2021-11-25
Jacopo Coghe: «Basta confusione: il comitato etico non autorizza il suicidio di Mario»
Il vicepresidente di Pro vita: «Rispettiamo il suo dolore, ma gli esperti sollevano dubbi».Divide l'opinione pubblica il caso di Mario (nome di fantasia). L'uomo di 43 anni, tetraplegico a causa di un incidente stradale avvenuto nel 2010, potrebbe essere la prima persona in Italia a ottenere il suicidio assistito. Oltre al mondo radicale, che ha dato supporto anche legale alla battaglia di Mario, c'è un'altra realtà, quella dell'associazionismo pro life, che guarda con apprensione alla vicenda. In questo secondo schieramento, Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro vita & famiglia onlus, è un leader riconosciuto.Coghe, qual è la vostra posizione sul caso di «Mario»? «Guardiamo a questa storia drammatica con grande rispetto, così come verso la sofferenza di chiunque. Tuttavia, restiamo fermamente contrari a ogni forma di suicidio assistito e di eutanasia. A livello mediatico si sta facendo molta confusione».Cosa intende? «Se si leggono le carte, si vede che le cose non sono come sono state raccontate. Dalla versione integrale del parere del comitato etico delle Marche sul caso di Mario, infatti, si evince come non ci sia una vera autorizzazione. Sarà un tribunale a decidere. Il comitato etico parla invece di “elemento soggettivo di difficile interpretazione" per quanto riguarda le sofferenze psicologiche. Inoltre viene chiarito come ci sia stata, da parte dell'uomo, “l'indisponibilità ad accedere ad una terapia antidolorifica integrativa". Mancano pure alcuni elementi fondamentali per poter procedere alla decisione, come le modalità, la metodica e i dettagli sul farmaco letale, elementi che di fatto impediscono al comitato di poter esprimere un parere veramente completo». Per quanto la vicenda sia indubbiamente reale, ci troviamo quindi davanti a una strumentalizzazione? «È la solita tattica che il mondo radicale attua da anni, come fu anche con dj Fabo. Si richiama l'attenzione su una singola vicenda, cercando di coinvolgere emotivamente l'opinione pubblica, parlando cioè al cuore e alla pancia della gente, che così viene tenuta all'oscuro dei rischi della morte assistita».Quali rischi? «Anzitutto le cure palliative, che potrebbero finire in secondo piano. Perché mai lo Stato dovrebbe investire su tale versante, con eutanasia e suicidio assistito legali? C'è il rischio che la morte venga proposta a chi soffre come prima opzione. Poi c'è lo svilimento della professione medica, anche se penso che, come per l'aborto, la maggioranza dei medici farà obiezione di coscienza».Poi? «C'è il rischio di un vero e proprio mercato. Basta vedere cosa accade nei Paesi dove l'eutanasia è legale da anni. Le richieste di farla finita aumentano e c'è l'apertura di cliniche di morte. Infine, c'è il rischio d'una sconfitta collettiva: non è possibile che, nel 2021, la risposta della società a chi soffre sia quella di dare la morte».Come Pro vita & famiglia siete quindi contrari ad una legge sul suicidio assistito? «La proposta di legge in Parlamento è irricevibile. Tra le condizioni per richiederlo non si parla neppure della possibilità di ricevere cure palliative. Assurdo. Aspettiamo di vedere cosa dirà la Consulta sul referendum per l'eutanasia legale».Nel frattempo? «Facciamo campagne di sensibilizzazione, formazione, webinar. Abbiamo pronto un comitato per il no all'eutanasia e salutiamo con favore la presa di posizione della Chiesa, che condanna la cultura dello scarto».