2020-04-14
Lidia Bastianich: «Insegno agli americani il valore della cena»
La cuoca istriana, che ha trasmesso la passione al figlio Joe, idolo di «Masterchef»: «Sono molto felice del suo successo, quando ha bisogno di un consiglio o di un piatto di gnocchi ci sono sempre. Ai clienti dei miei ristoranti negli Usa servo genuinità e passione».Lidia Bastianich dice di non poter spiegare come sia riuscita a vincere, negli Stati Uniti, la concorrenza dei ristoratori americani. «Sarebbe una storia troppo lunga da raccontare in uno spazio tanto piccolo», sostiene la cuoca, nata a Pola al tempo in cui l'Istria, ancora, era cosa italiana e migrata in America, bambina con sogni grandi e belli. «Il secondo Dopoguerra lo ricordo come un periodo brutto, in Italia. Io e la mia famiglia ci siamo trovati nel campo profughi di San Sabba, a Trieste. Siamo rimasti lì due anni prima che si presentasse l'opportunità di migrare oltreoceano», spiega Lidia Bastianich, arrivata a Ellis Island nel 1958, appena dodicenne. «I miei genitori hanno cercato di dare a me e ai miei fratelli un futuro migliore e in America ci siamo sentiti i benvenuti. Lì, ho avuto molte opportunità di crescita, personali e professionali». Opportunità che, nel 1971, hanno portato la Bastianich ad aprire il suo primo ristorante. Allora, c'era il Queens, e un locale chiamato Buonavia. I piatti, allora, erano pochi, scelti per lo più tra quelli più in voga nelle cucine degli italoamericani. Ma, tra quelle mura alla periferia di New York, dove un bel giorno s'è fatta largo la tradizione gastronomica dell'Istria, Lidia Bastianich ha realizzato il suo sogno.Al Buonavia, è seguito il Villa Secondo. Poi, nel 1981, il Felidia, sorto nel mezzo di Manhattan e resistito al tempo e alle mode.Il Felidia ha festeggiato i suoi primi 40 anni di attività. Qual è la chiave del suo successo?«Credo che la chiave del nostro successo sia stata la passione, la genuinità, la voglia di proporre un cibo vero, fatto con amore. Questo ha dato modo ai nostri clienti di costruire con noi un rapporto di fiducia, convincendoli a seguirci ancora e ancora».La notorietà, sua e di suo figlio, Joe Bastianich, ha avuto qualche risvolto pratico sulle vostre attività imprenditoriali?«Direi che ha aiutato, sì. Ma siamo entrambi convinti che senza un solido punto di partenza, tanta passione e duro lavoro la notorietà non sia sufficiente. Oggi il marketing e la comunicazione sono essenziali per il successo di qualsiasi business, quindi ovviamente la nostra presenza sugli schermi tv è un valore aggiunto, ma da soli non bastano».Giovedì sera su Sky Uno alle 21.15 ci sarà la finale di Family food fight, gioco culinario in cui è giudice, che verte attorno ai piatti della tradizione. Ce n'è uno al quale è particolarmente legata?«La mia vita professionale, come quella personale, è fortemente legata alle ricette di ogni zona, di ogni regione. Forse, però, il piatto che faccio più spesso sono gli spaghetti con le vongole, anche se le pietanze della mia infanzia, della mia terra, come la jota o la brovada, sono ancora ben presenti nella mia cucina».Come ha vissuto le scelte professionali di Joe e la fama che ne è derivata?«È sempre un grande piacere vedere il proprio figlio crescere e sviluppare i propri talenti nel business e farne un successo. Quando ha bisogno di consigli, o di un bel piatto di gnocchi, io per lui ci sono sempre».Al netto della tv di intrattenimento, quanto è importante lo studio per diventare una buona cuoca?«Studiare tanto e fare la gavetta è fondamentale: dalla scuola alle prime esperienze professionali, il lavoro è ciò che conta. Poi, viene il viaggio: restare curiosi, sporcarsi le mani, sperimentare. Bisogna fare quante più esperienze possibili».I grandi chef, mediaticamente, sono sempre più esposti e così le preparazioni «gourmet». Esiste il rischio che per moda vengano seguite cose più arzigogolate a discapito della semplicità?«Ognuno deve scegliere la propria strada: che sia legata alla tradizione o alla cucina molecolare, ciò che conta è che sia sentita come propria. Esiste, ovviamente, una costante ricerca del nuovo. Una ricerca portata avanti da parte del pubblico, dalla stampa. Ma ogni proposta a mio avviso è valida».Oggi, il cibo ha una forte valenza politica: si parla di sprechi, di diete più e meno etiche. Da ristoratrice, come si rapporta con tutto questo?«Credo che gli chef, così come i giornalisti, abbiano una grande responsabilità. Devono essere i primi portavoce della necessità di non sprecare, di rispettare l'ambiente che ci nutre».Esistono, tra l'olio di palma e i grassi saturi, alcuni cibi che davvero non andrebbero consumati?«Quel che credo è che vada rispettata la natura, nel suo ciclo vitale. In vista della continuazione delle specie, che si tratti di carne animali, di pesce, di api o di verdure, dobbiamo fare in modo che non si arrivi all'estinzione».L'evoluzione dei modelli estetici verso la perfezione (dobbiamo essere tutti magri e belli) come ha cambiato la richiesta dei suoi clienti?«Dobbiamo essere tutti sani, felici e, soprattutto, avere una pace interiore. Credo che certe “regole" della società non siano da ascoltare alla lettera. Bisogna, invece, saper ascoltare noi stessi e ciò che, davvero, ci fa stare bene».Quel che passa, attraverso il filtro della tv italiana, è che in America non esista tanto il culto della tavola, del riunirsi tutti per cena. Come cambia il rapporto con quel che si mangia in Italia e negli Usa?«È vero, in America non esiste il momento della cena, inteso come momento di condivisione intorno al tavolo. L'America è fatta di tante culture e tradizioni e ognuna ha i suoi usi legati al cibo e spesso diversi modi di mangiare. Però negli ultimi anni si sta notando un sempre crescente avvicinamento da parte degli americani alla tradizione - tutta italiana - di sedersi intorno a un tavolo e mangiare insieme, con la famiglia. Non è un caso che il mio show di cucina italiana, Lidia's italian kitchen, come cucinarla e come condividerla all'italiana, sia in onda in tutta l'America da ormai 20 anni».Nel corso degli anni, ha cucinato per diverse persone famose, da Sophia Loren a Elton John. Cos'ha cucinato per loro?«La regola è sempre stata una: cucinare con semplicità, cercando di fare una cucina stagionale che potesse riflettere, con quanta più attenzione possibile, la personalità di chi si è seduto alla mia tavola. Ho fatto così con Elton John con i ragazzi del Volo e Sophia Loren, con Gina Lollobrigida, Matteo Renzi, Sergio Mattarella e Billy Joel».Sophia Loren è la perfetta incarnazione della donna mediterranea. Come l'ha approcciata?«Ho sempre amato Sophia Loren, attrice eccezionale e, soprattutto, vera donna italiana. Ho avuto la possibilità di cucinare per lei, in occasione del suo ottantesimo compleanno. Eravamo in otto, lei era a San Francisco a casa di un'amica comune. Appena arrivata, sono andata nell'orto di questa villa meravigliosa, ho raccolto delle verdure freschissime e ci ho fatto un risotto: tutto improvvisato al momento, ma è stata un'esperienza indimenticabile».