2025-11-04
        Invalido torturato da una baby gang. «Botte, sputi e bagno nudo al fiume»
    
 
        La piaga sociale del bullismo, dilagante fra i minorenni (iStock)
    
Torino, notte da incubo per uno studente di 15 anni sequestrato in casa da tre coetanei con precedenti. La madre della vittima: «L’hanno rasato e costretto a gettarsi in acqua». Nella banda anche una maranza.Torino, tra una chiamata al Pronto soccorso e l’altra per gli abusi di alcol nella notte di Halloween (una cinquantina di casi in tutto), ha mostrato anche il suo volto violento: un ragazzo di 15 anni, che la mamma in una lettera di denuncia inviata al Quotidiano piemontese ha indicato come «disabile (per disturbi dell’attenzione e dell’apprendimento, ndr)», sarebbe stato sequestrato e seviziato per ore da tre coetanei, tra i quali una ragazza nata in Italia da genitori nordafricani, che dagli investigatori vengono descritti come contigui o addirittura appartenenti a una «baby gang» già protagonista di atti vandalici e danneggiamenti. Adescato a Moncalieri da uno dei tre, che è un suo compagno di scuola, il quindicenne aveva detto ai genitori che sarebbe uscito per far visita al nonno. E invece è stato convinto a partire per Torino. Il punto d’approdo è un appartamento del centro in cui non c’erano adulti. La madre lo cerca, lo chiama più volte, ma lui non risponde. La donna capisce subito che qualcosa non quadra. E quando riesce a parlargli, il giorno seguente, purtroppo è già tardi. È proprio la mamma a raccontare gran parte della storia sui suoi social, con parole che non lasciano spazio all’immaginazione: «Gli hanno tolto il telefono e hanno bloccato i numeri di noi genitori». Da quel momento il quindicenne sparisce. «L’hanno chiuso in casa». Hanno serrato la porta con una catena. Due ore di isolamento. In un bagno. Senza possibilità di scappare o di chiedere aiuto. «Questi mostri lo hanno torturato picchiandolo», denuncia la mamma, «poi l’hanno minacciato con un cacciavite, lo hanno rasato lasciando ciuffi di capelli e con una lametta e gli hanno rasato le sopracciglia, tutte, facendo dei tagli pure sulla palpebra». Infine gli avrebbero spento una sigaretta sulla caviglia. Parole contenute non solo nella denuncia pubblica, ma anche in quella presentata ai carabinieri di Moncalieri. Che si sono mossi subito, spinti dalla ricostruzione che avrebbero valutato come coerente e credibile. Compresa l’ultima parte, ovvero quella che ha permesso a chi indaga di stringere il perimetro di ricerca dell’appartamento. Perché quando alla vittima è stato permesso di uscire, l’incubo è continuato. Sempre sotto la minaccia del cacciavite i tre avrebbero portato il ragazzino verso il fiume Dora (la vittima ha riferito di aver visto passare un tram, il numero 4, un’indicazione risultata molto utile a chi indaga). Qui gli avrebbero fatto togliere la maglia e l’avrebbero costretto a immergersi a petto nudo. Due di loro (la ragazza avrebbe solo assistito, senza prendere parte alle sevizie), dall’alto di un ponticello, avrebbero cominciato a sputargli addosso. Infine, la doccia ghiacciata: sotto una fontanella, con il getto sulla schiena. L’accanimento sarebbe terminato davanti alla stazione di Porta Nuova, dove finalmente gli sono stati restituiti il cellulare e la libertà. Ma non è finita. I carabinieri, coordinati dal capo della Procura per i minorenni Emma Avezzù, hanno sequestrato gli smartphone ai tre (che dopo poche ore erano già stati identificati). Il sospetto è che sia stato registrato anche un video. Con abusi che l’edizione torinese del Corriere ipotizza come «ben peggiori» rispetto a quelli denunciati dalla mamma della vittima. Un particolare, questo, che gli investigatori non confermano e non smentiscono. Di certo verificheranno se nelle chat dei tre smartphone ci siano tracce riconducibili ai fatti contenuti nella denuncia. Mentre la Avezzù, dal suo ufficio della Procura, ha invitato i tre a «presentarsi spontaneamente, insieme con un avvocato, per raccontare quello che è accaduto». «Perché tutta questa cattiveria verso un ragazzo debole?», si chiede ora la donna, aggiungendo: «Lo hanno adescato facendosi passare per amici e lui era contento. Ringrazio Dio che mio figlio è vivo, ma nel cuore ho tanta rabbia e tanto dolore». I tre avrebbero approfittato non solo delle condizioni di fragilità della vittima ma erano anche in superiorità numerica: tre contro uno. E se quanto denunciato dovesse trovare riscontro ce ne sarebbe abbastanza per riempire di aggravanti le contestazioni ipotizzate che, stando alle indiscrezioni, per ora sarebbero di sequestro di persona e violenza privata. La vicenda, insomma, non appare come una bravata. Soprattutto se dovessero saltare fuori collegamenti con la gang di ragazzini che da qualche tempo tiene in ostaggio Moncalieri, Nichelino (dove due anni fa si è verificata una maxi rissa tra un centinaio di giovani per un regolamento di conti) e Trofarello, tutti comuni della cintura a Sud del capoluogo. Anche in città, però, sarebbero stati registrati degli episodi riconducibili allo stesso gruppo, in particolare a piazza Bengasi. Uno dei tre del gruppo, denuncia la madre della vittima, era in una comunità. E ora la donna si chiede «perché i genitori gli hanno lasciato le chiavi di un alloggio in cui non c’erano adulti». Anche a questi quesiti dovrà rispondere l’inchiesta.
        Valerio de Gioia (Imagoeconomica)
    
        Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)