2021-01-26
Il governo manda gli atleti italiani ai Giochi di Tokyo senza il tricolore
Cameron Spencer/Getty Images
Vincenzo Spadafora dorme sulla riforma del Coni e il Cio ci castiga: niente bandiera né inno alle Olimpiadi. Tocca sperare nella scappatoia.Olimpico. Il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, passeggia nei corridoi di Montecitorio senza accorgersi di essere a 24 ore dall'eliminazione più terribile della sua carriera politica e sportiva. Fuori in batteria o per tre salti nulli. Se ai Giochi di Tokyo, in luglio, sui pennoni dei siti non ci sarà la bandiera italiana e se l'inno di Mameli non verrà mai suonato neppure per Federica Pellegrini o i pallanotisti, per una volta la colpa non sarà del Coni pasticcione e degli atleti fannulloni, ma sua. Tutta sua e di Giuseppe Conte, perfetto per raccogliere il testimone delle responsabilità in questa staffetta lanciata verso il ridicolo.La vicenda è surreale, l'avevamo raccontata due settimane fa. Sono trascorse invano, con il ministro sempre più olimpico e sempre più immerso nel marasma della crisi di governo, come se il problema riguardasse altri. In questo caso il grande sonno - caratteristica costituente dell'esecutivo giallorosso - è letale quasi quanto la dormita dei velocisti americani Eddie Hart e Rey Robinson, che si svegliarono tardi per le batterie dei 100 piani ai Giochi di Monaco e furono squalificati. Per evitare la figuraccia è necessario che entro domani alle 17 il Consiglio dei ministri vari un decreto legge per ribadire l'autonomia del Coni dalla politica e ne faccia pervenire copia a Losanna sulla scrivania del presidente del Cio (Comitato olimpico internazionale), il tedesco Thomas Bach, ex campione di fioretto che non aspetta altro che di infilzarci nelle parti molli. La querelle arriva da lontano, dalla riforma dello Sport del 2018 con ministro Giancarlo Giorgetti e con la creazione della società Sport&Salute in affiancamento al Coni, con trasferimento di parte delle prerogative. Per completare la riforma sarebbe stato necessario lo scorporo di funzioni obbligate del Coni, pianta organica e asset, per creare un distinguo fra una società di emanazione governativa e quella storica, autonoma dai ministeri, plus necessario per avere il patentino di indipendenza ritenuto indispensabile dal Cio. Nell'estate 2019 il governo Conte 1 lasciò il posto al Conte 2, ma in un anno e mezzo - e con i Giochi pure rinviati di un anno per il virus cinese - il ministro Spadafora non ha avuto né voglia, né tempo di aprire il dossier e di risolvere la questione che adesso si ripropone con il codice rosso dell'urgenza assoluta. Domani pomeriggio a Losanna il Cio si riunisce per valutare il caso Italia, e se non arriverà il decreto, arriveranno le sanzioni. Niente bandiera nazionale, niente inno, gli atleti qualificati potranno partecipare solo sotto le insegne del Cio. Saremo trattati come la Russia di Vladimir Putin (ma in quel caso si tratta di squalifica per doping di Stato) e la Bielorussia di Alexander Lukashenko (accusata di avere intimidito gli atleti). L'Italia che ha sempre partecipato ai Giochi, anche a quelli di Mosca bypassando l'embargo internazionale per l'invasione dell'Afghanistan; l'Italia che nella sua storia ha il sesto palmarès assoluto di medaglie, sarà trattata da appestata. Non per mancanze sportive o condanne internazionali ma per incapacità politica.Secondo il presidente del Coni, Giovanni Malagò, il Cio avrebbe già deciso. «Siamo in una situazione drammatica, sportivamente parlando. La carta olimpica vieta a qualsiasi comitato olimpico di operare per tramite del governo. E invece attualmente la società Sport&Salute è il braccio operativo del governo. Ci siamo ridotti così perché questa società, diventata emanazione dell'esecutivo, non ha scorporato le funzioni obbligate del Coni». Malagò ha scandito quello che nelle ultime settimane è diventato un tormentone in un'audizione alla Camera davanti alle commissioni Cultura e istruzione-lavoro. Ora si attende che lo stellone mandi un segno. L'esecutivo del Cio a Losanna sarà l'ultimo perché il presidente Bach scade a marzo e seguiranno elezioni. È possibile che si cerchi la scappatoia condivisa che consiste in sanzioni sub judice, con l'intenzione di rivederle in prossimità delle Olimpiadi di Tokyo quando il decreto legge sarà vivaddio concretizzato.Resta un forte senso di vergogna, per nulla mitigato dalla notizia che due mesi fa Spadafora aveva inviato al Cio una lettera (scritta in italiano) per rassicurare che «la riforma non lede in nessun modo l'autonomia organizzativa e gestionale del Coni». Accompagnata dalla frase: «Il Coni però deve riconoscere che, come succede in tanti altri Paesi, tocca allo Stato promuovere le politiche sportive soprattutto di base». Una sottolineatura doverosa che a Losanna è stata interpretata come un invito a non mettere il naso nelle vicende nazionali. Il passaggio non ha messo di buonumore i mandarini dello sport mondiale. Soprattutto dopo quattro lettere di sollecito andate a vuoto.Le vittime principali di questo pasticcio sono gli atleti. Quelli delle gare individuali avranno l'ombrello del Cio ma quelli delle gare a squadre - non potendo rappresentare direttamente il loro Paese - rischiano di rimanere fuori anche se qualificati. Allertata già tempo fa proprio lady Pellegrini, nostra signora delle piscine, disse: «Senza patria, senza inno è troppo strano, assurdo. Non so più neppure se ha senso andare, se ha senso allenarsi». Per il ministro Spadafora sì, così scappa più in fretta.