Ogni volta che un leader dem affonda scatta il soccorso chic di «Vogue»

Il maldestro soccorso rosso arriva sulla migliore carta patinata in circolazione. Quando la sinistra radical chicchissima arranca, giunge puntuale la copertina di Vogue. Sul numero di agosto della rivista statunitense campeggia dunque Jill Biden, moglie del caracollante Joe, ancora in corsa per un’improbabile riconferma alla Casa Bianca. Doveva servire a rilanciare la campagna del marito. Invece, dopo il disastroso dibattito di Atlanta con Donald Trump, sembra il fantozziano aiutino all’ultimo leader progressista in affanno. Maledette rotative. I mensili vanno chiusi con un certo anticipo. Il magazine aveva seguito Jill per mezza nazione, cercando di cogliere i misteriosi motivi della ricandidatura di «Sleepy Joe». Nel frattempo, però, il presidente in carica offre disastrosa prova nel primo dibattito. Tanto da costringere il giornale ad aggiungere una nota in cima all’articolo: «Il dibattito del 27 giugno ha stimolato una discussione sull’opportunità che debba rimanere il candidato democratico».
La difesa glamour di Jill è l’ennesima missione impossibile della direttrice di Vogue America, Anna Wintour, indimenticata ispiratrice del Diavolo veste Prada. A luglio 2022, tanto per dirne un’altra, mette in copertina Olena Zelenska, sciccosa consorte del presidente ucraino Volodymyr. Un’intervista doppia, mentre a Kiev infuria l’atroce conflitto. Lui, ritratto con la solita mimetica, confessa: «Mia moglie è la mia migliore amica». La stessa, sconvolgente, rivelazione fatta da Barack Obama nel corso degli anni. Mentre Vogue, ovviamente, concede alla sua Michelle diverse copertine. Sfavillante destino condiviso con un’altra first lady statunitense dalle sterminate velleità: Hillary Clinton. Il mensile, nel tempo, tenta più volte a trarla inutilmente d’impaccio. Come quando le concede l’ambita cover nel bel mezzo dello scandalo di Monica Lewinsky, la stagista concupita da quel mandrillone del marito Bill. E nel 2009, quando diventa segretario di Stato, guadagna un’altra copertina. Seduta su un divano rosso occhieggia sopra il sobrio titolone che Anna le dedica: «La straordinaria Hillary Clinton».
A febbraio 2016 la luciferina direttrice replica. Un servizio di ben dieci pagine. Il momento, del resto, è epico. Hillary spera di succedere al redento Bill, sfidando Donald Trump. Il ritratto, al pari delle foto, è lusinghiero. Si evince, d’altronde, già dall’audace strillo: «Hillary Clinton farà la storia?». Ai benvestiti posteri l’ardua sentenza. Comunque, otto anni dopo, possiamo tentare di rispondere al pretenzioso quesito: no. L’ex signora Clinton viene poi sconfitta da Trump. E la moglie del puzzone repubblicano, l’incantevole Melania, non godrà mai del privilegio concesso alle precedenti first lady. Il motivo lo spiega indirettamente la stessa Wintour: «Bisogna sostenere quello in cui si crede. Le donne di cui tracciamo un profilo sono quelle che sosteniamo, quelle che riteniamo leader». Piccatissima la risposta dell’entourage di Melania: «L’atteggiamento di Vogue è solo un’ulteriore prova di come l’industria dei magazine di moda sia faziosa, e mostra quanto sia insicura Anna Wintour». Così, tra le recenti sbandate della direttorissima, chiaramente in quota arciprogressista, c’è la stellina della sinistra americana: Alexandria Ocasio-Cortez. La più giovane e intransigente deputata del Congresso, in cambio, svela all’amato giornale persino i segreti del suo skin care. Altro titolone, quindi: «Come si trucca la star della sinistra progressista prima di una lunga giornata a Capitol Hill o nel suo collegio elettorale nel Bronx?».
Simili e determinanti dilemmi vengono posti anche alla sua aspirante epigona italiana. La versione tricolore della cotonatissima rivista americana, s’accontentata difatti di Elly Schlein. Corre la primavera del 2023. Lei è stata appena eletta dopo rocambolesche primarie. Dunque, arriva l’ideona. Per la neosegretaria dell’ex Partito comunista cosa c’è di meglio di una copertina sul mensile più consumista del globo? Eccola quindi in posa, con un inedito sguardo ammiccante e un improbabile trench color oliva. L’intervista resta indimenticabile. «Credi nel cosiddetto power dressing?» domanda il giornalista di Vogue. «Le mie scelte di abbigliamento dipendono sicuramente dalla situazione in cui mi trovo», spiega Schlein. «A volte sono anti convenzionale, altre volte più formale. In generale dico sì ai colori e ai consigli di un’armocromista, Enrica Chicchio». Ovvero, la sua personal shopper. Costa 300 euro all’ora, ma a Elly fa un forfait. Seguono mesi di leggendari sfottò. Insomma, anche quella volta il patinato endorsement finì male. Tanto da convincere la scornata Elly a far sparire per sempre il maledetto impermeabile.






