2024-11-04
«Per la Meloni consensi mai visti»
Bruno Vespa: «Dopo due anni tutti gli indici di gradimento sono ancora favorevoli. Per sanare la giustizia serve il sorteggio secco del Csm. Sangiuliano? Era un rompiscatole per il Pd, che considera la cultura un suo feudo».Chissà se ha invocato Persefone, lui che rivendica con orgoglio l’origine abruzzese, perciò sabina, per la messe di sfide e frutti che gli ha riservato il mese di ottobre. Bruno Vespa ha inaugurato una settimana fa la nuova cantina a Manduria celebrando i suoi dieci anni da vignaiolo. Da 72 ore è in libreria per l’appuntamento annuale con i lettori e con la storia. Stavolta narra «l’idillio fatale che sconvolse il mondo», e cioè quello tra Hitler e Mussolini (edizioni Rai-Libri Mondadori, 336 pagine, 21 euro) facendo emergere in trasparenza e, dunque, guardando all’oggi «il ruolo centrale dell’Italia nella nuova Europa». Ha piazzato di nuovo Porta a Porta, quella che ormai è la «terza Camera», al centro dell’attenzione televisiva. È il solo salotto dove non sono ammesse le maleducazioni e le alterazioni; ci si batte a colpi di fioretto e d’intelletto. Risultato? Il gradimento è granitico: la Rai vince regolarmente la seconda serata. Magari se ne dimentica celebrando i 70 anni di tivù e fa infuriare giustamente Bruno Vespa, che di fronte al caso Boccia-Sangiuliano, per rimarcare di che pasta è fatto e qual è lo stile della casa, ha sussurrato: io l’intervista alla Boccia non l’avrei mai fatta.Ancora un libro che coniuga l’ora e l’allora. Stavolta, col governo di destra, non è più scivoloso evocare Hitler e Mussolini?«Questa mia idea di dividere i libri in due, una parte dedicata alla storia e una all’attualità, risale a moti anni fa. Ho cominciato con la Storia d’Italia da Mussolini a Berlusconi. Riconosco che era più facile in quel libro avvicinarsi alla “cronaca”. Sono appassionato di storia, che tira sicuramente di più della politica. Ho cominciato a occuparmi di Mussolini ben prima che il centrodestra andasse al potere. Avevo già scritto tre libri: Perché l’Italia diventò fascista, Perché l’Italia amò Mussolini che fece molto discutere e Perché Mussolini rovinò l’Italia».L’Italia amò Mussolini? Viene in mente Winston Churchill che disse: ho conosciuto 45 milioni di fascisti e subito dopo 45 milioni di antifascisti…«Churchill fu all’inizio un ammiratore di Mussolini. Peraltro Mussolini detestava Hitler e lo temeva. È una parte del libro assai avvincente; per due terzi del racconto si vede come Mussolini, dopo la questione austriaca, considerasse Hitler pericoloso e molto insidioso e dopo la notte dei lunghi coltelli lo riteneva follemente violento. Disse: è come se io avessi ammazzato Giuseppe Bottai e Dino Grandi che mi sono sempre stati fedeli e amici».Poi però nasce l’asse di ferro.«È stato il tragico errore di Mussolini, in qualche misura necessitato. Mussolini era portato in palmo di mano nelle cancellerie europee; molto cambia con la guerra di Etiopia che, va detto, fu appoggiata anche dagli antifascisti. Quando ci furono i giorni dell’oro alla patria con le italiane che donavano la fede nuziale ci sono stati senatori della sinistra che hanno dato la medaglietta da senatore. L’Italia alla fine della prima guerra mondiale era stata maltrattata: Francia e Gran Bretagna si erano spartite il mondo, noi eravamo rimasti senza un posto al sole, eravamo un Paese sovrappopolato, avevamo bisogno di risorse. Si deve guardare il mondo con gli occhi di allora, oggi pensare alle colonie ci farebbe rabbrividire, ma allora era ritenuto indispensabile. Mussolini fu spinto verso Hitler dalle sanzioni. Lo disse ai governi occidentali: se mi lasciate solo non mi date scelta, devo rivolgermi a Hitler. Intuiva la pericolosità di questa opzione. C’è quella straordinaria profezia di Margherita Sarfatti che gli disse: “Non faccia la guerra d’Africa, ha tanto da civilizzare in Italia; lei diventerà suddito di Hitler”. Nonostante la loro intimità, dà del lei a Mussolini: donna straordinaria».L’Italia «patriarcale» si trova con due donne capo del governo e capo dell’opposizione. Che giudizio ne da?«A me pare un’occasione eccezionale. Un fatto inedito e assolutamente positivo avere queste due giovani donne al vertice della politica».Giorgia Meloni si dice che sia amata più all’estero che in Italia…«L’Economist notava che Giorgia Meloni ha un consenso doppio rispetto a quello che hanno Emmanuel Macron in Francia e Olaf Scholz in Germania. Non mi era mai capitato di vedere che dopo due anni, peraltro attraversati da un’infinità di problemi, un governo e chi lo guida hanno tutti gli indici di gradimento e di fiducia favorevoli».L’opposizione è particolarmente aggressiva?«L’opposizione fa ciò che deve, capisco assai meno l’atteggiamento dei sindacati. Mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella invita le agenzie di rating a considerare che l’Italia ha tutti i fondamentali economici a posto, Cgil e Uil indicono uno sciopero generale che a me pare più frutto di una posizione che si nega al dialogo che un contrasto motivato ai provvedimenti».Elly Schlein ha il vecchio vizio del Partito democratico: non vince le elezioni, ma vuole governare? Ha perso in Liguria ma rivendica il primato: sembra Pier Luigi Bersani…«La Schlein, a parte in Emilia-Romagna, non ha mai governato e non ha il complesso del Pd che pur non avendo vinto le lezioni voleva governare. Resta emblematica la stagione di Pier Luigi Bersani. È il complesso che il Pd ha mostrato al ministero della Cultura, dove ha ininterrottamente esercitato il potere da quando c’è il ministero. Anche con i governi Berlusconi la cultura era appannaggio del Pd. Poi è arrivato un rompiscatole come Gennaro Sangiuliano e sono andati ai pazzi. Sangiuliano ha fatto errori di ingenuità clamorosi e imperdonabili, ma era un ottimo ministro».Anche lei fa i conti con Donna Augusta (Iannini) che è l’anima della cantina dopo essere stata magistrato e al vertice dell’agenzia della privacy?«La presenza di Augusta è crescente, anzi ora è lei che decide e - sia ben chiaro - con mio forte disappunto! Faceva finta di non occuparsene; quando abbiamo fatto lo spumante ha detto: chiamatelo “Noi tre” e cioè io e i nostri due figli Alessandro e Federico. E alla fine ho fatto un vino bianco di assoluto carattere che si chiama Donna Augusta, anche se lei predilige i rossi». Fa vino per disintossicarsi dalla politica?«Ho cominciato a scrivere di politica che avevo 18 anni e scrivevo di vino dalla stessa età. Per noi abruzzesi il vino è passione assoluta, ma mai avrei pensato di diventare vignaiolo. Poi alcuni anni fa con altri tre amici capitò l’occasione d’investire in una cantina a Manduria. Chiamai subito Riccardo Cotarella (è il presidente degli enologi mondiali, ndr) per fare un vino…».Esiste un vino di Vespa prima di Vespa Vignaioli? «Sì, esiste. Dopo ci siamo divisi: abbiano venduto bene le nostre quote alla quarta amica, ma nel frattempo mia moglie si era innamorata di Manduria. Abbiamo comprato i primi otto ettari poi, come direbbe Fantozzi, abbiamo tragicamente incontrato la Masseria Li Reni del Cinquecento e lì è cambiato tutto. Augusta ha creato il resort, ha insistito perché facessimo altri vini. Riccardo Cotarella si è espresso al massimo e Manduria è diventata il nostro angolo d’impegno, di felicità, che abbiamo completato con la nuova cantina».La Puglia scelta da Giorgia Meloni per il G7 è in cima alla domanda di turismo. È la strada giusta per il Sud?«Sì, perché abbiamo tanto e possiamo migliorare; più la Puglia jonica, dove siamo noi e dove si stanno facendo investimenti molto importanti. Bisogna stare attenti però all’eccesso di successo come a Gallipoli».Il vino insegna il tempo, che bisogna aspettare, invece pare che i politici siano per il tutto e subito…«Bisognerebbe saper aspettare, anche nelle decisioni. Bisogna affinarsi. Un tempo si faceva la gavetta: nelle sezioni, nei consigli comunali. Ora abbiamo avuto Giuseppe Conte che dalla mattina alla sera è diventato presidente del Consiglio ed è quello che soffre di più ad aver lasciato Palazzo Chigi. Per il momento da quel che succede nei 5 stelle sembra complicato che quella sofferenza abbia fine».Dopo la Liguria tocca a Umbria ed Emilia-Romagna. L’opposizione sperava in un 3 a 0, ci sta che finisca all’opposto?«Per l’Umbria il centrodestra ha buone possibilità di confermarsi, l’Emilia-Romagna è un fortino della sinistra secondo me ancora inespugnabile».Anche con Donatella Tesei, presidente dell’Umbria, hanno agitato un’inchiesta giudiziaria finita nel nulla. Il rapporto politica-magistratura è il primo problema?«Diceva Francesco Cossiga: bisogna sempre ricordarsi che quello della magistratura è un ordine, non un potere. C’è necessità di ritrovare il giusto equilibrio e di restituire al Parlamento la sua sovranità. È senza dubbio la battaglia più importante dei prossimi anni e vediamo se la maggioranza è in grado di varare la riforma che separa le carriere, ma la massima attenzione va posta su quello che sono in grado di fare al Csm sull’elezione dei componenti. Se fanno passare il sorteggio secco allora cambia tutto. Mi disse una volta il primo Luca Palamara, quello che aveva davvero potere: “Se fanno il sorteggio ammazzano le correnti e smantellano il gioco dei poteri all’interno della magistratura”. È il solo modo per dare il giusto spazio a quelle migliaia di magistrati che non sono schierati. Oggi non fai il capo di un ufficio se non ti metti d’accordo con gli altri, sembra quasi un mercato dove si contrattano le promozioni e gli incarichi. Il conflitto magistratura-politica credo si risolverebbe per questa via».
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.