2019-08-13
Intanto avanza la trattativa tra Cav e Salvini
Oggi il faccia a faccia, ma i pontieri hanno cominciato a lavorare. Il leader leghista, disponibile a candidare una decina di forzisti «non ostili», sa che il blocco di Fi è cruciale per frenare il piano grillo-piddino. Pesano pure i rapporti internazionali dell'ex premier.Il logo è quasi pronto: i grafici di fiducia di Silvio Berlusconi stanno studiando da giorni il modo migliore per inserire nel simbolo di Forza Italia il «Sì» che caratterizzerà il centrodestra nella prossima eventuale campagna elettorale. «L'Italia del Sì» è infatti lo slogan scelto da Matteo Salvini per la corsa a Palazzo Chigi. Stupisce lo stupore con il quale il rinnovato patto tra Berlusconi e Salvini è stato accolto da molti osservatori e addetti ai lavori. Prima di sfiduciare il premier, Giuseppe Conte, il leader della Lega infatti si è accertato che il prevedibile tentativo di formare un governo diverso non potesse contare sui parlamentari berlusconiani. Al centro delle conversazioni tra Berlusconi e Salvini, oltre alle prospettive politiche, anche dettagli non trascurabili. Matteo Salvini ha chiesto a Berlusconi di non ricandidare quei parlamentari che in questi 14 mesi di governo lo hanno ricoperto di insulti e contumelie e quelli che sono in aperto contrasto con quella che sarà la linea del governo di centrodestra, in caso di elezioni anticipate e di vittoria della coalizione. Una lista di 30 nomi, stando a quanto risulta alla Verità, è stata recapitata a Berlusconi, con allegate le dichiarazioni che Salvini giudica indigeribili. Conoscendo il Cav, è prevedibile che una metà li ricandiderà comunque. Conoscendo Salvini, che conosce il Cav, è intuibile che ne abbia indicati 30 per ottenere la non ricandidatura di una quindicina. Dal canto suo, Berlusconi, anche per tranquillizzare i suoi dirigenti più scettici sulla tenuta di questo accordo, chiede a Salvini un impegno politico e programmatico preciso e senza possibilità di interpretazioni.Nomi? Dallo strettissimo riserbo che circonda questa black list, emerge qualche indizio. Difficile ad esempio che Salvini abbia voglia di sentirsi ripetere lezioncine accademiche sulla flat tax da chi lo ha criticato in maniera assai aspra in questi ultimi 14 mesi; men che meno che sia entusiasta all'idea di doversi sorbire sermoni sulla necessità di accogliere con inchini e salamelecchi ogni nave delle Ong che si diriga verso le nostre coste. Tornando all'amico (ritrovato) Silvio, è stato lo stesso Salvini ad annunciare un imminente incontro, forse già oggi, con Berlusconi, che ieri a Palazzo Grazioli ha riunito i big del partito. La rinata centralità politica dell'ex premier, ora europarlamentare, è dovuta a una serie di fattori che non sono sfuggiti al leader del Carroccio. Il primo è il più attuale: un «no» senza se e senza ma di Berlusconi a ogni ipotesi di sostegno all'eventuale ammucchiata grillorenziana (anticipato dal voto con la Lega in conferenza dei capigruppo ieri) rende estremamente difficile trovare i numeri in Parlamento per concretizzare il disegno del partitone del non-voto; in secondo luogo, soprattutto al Sud, c'è un elettorato moderato che continua a vedere di buon occhio il centrodestra classico; aggiungiamo a tutto ciò che il peso politico di Berlusconi non si misura soltanto in termini percentuali, ma è sensibilmente accentuato dal non trascurabile particolare che il Cav resta il proprietario di tre emittenti televisive; ultimo elemento, ma non per importanza, la fitta rete di relazioni internazionali che costituisce probabilmente il più importante patrimonio politico di Silvio, e che può tornare utile in qualunque circostanza.Dall'altro lato, a Berlusconi non conviene assolutamente prestarsi a operazioni trasformistiche, ed è pura fantasia immaginare un sostegno a un governo del non voto che avrebbe come protagonista più importante quel M5s che nei confronto del Caro Leader, in tutti questi anni, ha avuto atteggiamenti di vero e proprio disprezzo, con insulti da taverna (con la t minuscola, ma il concetto è lo stesso anche con la maiuscola). Berlusconi nell'ipotetico governo del «centrodestra del Sì» ritroverebbe quella vitalità politica, con tanto di compagine ministeriale, che sembrava stesse per sfuggirgli di mano appena una settimana, fa, quando Giovanni Toti ha abbandonato Forza Italia. Destino amaro, quello di Toti: dopo aver minacciato l'addio per mesi e mesi, non appena ha ufficializzato il varo del suo nuovo partito, «Cambiamo», sperando di recitare il ruolo di traghettatore dei forzisti più vicini alla linea di Salvini, è stato sorpassato sulla linea «salvinista» proprio da Berlusconi.A proposito di Toti, un capitolo a parte merita il pressing asfissiante al quale, in questi ultimi giorni, è stata sottoposta Mara Carfagna. La vicepresidente della Camera ha assunto una posizione critica rifiutandosi di entrare nel nuovo direttivo nazionale di Forza Italia deciso da Berlusconi lo scorso 1 agosto, subito dopo l'addio del governatore ligure.La Carfagna ha ricevuto molteplici inviti da parte di Matteo Renzi, Luca Lotti, Pier Ferdinando Casini (il recordman delle telefonate) e altri fautori del governo del non-voto per lasciare Forza Italia e sostenere la nuova, eventuale maggioranza grillorenziana, magari arruolando altri parlamentari berlusconiani terrorizzati dalla prospettiva di un ritorno alle urne. L'entourage della Carfagna non nega che la vicepresidente della Camera sia bersagliata da richieste di sostegno a un esecutivo grillorenziano, ma smentisce qualunque ipotesi di un addio al partito. «Mara e i parlamentari a lei vicini, restano fedeli a Berlusconi. Quello che deciderà il presidente andrà bene, comprese le elezioni anticipate e l'accordo politico ed elettorale con Matteo Salvini», dicono le fonti, vicinissime alla Carfagna, interpellate dalla Verità.
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