2024-06-05
Insultavano Cossiga e Leone, però Mattarella è sacro
Sergio Mattarella (Imagoeconomica)
La sacralità del Quirinale invocata in questi giorni è cosa recente. E, soprattutto, si applica solo ai presidenti graditi ai progressisti. Faccio una premessa: nei panni di Claudio Borghi, parlamentare della Lega che ben conosco perché vent’anni fa fu collaboratore di un giornale che dirigevo, non avrei sollecitato le dimissioni di Sergio Mattarella. Non tanto perché sia scandaloso chiederle, ma perché è impossibile ottenerle. È vero che l’onorevole non ha ingiunto di far le valigie al capo dello Stato, ma si è semplicemente interrogato, a proposito della frase in lode della sovranità dell’Europa, se il presidente non avesse sbagliato Repubblica e dunque non fosse il caso che si facesse più in là. Ma a parte questo dettaglio, che certo inquadra meglio la questione, Borghi non poteva ignorare che appena si sfiora il Quirinale si scatena una tempesta. Mario Giordano, su queste pagine, ha già preso in giro i corazzieri in servizio permanente nelle redazioni, i quali sono pronti a glorificare ogni sospiro di Mattarella e a impugnare le penne se qualcuno si permette anche solo di criticarlo. Fa ridere questo asservimento, che qualche volta trasforma la libera stampa in un ufficio stampa. Sebbene esista un reato che punisce il vilipendio del presidente della Repubblica (ne so qualche cosa: per aver parlato degli sprechi del Colle e aver ironizzato sull’urgenza di una cena di gala in Giappone a base di fusillotti che fece ritardare la commemorazione di due militari italiani morti in missione, ho ricevuto due denunce), criticare il capo dello Stato non soltanto dovrebbe essere possibile, ma cosa assolutamente normale.Eppure, non è sempre stato così. Questo cerchio di luce che circonda il presidente della Repubblica, assicurando l’inviolabilità di ogni cosa dica o faccia, è roba recente, cominciata ai tempi di Oscar Luigi Scalfaro (quello dell’«io non ci sto», cioè non ci sto a essere indagato, dichiarazione che chiaramente confligge con l’articolo 3 della Costituzione in cui si sostiene che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge). Prima, come ha scritto Mario Giordano, al capo dello Stato si poteva perfino dare del matto, come accadde con Francesco Cossiga, il quale minacciò di far arrestare dai carabinieri i membri del Csm se avessero deciso di riunirsi per censurare il governo, e fu ricambiato dal Pci e dai giornali che spalleggiavano i comunisti con allusioni e insulti di ogni tipo. A Giovanni Leone andò anche peggio. Non solo fu rappresentato come un pagliaccio in una copertina dell’Espresso, ma la direzione del Partito comunista, a quei tempi presieduta da Enrico Berlinguer, ne chiese ufficialmente le dimissioni, dopo una campagna di stampa che lo riteneva implicato nel caso Lockheed. Il gruppo americano aveva pagato tangenti ai politici di mezzo mondo allo scopo di favorire l’acquisto di aerei militari e in Italia a farne le spese fu il capo dello Stato, nonostante i fatti poi abbiano dimostrato la sua estraneità allo scandalo. Camilla Cederna, maestrina dalla penna rossa che lavorava per l’Espresso, scrisse un libro in cui non solo Giovanni Leone, ma l’intera famiglia, moglie e figli, furono presi di mira e nonostante il Quirinale insistesse per citare in giudizio la giornalista, il Guardasigilli, Francesco Paolo Bonifacio, rifiutò di firmare l’autorizzazione a procedere. Risultato, il presidente della Repubblica, lasciato solo dal suo stesso partito, la Dc, fu costretto a fuggire come un ladro proprio da quelli i cui eredi oggi si indignano se qualcuno si permette non di accusare, ma di criticare alcune opinioni espresse lassù sul Colle.Anche Antonio Segni fu oggetto del trattamento speciale. I soliti giornali, Espresso in testa, insinuarono che stesse preparando un golpe e soltanto la malattia che lo colpì impedì che facesse la fine di Leone, cioè cacciato con ignominia salvo poi essere riabilitato successivamente, quando ormai non contava più nulla. Ecco, quando i compagni hanno incontrato presidenti che non tenevano bordone alla sinistra, li hanno insultati e minacciati senza andare troppo per il sottile. Ma poi è arrivata la stagione nuova, quella con gli Scalfaro, i Napolitano e i Mattarella e la musica è cambiata. Oggi, oltre ai corazzieri, a difendere l’intangibilità quirinalizia c’è una combriccola di giornalisti e politici che ha istituito la sacralità del capo dello Stato al punto che il nostro Paese non sembra più una repubblica ma una monarchia. Del resto, dai canonici sette anni di mandato, già molto lunghi, siamo passati a 14, un periodo che abbraccia addirittura quattro legislature. Non siamo alla regina Elisabetta, ma con Mattarella ci avviciniamo. Più che nel Regno Unito siamo nel Regno di Sergio.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.