2025-11-03
Alberto Stefani: «Il welfare dovrà spostarsi sempre più a livello territoriale»
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
Il leghista in corsa per il Veneto: «È vero, qui mancano lavoratori, ma serve formazione tecnica, non immigrazione incontrollata».Alberto Stefani, vicesegretario federale della Lega. Due legislature da parlamentare all’attivo. Nonostante la giovane età, già sindaco di Borgoricco. Candidato presidente alla Regione Veneto. E vuol parlare solo di questo. Niente politica. Niente polemiche. Niente Vannacci. Ho capito bene?«Mi occupo della mia Regione perché prendo sul serio il compito che mi è stato assegnato. E mi prefiggo di farlo al meglio. Non è disimpegno: semplicemente non voglio lasciarmi distrarre. Tutto qua».Allora mettiamola in questo modo. Non è una sfida impossibile vincere in Veneto dove le percentuali per il centrodestra - in generale - e per la Lega - in particolare- sono quasi bulgare. Diciamo che ha tutto da perdere in una sfida come questa o no?«L’obiettivo non è che io vinca o perda per me stesso o per la nostra coalizione. L’obiettivo semmai è un altro: far vincere il Veneto e i veneti, che sono i protagonisti di questa sfida. Noi, ovviamente, facciamo la nostra parte. Ci presentiamo con un programma vasto, serio, lungimirante, di qualità. Che fa i conti con la realtà, con il presente e soprattutto con il futuro. E che abbiamo scritto dopo oltre 2.500 punti di ascolto nelle piazze a partire da febbraio e dopo numerosi confronti con associazioni di categoria e imprese».Mi verrebbe quasi da scriverli con la lettera maiuscola: «Veneti». Vista la sua enfasi. La sua è una campagna molto regionale. Che nell’originario linguaggio della Lega si sarebbe detto «nazionale». Sicuro di riuscire a mantenere questo registro comunicativo fino alle fine?«Direi proprio di sì. È questa la nostra vocazione: mettere le persone e i loro bisogni al primo posto. Come è giusto che sia. Sia chiaro: la nostra è una campagna regionale perché ci candidiamo ad amministrare una Regione. Ecco perché lasciamo agli altri le polemiche. L’ho messo per iscritto e chiesto ai candidati: non cadiamo nelle provocazioni di chi ci vuole dividere, manteniamo un atteggiamento di correttezza e rispetto anche nei confronti di chi non la pensa come noi. Pensiamo al Veneto, ai veneti, al programma che dovremo spiegare ai cittadini. E soprattutto, qualora i veneti decidessero di darci la loro fiducia, a come realizzarlo una volta eletti. Nessuno scende in campo per sé, ma per rappresentare una comunità intera. Che non è composta da buoni o cattivi, da giusti o sbagliati. Ma da cittadini, con idee diverse e pari diritti».Il Veneto è una regione ricca. Operosa. Bene amministrata dopo tre mandati di Zaia. Che noia. Però ci sarà pur sempre qualcosa da migliorare senza che Zaia se ne abbia male. Secondo lei cosa?«Il nostro slogan è “sempre più Veneto”. Rivendica l’orgoglio per l’ottimo lavoro fatto in questi 15 anni e pure la volontà di proseguire lungo un percorso già tracciato. Facendo ovviamente i conti con una società che cambia e con le mutate le esigenze dei cittadini. Per questo abbiamo deciso di mettere al primo posto sociale e sanità. Serve un welfare sempre più territoriale. Non lo dico io, lo dimostrano dati e trend demografici evidenti e già in atto. Passeremo da un 23% di over 65 a un oltre 33% di over 65. È una notizia sicuramente positiva…».Si vive di più…«Sì. Ma nel giro di 20 anni ci saranno una serie di conseguenze. E bisogna prevederle. Serviranno un’urbanistica sostenibile, con quartieri inclusivi, e strutture residenziali per soggetti non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti. Perché le persone con disabilità avranno sempre più bisogno di servizi sociali e sanitari in loco, territoriali. Le Rsa non potranno più essere un punto esterno o peggio estraneo, ma una parte integrante di una comunità. Voglio che attorno a una residenza per anziani ci siano attività per l’invecchiamento attivo, in collaborazione con le associazioni. Non solo, bisogna applicare sempre più la tecnologia e metterla al servizio delle persone e sviluppare la telemedicina. Riassumo così: l’età anziana diventi un'età in cui non si curano soltanto i sintomi fisici, ma anche i bisogni della persona, fisici e psicologici insieme».Veneto regione di imprese. Che però non trovano il personale. Ci vuole più immigrazione?«I dati ancora una volta indicano la strada. Entro il 2030 mancheranno oltre 250.000 lavoratori qualificati nel nostro territorio. Per questo dobbiamo studiare una programmazione adeguata. Partendo da un presupposto di merito: l’immigrazione incontrollata non è la soluzione. Meglio conciliare l'immigrazione regolare, di qualità, che porti nel nostro Paese persone già formate negli Stati d’origine. Pochi lo sanno, ma alcune associazioni di categoria in Veneto ci stanno già lavorando. E poi occorre migliorare la sinergia tra il mondo della formazione tecnica e professionale con il mondo dell’impresa. Altro aspetto: serve un cambio di mentalità, soprattutto presso i giovani e le loro famiglie. La formazione professionale e tecnica non ha nulla da invidiare ai percorsi liceali e universitari. Non tutti per forza devono essere laureati. Anzi. Per contribuire al progresso imprenditoriale di questo territorio, che è un territorio anche e soprattutto manifatturiero, è fondamentale incentivare la formazione tecnica. Ed è possibile realizzarsi come persona e come lavoratore anche sviluppando abilità pratiche, che mettano insieme ingegno, innovazione e manualità. Il nostro Veneto, non a caso, è stato costruito così. Con la testa e anche con le mani».Chiacchierando con gli imprenditori del manifatturiero questa brutta aria che si respira a livello europeo lei la coglie? Perché è un dato di fatto innegabile. Accanto a molti successi di questo governo ci siano molti mesi consecutivi di calo della produzione industriale. Il Green deal è la vera causa, certo. Lei questo calo in Veneto lo vede?«L’Europa dovrebbe essere un alleato strategico e invece è a causa di politiche dissennate che non tengono conto della realtà imprenditoriale dei nostri territori. Un esempio? Il Green deal ha distrutto il comparto automotive e quasi azzerato l’indotto della componentistica. Eppure qui in Veneto artigiani e imprese non chiedono né soldi né sussidi. Chiedono meno regole, più fiducia, meno burocrazia. E, ovviamente, un impulso alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione. Basta ascoltarli. Il governo lo fa, la Regione anche. L’Europa no. Ma non ci arrendiamo. Se i veneti lo vorranno, istituirò, come primo provvedimento, un tavolo antiburocrazia. Funzionerà così: metterò le associazioni di categoria intorno ad un tavolo. Loro ci diranno cosa e come vogliono sburocratizzare, semplificare e tagliare. E noi lo faremo. Non potrebbe essere altrimenti: la politica non deve fare cinema, ma ascoltare e recepire, prima di agire. Altrimenti crea solo confusione o danni peggiori».Ma se arrivasse questo cappero di autonomia differenziata, come cambierebbe la vita del presidente della Regione Veneto, concretamente?«Cambierebbe in meglio anzitutto quella dei veneti. Quando al presidente, sarebbe felice di assumersi maggiori responsabilità su tantissime funzioni. La sfida dell’autonomia differenziata è proprio questa. Poter fare, metterci la faccia e rendere conto. Io poi dico che oltre all’autonomia differenziata dovremo attuare, visto che il nostro Pnrr ci obbliga anche a questo, il federalismo fiscale. E ciò significa che una quota delle tasse pagate dai veneti, resteranno in Veneto. Tutto questo succederà nel 2026».Parliamo di infrastrutture. Si è spesso detto che la Pedemontana è inutile…«Chi lo dice probabilmente non è veneto, altrimenti apprezzerebbe i vantaggi che la Pedemontana ha portato in una zona priva di infrastrutture adeguate. Che è proprio l’area anche di Vicenza-Treviso. Non solo: i collegamenti che si diramano dalla Pedemontana e dalle direttrici minori dimostrano quanto questa sia utile nel connettere altre arterie infrastrutturali. Tutti dovremmo ringraziare l’amministrazione di Zaia sia per quest’opera. Lo ripeto: stiamo parlando di un’infrastruttura strategica per lo sviluppo economico».Sempre a proposito di infrastrutture, la riporto fuori dal Veneto. Che cosa pensa del recente stop al Ponte sullo Stretto imposto dalla Corte dei conti?«Io mi occupo del Veneto. Non di altro. Questo è l’incarico che mi è stato dato e voglio assolverlo fino in fondo».