2024-11-06
Lufthansa fa la furbetta e tira sul prezzo per Ita. Il Mef è pronto a rompere
I tedeschi chiedono uno sconto di almeno 50 milioni (che potrebbero diventare 200) per clausole sui valori di bilancio. Il Tesoro non cede. C’è tempo fino all’11 per trattare.Se lo stallo continua, il dossier sarà consegnato al commissario che potrebbe sfruttarlo per favorire il Green deal. L’interlocuzione con Aponte non si è comunque mai interrotta.Lo speciale contiene due articoli.Può un affare da quasi un miliardo di euro, combinato da circa due anni, e passato attraverso le turbolenze dei cieli dell’Antitrust europeo e i vuoti d’aria provocati dalla concorrenza ai limiti della correttezza delle altre compagnie aeree, saltare per un tira e molla su una decina di milioni? È questa la domanda che un po’ tutti si sono posti nella giornata di ieri mentre emergevano i dettagli dell’inatteso stop all’operazione tra Lufthansa e Ita, data ormai per fatta. La notizia di una brusca frenata nella conclusione dell’affare è stata riportata in mattina dal sito del Corriere della Sera e in realtà stava covando già da qualche giorno. Da quando i vertici del Mef (che controlla il 100% di Ita) e della compagnia nata dalle ceneri di Alitalia hanno capito che dal lato tedesco stavano nascendo delle resistenze. Nessun problema sul pagamento della prima tranche, quella da 325 milioni per il 41% del gruppo, il punto del contendere sono gli altri versamenti, quelli successivi. In particolare gli ulteriori 325 milioni (più 100 al raggiungimento di determinati risultati) per l’altro 49%, che, considerando la stima di 79 milioni per il residuo 10%, porta a una valutazione complessiva (nel migliore dei casi) di 879 milioni per l’asset Ita. Secondo Lufthansa, infatti, la compagnia italiana in questi mesi avrebbe perso valore rispetto al momento della chiusura dell’accordo e quindi in virtù dei cosiddetti price adjustment che vengono inseriti con una certa frequenza negli accordi industriali il prezzo si sarebbe ridotto. Nel contratto sarebbero infatti previsti dei covenant che prevedono che la compagnia aerea italiana mantenga determinati valori di cassa. Il punto è che secondo fonti vicine al dossier buona parte di quella cassa sarebbe stata investita per l’acquisto dei nuovi aerei, in accordo con la stessa Lufthansa che adesso però proprio in virtù di quegli ammanchi chiede uno «sconto» sul prezzo pattuito. Insomma si sarebbe entrati in un cortocircuito che riguarda anche la differenza tra le valutazioni. Per tutta la giornata sono girate voci che parlavano di differenze non superiori ai dieci milioni di euro e che in effetti sembravano davvero irrisorie per far saltare un affare del genere. In realtà sembra che il gap da colmare sia ben superiore e arrivi almeno a 50 milioni che però a seconda di come si interpretano i covenant potrebbero essere molti di più. C’è chi si spinge a ipotizzare una cifra vicina ai 200 milioni. Cifra probabilmente esagerata che però fa capire come la situazione sia davvero seria e che l’affare corra sul serio il rischio di saltare. Anche perché la posizione del Tesoro e del ministro Giancarlo Giorgetti appare alquanto rigida. Le controparti di Lufthansa ritengono che in questi mesi la compagnia abbia guadagnato valore e di conseguenza qualsiasi valutazione inferiore rispetto a quella pattuita nel 2023 vada respinta al mittente. Non solo. Perché, il mercato italiano è visto in grande crescita e può rappresentare per il colosso tedesco un’opportunità unica di espansione di rotte e passeggeri. Il prezzo concordato nel 2023 era già considerato a «sconto», perché chiedere uno «sconto» ulteriore adesso? E veniamo alla trattativa. Ci sono margini per ricucire? Certo. E il primo margine è garantito dal tempo. Poco meno di sette giorni, fino all’11 di novembre, per mettere la firma di tutte le parti sotto agli accordi sui remedies chiesti da Bruxelles, che entro l’11 appunto devono arrivare all’Antitrust dell’Ue. Giusto per capire, Lufthansa, la stessa Ita e tutti i vettori rivali che hanno avuto accesso agli slot lasciati liberi dai due gruppi (si parte da EasyJet e si arriva fino a Air France e Iag) hanno firmato il pacchetto di «rimedi» indispensabili per suggellare il matrimonio italo-tedesco, manca soltanto la firma del Tesoro italiano. Che come detto mantiene una posizione rigida. Anche se Giorgetti, ieri a Bruxelles, ha parlato di lavori «in progress», l’impressione e che il Mef non abbia nessuna intenzione di tornare sui suoi passi.Dal canto suo, Lufthansa si è limitata a dire che «sta rispettando l’accordo del 2023 con il Mef per l’acquisizione del 41% di Ita Airways» e di aver firmato «il necessario pacchetto di misure correttive entro la scadenza concordata». Volontà di smussare gli angoli o semplice tattica negoziale? Difficile da dire. Certo che se l’affare saltasse adesso sarebbe davvero clamoroso. E difficilmente spiegabile. A meno che dietro alle nubi che si vedono ora non sia già pronto un nuovo cavaliere bianco pronto all’ennesimo tentativo di salvataggio della compagnia nata dalle ceneri di Alitalia e che da Alitalia ha certamente ereditato l’abitudine a traiettorie a sorprese e a continui colpi di scena.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ita-lufthansa-2669620428.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-rischio-e-finire-in-mano-alla-ribera" data-post-id="2669620428" data-published-at="1730885145" data-use-pagination="False"> Il rischio è finire in mano alla Ribera L’ecumenico Giancarlo Giorgetti si è incazzato. Almeno così racconta chi ieri ha frequentato i corridoi del Mef. Risultato: di fronte alle richieste dei tedeschi di Lufthansa di escutere il «covenant» - un accordo sui valori di cassa -, si è rifiutato di mandare alla Commissione Ue l’ultimo documento di una lista infinita di documenti che ha impegnato le parti in causa negli ultimi due anni. Attenzione, non si tratta ancora di una rottura definitiva. I vertici di Ita e di Lufthansa hanno riavviato il dialogo e c’è concretamente tempo fino al prossimo 11 novembre. Non è però solo di una questione di soldi, sebbene la cifra sia molto più alta dei 10 milioni citati ieri dalle agenzie di stampa, ma anche di strategie. Rispettare il vincolo dei tedeschi significherebbe non spendere denaro per opzionare nuovi velivoli (che per giunta diventerebbero tedeschi) e quindi finire in fondo alla lista dei clienti di Airbus. Un doppio danno, insomma. La scelta sarebbe dunque se accettare la svalutazione richiesta dai tedeschi a fronte di un’azienda che ha usato la cassa in aumento per fare investimenti o rischiare di scivolare oltre la data del fatidico 11 con una serie di rischi e conseguenze. andare oltre la data infatti potrebbe comportare un importante ritardo nei tempi e finire con lo slittamento di commissario. L’insediamento della sostituta di Margrethe Vestager richiederà non certo settimane ma almeno un paio di mesi. Sarebbe come mettere sabbia nel motore di Ita che invece ha dimostrato di muoversi bene se lasciata in pace. Più sta lontano dalla politica meglio. Vale non solo per Roma, Anche per Bruxelles. Il parto Ita-Lufthansa è stato travagliato. Bastoni tra le ruote sono arrivati da più parti. Da un lato dai francesi che hanno sempre avuto interesse a ritardare l’operazione per impattare negativamente sulle mosse della coppia Iberia-British. Sappiamo tutti quanto l’antitrust a matrice Vestager fosse vicino ai desiderata di Parigi. Adesso però ci incamminiamo su un sentiero sconosciuto. Il ministro Teresa Ribera ha portato a casa la vicepresidenza esecutiva, la delega al Green deal (senza un pezzo di agroalimentare che è finito agli ungheresi) ma con l’aggiunta dell’Antitrust. Tradotto, da domani chi vuole fare affari non dovrà più viaggiare tra Bruxelles e Parigi ma tra la capitale belga e Madrid. Una svolta non da poco. Che da un lato dovrà allarmarci (la Ribera è pro transizione green e anti nuclearista) ma dall’altro potrebbe facilitarci. Le tensioni industriali e finanziarie tra Italia e Francia non dovrebbero riproporsi con gli spagnoli. Con i quali abbiamo, al contrario, una tradizione di accordi o almeno di tentate partnership. Il pericolo, però, è che la Spagna sfrutti i due dossier i maniera incrociata e a fini politici. D’altronde non sarebbe la prima volta. Da un lato il Green deal e dall’altro l’Antitrust. Soprattutto se malauguratamente dovesse sfumare l’operazione con Lufthansa e dovessimo assistere a un revival con il grande gruppo della logistica che fa capo a Gianluigi Aponte. All’inizio del febbraio scorso, il quotidiano La Repubblica aveva riferito di un incontro tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ed il presidente e fondatore di Msc, Gianluigi Aponte, organizzato per discutere dell’ingresso di Msc in Italo, ma anche per esaminare un possibile rientro del gruppo di Aponte nella partita per la privatizzazione di Ita airways. La compagnia di navigazione aveva subito smentito, ma secondo Nova, il dialogo sarebbe proseguito, prendendo in considerazione soprattutto l’ipotesi di un mancato assenso di Bruxelles all’acquisizione della compagnia italiana da parte di Lufthansa. Siamo a maggio, poco prima dell’estate. E ai lanci dell’agenzia specializzata sul Mediterraneo non sono seguite smentite. Più che mai ora, in caso di naufragio con i tedeschi, Msc potrebbe tornare utile a sbloccare la situazione. Con un elemento di estrema delicatezza che ci riporta nelle mani della Ribera. Msc è una società extracomunitaria perché ha sede in Svizzera. E come tale sarà considerata da Burxelles.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.