2022-04-27
Sull’invio di armi all’Ucraina Berlino cede al pressing. Ora si passa a quelle pesanti
Il ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov, a sinistra, saluta l’omologo lituano, Arvydas Anusauskas (Ansa)
Il vertice di Ramstein convince i tedeschi a spedire i blindati Gepard. Pure un’azienda privata offre i tank e l’addestramento. E Lorenzo Guerini garantisce: «Roma farà la sua parte».Malumori nel Pd e nella Lega. No esplicito del M5s ad aiuti «che non siano difensivi».Lo speciale contiene due articoli.L’hanno chiamata «Lega per l’Ucraina». È l’etichetta marziale, quasi fumettistica, coniata per il «Gruppo di consultazione per il supporto all’Ucraina». Ossia, il vertice, svoltosi ieri alla base militare americana di Ramstein, tra i ministri della Difesa di 40 Paesi. Si tratta dei 30 dell’Alleanza atlantica e di altri dieci non Nato: alcuni, come il Giappone, più risolutamente antirussi; altri, come Israele, Tunisia, Qatar e Kenya, più prudenti. Per l’Italia, era presente Lorenzo Guerini.La scelta di radunarsi sul territorio tedesco non dev’essere stata casuale, visto che la Germania, negli ultimi giorni, è stata oggetto di fortissime pressioni mediatiche e politiche, affinché abbandonasse ogni titubanza in questo conflitto per procura contro la Russia. Alla fine, Berlino ha ceduto: il ministro della Difesa, Cristine Lambrecht, già in mattinata aveva annunciato il via libera all’invio di 50 blindati Gepard alla resistenza. Si tratta di mezzi semoventi antiaerei: cingolati sui quali è montata una torretta con cannoni da 35 millimetri Oerlikon, dotati di un radar per la ricerca del bersaglio e di uno per il tiro. In aggiunta, l’azienda tedesca di armi Rheinmetall ha offerto a Kiev 88 carri Leopard 1A5, 20 Leopard 2, fiore all’occhiello della Bundeswehr, impiegati dalla Turchia nella guerra siriana, e 100 Marder, veicoli da combattimento adatti alla fanteria. Adesso, la palla passa al ministro dell’Economia, Robert Habeck, che deve offrire una sorta di visto finanziario e che sarebbe favorevole alla spedizione. I media attribuiscono ancora delle riserve al cancelliere socialdemocratico, Olaf Scholz, bersagliato dalla stampa per i legami del suo partito con Mosca. A cominciare da quelli, mai rinnegati, del predecessore Gerhard Schröder: capo del consorzio Nord stream, presidente di Rosneft, società russa di gas e petrolio, l’ex capo del governo non ha intenzione di mollare gli incarichi. La spedizione dei blindati della Rheinmetall, tra l’altro, coinvolgerebbe la Svizzera e l’Italia, dove si trovano ora i panzer. La ditta, intanto, si è fatta avanti anche per addestrare l’equipaggio dei carri in Germania e per fornire pezzi di ricambio, basi di servizio e munizioni. Un orientamento avallato direttamente dalla Lambrecht: «Lavoriamo insieme ai nostri amici americani», ha dichiarato la titolare della Difesa, «nell’addestramento di truppe ucraine ai sistemi di artiglieria su suolo tedesco».Berlino baratta il gas con le armi? Il fatto che, già tre giorni fa, il segretario Usa al Tesoro, Janet Yellen, abbia definito «controproducente» l’embargo al metano russo, autorizza a pensare che i teutonici stiano scegliendo il male minore. Di sicuro, la loro svolta contribuisce a definire l’atmosfera delineatasi a Ramstein, dove è stata inaugurata la prossima fase della guerra a Vladimir Putin per interposti ucraini. Un passo in più verso l’escalation, consacrato dal discorso del numero uno del Pentagono, Lloyd Austin: «Siamo qui riuniti per aiutare l’Ucraina a vincere la guerra» e «possiamo fare di più». In particolare, gli Stati Uniti, ha promesso il segretario alla Difesa, «continueranno a muovere mari e monti per poter soddisfare le esigenze di Kiev». Tramite il ministro Oleksiy Reznikov, il Paese invaso dovrebbe aver presentato, appunto, la lista dei desiderata bellici. Il legato di Volodymyr Zelensky sostiene che «ogni tranche di assistenza militare ci avvicina alla pace in Europa». L’impressione, però, è che l’anglosfera si stia servendo dell’Ucraina per condurre una guerra d’attrito nel Donbass, il cui scopo ultimo, ormai confermato pure da Washington, è mettere in ginocchio la Russia. Così, la nuova parola d’ordine è armi pesanti. E la nuova strategia, archiviato il proposito di portare alle trattative un Putin più fiacco, è sconfiggere Mosca: «L’Ucraina crede di poter vincere la guerra e a questo crediamo anche tutti noi», ha incalzato Austin. Il quale, paragonando la resistenza di Kiev a quella degli europei contro il nazismo, ha spiegato che solo lo zar, sorpreso dal sostegno mondiale agli assediati, «può decidere una de-escalation», ponendo fine all’«invasione malvagia». Il Cremlino, conseguentemente, dovrebbe rinunciare alla «retorica pericolosa e inutile» sul ricorso alle testate atomiche. Le provocazioni sono un’esclusiva occidentale? Parrebbe: mentre il segretario di Stato, Antony Blinken, apriva alla neutralità di Kiev, Austin sottolineava che, quanto all’ipotesi di un ingresso della nazione nella Nato, i partner manterranno «il principio delle porte aperte». Secondo il capo del Pentagono, il vertice di Ramstein è destinato a diventare «un gruppo di contatto mensile»; giusto per essere sicuri che gli alleati si lancino nella spirale bellicista. E Roma? Caduta Berlino, si accoderà? Guerini ieri ha parlato di una «riunione importante per coordinare gli aiuti» e di un «nuovo invio di equipaggiamenti militari», della stessa natura di quello disposto dal precedente decreto interministeriale. «L’Italia continuerà a fare la propria parte sulla base delle indicazioni decise dal Parlamento». Ergo, solo equipaggiamenti difensivi, in base alla promessa con cui è stata venduto il nostro coinvolgimento? Nessun salto di qualità nelle forniture? Verificarlo sarà impossibile: la lista è secretata. Da noi le bombe sono come la polvere: si nascondono sotto al tappeto. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/invio-armi-ucraina-berlino-cede-2657220189.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-falco-bojo-fa-arrabbiare-i-partiti-ma-per-ora-a-dirlo-ce-solo-giuseppi" data-post-id="2657220189" data-published-at="1651020582" data-use-pagination="False"> Il falco BoJo fa arrabbiare i partiti ma per ora a dirlo c’è solo Giuseppi Boris Johnson considera «interamente legittimo» l’uso di armi fornite dall’Occidente all’Ucraina per colpire in profondità le linee di rifornimento di Mosca in territorio russo; Mosca risponde che potrebbe ritenere altrettanto legittimo prendere di mira in profondità le linee di rifornimento all’Ucraina fin dentro quei Paesi che riforniscono Kiev di armi. L’escalation è spaventosa, si rischia una guerra totale. E cosa fa l’Italia? Fino ad ora, stiamo continuando a fornire armi all’Ucraina in virtù di un provvedimento del governo convertito in legge dal Parlamento all’inizio della guerra. Ma è possibile che nessun partito, tranne il M5s e Alternativa, si ponga il problema di un quadro della situazione che rischia di degenerare fino a un punto di non ritorno? «La linea di Johnson», dice alla Verità un esponente di primissimo piano del Pd, «non è certamente la nostra. Il nostro segretario, Enrico Letta, si è spinto molto in là all’inizio del conflitto, quando ha visto che Mario Draghi era incerto, e questo ci è costato anche un calo nei sondaggi, ma non è immaginabile seguire il Regno Unito in questo genere di atteggiamenti. Del resto, anche Francia e Germania sono distanti da questa linea». «Il governo italiano», ci spiega un autorevole rappresentante dell’esecutivo, «non ha assolutamente questa posizione. Neanche il presidente americano, Joe Biden, che pure è stato molto duro, è mai arrivato a tanto. Johnson si distingue spesso per i suoi atteggiamenti iper aggressivi, ma l’Italia continuerà a muoversi all’interno dell’Unione europea e della Nato. Il rischio di una escalation è altissimo», aggiunge la nostra fonte, «e in ogni caso se ci fossero dei cambiamenti di strategia occorrerebbe richiamare in causa il Parlamento». «Il punto», sottolinea alla Verità un big della Lega, «è che l’invio delle armi in Ucraina è stato deciso in fretta e furia il giorno dopo l’inizio della guerra con una formulazione vaga che consente al governo di fare quello che vuole fino alla fine del 2022. Abbiamo deciso di mandare armi difensive, per qualunque altra cosa bisognerà riconvocare il Parlamento». Dunque, se in tv e sui giornali quasi tutte le forze politiche sembrano allineate e coperte in trincea, i malumori rispetto a quanto vanno proclamando protagonisti internazionali come Boris Johnson cova sotto la cenere e prima o poi è destinato a emergere. Sarebbe inoltre interessante sapere cosa pensa di questa escalation Giorgia Meloni, che fino ad ora ha curato più che altro il suo orticello politico, allineandosi dall’opposizione a ogni tipo di decisione, probabilmente con l’obiettivo di ricevere l’agognata legittimazione a governare da parte di Washington. Intanto torna alla carica Giuseppe Conte, che ha chiesto anche al premier, Draghi, e al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, di riferire in Parlamento. Ieri il Movimento 5 stelle ha diffuso una nota in cui si afferma che il Consiglio nazionale ha deliberato all’unanimità «di opporsi all’invio di aiuti militari e di controffensive che possano travalicare le esigenze legate all’esercizio del diritto legittima difesa sancito dall’art. 51 della Carta delle Nazioni unite, che rimane obiettivo primario e ragione giustificativa della reazione in corso». Non solo, il Movimento ritiene «che l’Italia debba promuovere tutti gli sforzi necessari affinché sia contrastato il rischio di un’ulteriore escalation militare e sia invece favorito il rilancio delle negoziazioni diplomatiche, in modo che il conflitto attuale non deflagri in uno scontro militare di proporzioni sempre più vaste e incontrollabili».