2021-09-11
La tentazione dei governi: imporre nuovi lockdown e così congelare i consumi
Salgono i prezzi dal gas alla pasta. Se l'inflazione si infiamma prima che riparta la ripresa, il rischio è la povertà. Chiudere fermerebbe il trend ma sarebbe folle. La fine dei lockdown imposti nel Vecchio Continente e in diverse nazioni sparse per il globo ha visto una fortissimo rilancio della domanda di consumi, unito a una logistica ormai piena di colli di bottiglia e spesso boicottata volutamente da alcuni governi. Un caso su tutti la Cina, che alla prima avvisaglia di positivi al Covid ferma tutte le attività di una determinata aerea. Guarda caso si tratta sempre di porti. Risultato? Scarseggiano le materie prime, i prezzi salgono e andiamo incontro a un inverno in cui scaldare le abitazioni costerà almeno il doppio rispetto agli scorsi anni. Faremo fatica a trovare microchip per le auto e per i pc, e tutta la filiera dei trasporti dovrà cercare nuove marginalità.A pagare saranno i consumatori finali che sono le vittime primarie dell'ondata inflattiva in arrivo. Il problema si pone per chi ha deciso di ristrutturare casa oppure ordinare una nuova auto. Il rischio concreto è che l'inflazione si abbatta pure su beni di prima necessità come il cibo. «Tra marzo e maggio del prossimo anno non avremo abbastanza grano per fare la pasta», ha dichiarato a un quotidiano nazionale l'amministratore delegato de La Molisana (terzo pastificio italiano per valore) Giuseppe Ferro. «Il cuore del problema è in Canada», ha spiegato sulle colonne del Sole 24 Ore, «che è di gran lunga il primo produttore al mondo di grano duro e che quest'anno ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate anziché le solite 6,5». Ferro afferma che si sta già assistendo a una corsa all'accaparramento: «Nemmeno durante la guerra mancò così tanto grano», ha aggiunto. Il punto è che il grano può essere stoccato per un anno o due, «ma la semola dura solo un mese». L'aumento ricade «su tutti, dai mugnai fino ai consumatori», ha chiosato l'ad. «So che Lidl ha già aumentato il prezzo della pasta di 10 centesimi e mi aspetto che ben prima di Natale», ha concluso, «tutti prevedano aumenti tra i 15 e i 20 centesimi al pacco». Il caso specifico va però sommato a tutta la sfilza di aumenti. I contratti future dell'alluminio in un anno sono passati da circa 1.700 dollari per blocchi da 25 tonnellate a ben 2.800. La percentuale è è ben superiore al 50%. Il gas naturale è raddoppiato. Ma anche l'avena viaggia intorno all'80% e il petrolio è salito del 78%. Non scherza lo zucchero il cui prezzo è cresciuto del 59% e la carne di maiale del 39%. Il grano duro citato dall'ad de La Molisana ha visto il prezzo in meno di un anno schizzare del 60%. Meglio il frumento che - si fa per dire - è salito solo del 27%. A peggiorare la situazione c'è la folle idea di Bruxelles di dettare criteri ambientali insostenibili che stanno causando quello che in gergo si chiama shortage di energia. E purtroppo l'intera filiera delle materie prime è fatta di vasi comunicanti che in questa situazione diventano un circolo vizioso. Caso da letteratura è quello del comparto dell'alimentare refrigerato. La Verità se ne è già occupata la scorsa settimana. La maggior parte dello stoccaggio pre distribuzione avviene in centri che lavorano conto terzi, grandi centri frigo che non vengono considerati energivori. Stoccare la nostra eccellenza alimentare nel fresco e nel freschissimo e nei surgelati costa il 30% in più che nel resto d'Europa. Non solo. La maggior parte dei Paesi Ue, soprattutto Germania, Francia e Spagna, compensano a carico dello Stato i cosiddetti carbon credits, l'Italia no. Il risultato è che le nostre aziende avranno il fiato ancora più corto e soffriranno maggiormente i rincari. Infine, a spingere sulla leva dell'acceleratore dell'inflazione non c'è solo il differenziale tra domanda e offerta, ma anche un aspetto prettamente di politica monetaria. Le grandi nazioni hanno demandato alle proprie banche centrali il compito di inondare le piazze finanziarie e le aziende di enormi masse di liquidità. L'Ue ha varato il Next generation Ue e gli Usa una serie di stimoli da almeno 4.000 miliardi. Il turbo che dovrebbe servire per la ripresa, è bene specificarlo, al di là del deficit commerciale sarà debito. Altro debito pubblico che si somma a quello precedente. Se le banche centrali intervenissero smobilitando e vendendo i rispettivi stati patrimoniali scoppierebbe la bolla. Ecco perché fa molto comodo da lontano l'aumento dell'inflazione, se non assecondarla. Perché più essa sale, più scende il valore del denaro e più si sgonfia il debito da ripagare. Peccato che l'inflazione indotta ricade sulle spalle dei lavoratori, di quella che una volta si chiamava borghesia e della classi più povere. Chi pensa che si possa stampare all'infinito, ignora che il conto qualcuno lo paga sempre. In questo momento però la soglia che separa la ripresa e l'iperinflazione è molto sottile. Per una nazione ricadere da una parte o dall'altra del crinale può significare superare la concorrenza oppure avvicinarsi al terzo mondo. Tradotto; se l'inflazione si infiamma troppo, prima che l'economia sia ripartita tirandosi appresso la produttività e quindi il rialzo delle buste paga, il rischio è la povertà. Il Covid ha però fornito un nuovo elemento in grado di sparigliare gli equilibri. Ad aprile del 2020 l'Istat ha notato che il lockdown rigido era riuscito a invertire il trend inflazionistico in atto già da mesi. Ecco che adesso il rischio è che i governi europei, quello italiano in particolare, scivolino nella tentazione di nuovi lockdown per mettere nel congelatore i consumatori. La conseguenza del fermare tutto sarebbe il raffreddamento dell'inflazione per via dell'inchiodata dei consumi. Si naviga a vista sperando che il trend rialzista sia solo momentaneo. Ma se così non fosse - non lo è - il rischio sarebbe enorme. Privare la libertà di milioni di persone per poi scoprire che il resto del mondo è andato avanti e ha cercato di compensare l'inflazione con una vera ripresa economica. È un mondo molto più complicato rispetto a un tempo, ma va affrontato con le riforme e con il lavoro. La tentazione del lockdown (che piace tanto alla sinistra) non va nemmeno presa in considerazione.
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