2025-04-28
«L’errore Ue: Kiev crisi locale è diventata conflitto globale»
Toni Capuozzo: «È incredibile che ci fosse solo il Papa a parlare di pace. La Von der Leyen ha tenuto una linea impossibile sull’integrità territoriale, ora resta fuori dalle trattative». Toni Capuozzo, scrittore, giornalista, inviato di guerra, ha appena firmato, per Mediaset, un pregiato speciale televisivo dedicato a Papa Francesco: Così normale da essere straordinario. Con lui parliamo del pontefice che fu e che sarà. Ma anche del conflitto in Ucraina, e del 25 aprile perennemente tormentato dalle polemiche politiche.Che effetto ti ha fatto l’ultimo saluto oceanico a papa Francesco?«Annoto che viviamo in un mondo in cui si applaude ai funerali, persino a quelli del Papa. Ed è una cosa che da bambino non mi sarei immaginato. D’altronde penso che i funerali sono un po’ lo specchio del tempo in cui viviamo».Cioè?«Ho visto i potenti in piazza San Pietro, e mi è venuto in mente Nanni Moretti: “Mi si nota di più se vengo o se non vengo?”».Mancava Vladimir Putin.«Avrebbe avuto ragione di partecipare, perché Bergoglio l’ha incontrato tre volte. È stato un Papa che ha avuto atteggiamenti di apertura nei confronti della Chiesa ortodossa russa».E Zelensky?«Lui, che il Papa non lo sopportava per via delle sue prese di posizione sulla guerra, è accorso a Roma. Mi è sembrata una grande commedia».In Parlamento persino alla commemorazione papale sono volate stoccate incrociate tra i partiti.«Assistiamo alla gara a chi è più “bergogliano”. Tutti a mettere etichette: “Era un Papa di sinistra, no, era un Papa di destra”».Massimo D’Alema lo ha esaltato come papa progressista. E non è stato l’unico a farlo.«Ognuno il Papa lo vede come vuole. Da un punto di vista teologico mi sembra un Papa conservatore, sul piano sociale certamente no. Ma queste sono categorie che appartengono alla politica, non possiamo applicarle al pontefice. È come andare al buffet e mettere nel piatto solo le pietanze che ti piacciono».Netanyahu ha fatto arrivare le condoglianze solo dopo tre giorni.«Se la sono legata al dito, perché il Papa ha detto frasi poco diplomatiche su Gaza. Però andavano dette: cinquantamila morti non sono accettabili come costo di una risposta alla grande ferita del 7 ottobre. Netanyahu si è sentito non compreso. Del resto il rapporto tra cristiani ed ebrei è tormentato da sempre, un nervo scoperto».Qual è stato il messaggio più forte di Francesco?«Dal punto di vista cristiano, il continuo richiamo alla misericordia. Tradotto nel linguaggio di noi laici, è la compassione. In un mondo basato sull’esaltazione del primeggiare, il Papa ha guardato agli sconfitti, ai margini, alla periferia».E le sue incertezze?«Non sono contrario all’aborto, ma al contempo capisco benissimo che il Papa debba fare il suo mestiere. Aveva la colpa - o il merito - di essere molto esplicito su questo tema».Che tipo di Papa servirebbe, con il mondo in fiamme?«Credo che il futuro Papa sarà in continuità con il precedente. Il conclave è molto bergogliano, la maggior parte dei cardinali sono stati nominati da lui».Aspettative?«Non mi sento di fare pronostici. Ma non mi dispiacerebbe il cardinale filippino Tagle. Ha il sapore della novità, è un personaggio».Papa Bergoglio aveva criticato la Nato e l’Occidente per aver «abbaiato» alle porte della Russia.«Aveva ragione, e lo diceva con un linguaggio assai poco gesuitico. Anche Kennedy era pronto a reagire, quando i russi gli piazzarono i missili nel cortile di casa, a Cuba».Intanto la Russia scatena un violento attacco su Kiev proprio mentre la pace sembrava dietro l’angolo.«Se vogliamo la pace, dobbiamo ricordarci di una cosa: non sarà la pace giusta, ma la pace possibile».Cioè?«La pace possibile è quella che inevitabilmente riconosce il dato di fatto: la Russia ha le mani su una parte dell’Ucraina».E la pace giusta?«Se invece vogliamo la pace giusta, dobbiamo accettare il fatto che ci aspettano altri anni di guerra. E probabilmente ad imbracciare il fucile dovrà essere l’Europa, non gli Stati Uniti, che hanno già fatto capire di essere stanchi delle tergiversazioni di Zelensky sulle trattative di pace».Trump dice che Zelensky è un «incendiario», se si impunta sulla Crimea.«È un incendiario lui, e anche la Von der Leyen, quando insiste sulla “integrità territoriale” dell’Ucraina. Che è come dire: andiamo avanti con la guerra. Alternative non ne vedo. Lo chiedo a tutti: come facciamo, altrimenti, a far ritirare i russi?».È stato Putin ad invadere l’Ucraina: oggi dovremmo rinunciare alla giustizia?«Le guerre sono così. Pola, Fiume: era terra italiana o sbaglio? Abbiamo fatto una guerra e l’abbiamo persa, sono diventate Jugoslavia per sempre. Ha sempre funzionato in questo modo: se la guerra ti va male paghi un prezzo. Non puoi perdere al casinò e uscire comunque con il portafoglio gonfio».Che succede se la guerra in Ucraina prosegue?«Succede che tra sei mesi l’Ucraina avrà perso ancor più territorio. E di fronte avremo solo la meravigliosa prospettiva di imbarcarci in una guerra mondiale».Vedi questa possibilità?«Certo, possiamo fare la guerra mondiale per l’Ucraina, e ci sono mille ragioni per farla. Potevamo fare la guerra mondiale anche per tanti altri luoghi al mondo, teatri di ingiustizie: Ruanda, Somalia, Libia, Iraq. Le occasioni non mancano».E allora?«Se noi pensiamo che il destino dell’umanità si gioca in un posto che si chiama Donbass, e che non conoscevamo fino a cinque anni fa, abbiamo facoltà di fare la guerra totale. Ma prima chiediamoci se ne vale la pena».Però?«Però è sorprendente che a decidere su queste enormità sia Kaja Kallas, che rappresenta la politica europea, quando è stata eletta da un collegio di neanche un milione di elettori».Von der Leyen insiste sul riarmo. I prestiti fino a 150 miliardi di euro destinati a rafforzare l’industria della difesa europea verranno approvati da Commissione e Consiglio, scavalcando l’Eurocamera. «Circostanze eccezionali», dicono a Bruxelles.«Questa caparbietà si spiega col fatto che non riescono a fare marcia indietro. Per tre anni ci hanno detto: vittoria o niente. Non hanno mai avuto un piano B. Sono umiliati e schiaffeggiati dalle trattative di pace, avvenute fuori dall’Europa, in Arabia Saudita, un posto dove commissionano l’uccisione di giornalisti. D’altronde l’Europa è considerato un luogo di guerra, e dunque è rimasta fuori dal tavolo».Dunque i vertici europei sono schiacciati sulla linea dura per motivi politici, per salvare la faccia?«Per continuità. Abbiamo trasformato quella che poteva essere una crisi regionale in un casus belli da guerra mondiale. E questa è una chiara testimonianza della pochezza della diplomazia europea. Che fine ha fatto la vecchia arte delle feluche europee? Quale proposta di pace hanno fatto in tre anni? Com’è possibile che l’unico a parlare di pace concretamente sia stato il Papa?».Trump ha davvero intenzione di abbandonare l’Europa a sé stessa?«In parte certi atteggiamenti fanno parte della sua strategia di businessman. Però lui per primo sta esercitando il potere diplomatico. L’Europa invece resta prigioniera dell’ossessione della forza. Dimenticando che l’unica vittoria ottenuta dall’Europa negli ultimi 80 anni è avvenuta senza sparare un colpo, ed è il crollo del Muro di Berlino. Abbattuto non da un colpo di cannone, ma dalla forza della diplomazia e dell’esempio: a Est si sono accorti che all’Ovest si viveva meglio».Dunque?«Alle spalle abbiamo decenni di uso della forza fallimentare, dall’Afghanistan ai Balcani, al Medio Oriente: non è quella la soluzione».I rapporti con la Russia potranno mai tornare alla normalità? «Ci converrebbe. La Russia ha materie prime a noi necessarie, ed è molto più facile tirare Mosca dalla nostra parte che non farne un nemico. E poi il nostro modo di vivere ai russi piace, e non sono agli oligarchi: le vacanze, le belle macchine, il vino buono, persino la democrazia, seppure un po’ scassata».Se si arrivasse alla pace, quale sarà il destino di Zelensky?«Dovrà rispondere al suo popolo degli ultimi due anni di presidenza, fatta di morti inutili. Aveva detto che sono pronti a combattere fino all’ultimo ucraino, ma oggi il terzultimo ucraino comincia ad avere dei dubbi».Dopo 80 anni, in Italia ancora polemiche sul 25 aprile.«Un’altra occasione persa per arrivare a una memoria non dico condivisa, ma perlomeno una memoria in cui si rispettino i lutti e le conquiste di cui oggi godiamo tutti».La sinistra si è appropriata di una festa nazionale?«Può darsi. Ma per me il 25 aprile è anche Cefalonia, e gli italiani finiti nei campi di concentramento perché non si arruolarono a Salò. I partiti possono tentare di appropriarsi di un momento collettivo, ma questo non toglie nulla al valore di quella scadenza. Anzi, con più forza va riconquistata, e riconsegnata a una appartenenza collettiva».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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