungono Cagliari, la sua amica si ricongiunge alla zia, la sorella maggiore della madre, che era andata lì cinque anni prima a fare la badante, Rada. Molto simpatica. Cagliari non è proprio una città di mare, anche se c’è un mare, ma è lì vicino. Abitandoci sembra quasi che non ci sia, che sia altrove. I loro palazzi si arrampicano verso i giardini del Monte Urpinu, dove ogni tanto sale per farsi una bella camminata. Sui pini incontra un pavone che ci sale come se fosse un colombo. Ma il posto a cui si è affezionata di più è l’orto botanico. Non è ampio, ma ospita tante piante esotiche. Di molte non ne ha mai sentito parlare, anche perché il clima è davvero molto diverso da quello che c’era nel suo paese, nella sua cittadina nella Repubblica Ceca, a 70 chilometri da Praga.Ama imparare i nomi, in latino, sono come una lingua segreta: Hortus botanicus karalitanus, recita una tabella. Anno di apertura: 1866. Phoenix dactilifera, è una palma. Casuarina cunninghamiana e Ficus macrophylla, due piante australiane, cariche di foglie. Epipremmum aureum, una rampicante che sembra quasi la parete di una caverna. Euphorbia caput-medusae, una pianta con la testa tonda che sembra piena di piccole serpi vegetali, come la Medusa che si studia sui libri a scuola. Dal Sudafrica. Erythrina caffra, o albero del corallo, con fiori che sembrano lacrime strappate dai fondali del mare. Ce n’è così tanto da imparare che ci impiegherà tutta la vita. Ogni qualvolta la nostalgia dei suoi fratelli e di suo padre, per quanto di certo non è che la trattassero con rispetto e affetto, si fa troppo schietta, allora lei viene qui, si immerge in questi viali colmi di vita, si lascia depurare, il sangue e ancor più il pensiero. Lei sa che la attendono degli amici silenziosi che la possono curare, come se fosse una medicina che basta aspettare e farsi del bene.