2021-06-29
La problematica causa dell'amministrazione Biden alla Georgia
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Joe Biden (Getty Images)
E' scontro totale tra l'amministrazione Biden e lo Stato della Georgia. Venerdì scorso, il procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, ha annunciato che il Dipartimento di giustizia americano avesse citato in giudizio il cosiddetto Peach State per la sua recente riforma elettorale.
E' scontro totale tra l'amministrazione Biden e lo Stato della Georgia. Venerdì scorso, il procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, ha annunciato che il Dipartimento di giustizia americano avesse citato in giudizio il cosiddetto Peach State per la sua recente riforma elettorale. "La nostra denuncia sostiene che le recenti modifiche alle leggi elettorali della Georgia sono state promulgate allo scopo di negare o ridurre il diritto dei georgiani neri di votare a causa della loro razza o colore, in violazione della Sezione 2 del Voting Rights Act", ha dichiarato Garland. La riforma elettorale della Georgia aveva del resto suscitato forti polemiche negli scorsi mesi, con i democratici che l'avevano ripetutamente accusata di limitare l'esercizio di voto degli afroamericani, paragonandola addirittura a una legge "Jim Crow". In tal senso si era per esempio espresso, lo scorso marzo, lo stesso presidente americano, Joe Biden. Un Biden che è tra l'altro di recente tornato personalmente all'attacco. "Abbiamo un sistema che agisce sia con integrità che con indipendenza, ma i repubblicani vogliono fare ciò che nessun partito politico ha mai provato a fare: arrivare a decidere se il vostro voto conta", ha dichiarato lunedì scorso durante un evento di raccolta fondi Nel frattempo sono arrivate le reazioni del governatore repubblicano della Georgia, Brian Kemp. "Questa causa nasce dalle bugie e dalla disinformazione che l'amministrazione Biden ha spinto contro l'Election Integrity Act della Georgia dall'inizio", ha tuonato." Joe Biden, Stacey Abrams e i loro alleati", ha aggiunto, "hanno cercato di forzare una presa di potere elettorale incostituzionale attraverso il Congresso. E hanno fallito. Ora stanno armando il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per portare avanti il loro programma di estrema sinistra, che mina l'integrità elettorale".Ora, al di là delle beghe partitiche, va riconosciuto che, almeno nella maggior parte dei casi, la riforma elettorale della Georgia sia finita al centro di polemiche non poco pretestuose. Non è per esempio vero che questa norma abbia abolito il voto anticipato domenicale (misura che, secondo i critici, avrebbe danneggiato gli elettori di colore). In realtà la riforma rende possibile di votare anticipatamente per due domeniche. Un'altra esagerazione è che la nuova legge ostacolerebbe l'esercizio del voto, imponendo criteri troppo stringenti di identificazione a chi fa richiesta di votare per posta. In realtà, la norma richiede di mostrare una patente di guida o altro documento ottenibile gratuitamente. Ulteriore punto controverso è il divieto di distribuire cibo in coda ai seggi: i democratici sostengono che una tale misura sia finalizzata a scoraggiare le persone dal recarsi alle urne. In realtà, va detto che la riforma consenta di inserire distributori d'acqua nei seggi.Del resto, il problema è in gran parte politico. La mossa di Garland è infatti arrivata appena pochi giorni dopo che i repubblicani erano riusciti a bloccare in Senato l'approvazione del For the People Act: la riforma elettorale che l'asinello stava cercando di portare avanti a livello federale. Una riforma, questa sì, non poco problematica. Soprattutto perché punterebbe significativamente a indebolire le regole sui requisiti di identità per richiedere l'accesso al voto postale: una linea, questa, che aumenta oggettivamente il rischio di voto da chi non ne abbia realmente diritto. Proprio perché legata a dinamiche politiche, la battaglia giudiziaria si annuncia quindi infuocata. Tuttavia non è detto che la strada per il Dipartimento di Giustizia sia esattamente in discesa. Come rilevato dalla testata progressista Vox, un ostacolo all'azione legale di Garland potrebbe essere costituito dalla sentenza della Corte Suprema, Abbott v. Perez (emessa nel 2018). Quel pronunciamento, secondo Vox, ha infatti "affermato che i legislatori accusati di agire con intenti razzisti godono di una così alta presunzione di innocenza razziale che pochi querelanti saranno in grado di superarla". Bisognerà quindi vedere come si evolverà la vicenda giudiziaria. Resta comunque il fatto questa mossa di Garland ponga un serio problema. Per anni i democratici hanno infatti sostenuto che Donald Trump avesse indebitamente politicizzato il Dipartimento di Giustizia, rendendolo un'istituzione partigiana e asservita ai suoi interessi elettorali. Siamo realmente sicuri che ciò non stia invece avvenendo con l'amministrazione Biden?