2021-01-24
Una mascherina su due è sotto inchiesta
I pm ipotizzano la frode in pubbliche forniture per i dispositivi costati alla collettività oltre 200 milioni per le sole provvigioni. Non si trovano i contratti tra i broker e le ditte produttrici. Mr Invitalia ha verificato i prezzi prima di autorizzare i bonifici?La maxi commessa di mascherine cinesi da 801 milioni di pezzi sembra che sia considerata dalla Procura di Roma un caso di frode nelle pubbliche forniture.Sino a prova contraria la struttura del commissario all'emergenza guidata da Domenico Arcuri dovrebbe essere la parte lesa. Va da sé che qualche dubbio venga sull'uomo a cui è stata affidata la nostra sicurezza se pensate che circa il 40% dei dispositivi che è stato acquistato e messo in magazzino dalla struttura farebbe parte di questa commessa censurata dagli inquirenti capitolini. Pare che i prezzi pagati fossero esorbitanti rispetto alla qualità del prodotto e che, stando ad alcune mail agli atti, le provvigioni intascate dai mediatori non fossero di 72 milioni, pari al 5,76% dell'importo complessivo, ma almeno 203, ovvero il 16,24%, escludendo un'ulteriore fetta che l'intermediario cinese Zhongkai Cai avrebbe trattato direttamente con le società di import export di Pechino, soldi che non sarebbero mai giunti in Italia.Che controlli ha fatto la struttura del commissario sul reale prezzo delle mascherine prima di acquistarle attraverso gli intermediari italiani? Da quel che sappiamo tra gennaio e maggio 2020 Arcuri ha telefonato personalmente a Mario Benotti, giornalista Rai in aspettativa e suo gancio con «l'organizzazione ben strutturata e coordinata» di intermediari oggi sotto indagine (destinataria di «provvigioni non contrattualizzate»), 37 volte, venendo contattato a sua volta in 48 occasioni.Il 25 marzo, giorno del primo contratto, Arcuri chiama Benotti per 122 secondi. Il 5 aprile, alla vigilia di un altro accordo, gli telefona due volte per 231 secondi e 75. Il 15 aprile, il giorno degli ultimi contratti, Arcuri si fa sentire per 156 secondi. Invece l'11 marzo, poco prima della sua nomina ufficiale aveva chiamato il giornalista due volte consecutivamente per un totale di 226 secondi.Ai suoi legali Benotti ha fatto sapere che il commissario si preoccupava di non rimanere senza mascherine. Ma Arcuri si è anche interessato di sapere da chi e con quali commissioni venissero acquistate? La struttura commissariale ha chiesto di acquisire i contratti tra le società di import-export cinesi e i produttori dei dispositivi anche per poter verificare il rapporto qualità-prezzo? Ha vigilato su come venissero spesi i soldi dei contribuenti? Tra gli allegati depositati dalla Procura di Roma al Tribunale del riesame ci sono anche tre documenti su carta intestata del commissario straordinario, aventi come oggetto «Lettera di commessa per la fornitura di dispositivi di protezione individuale». Sono i contratti con la Wenzhou Moon-ray, la Wenzhou light e la Luokai Trade, indirizzati a ognuna delle società, con il «responsabile unico del procedimento» Antonio Fabbrocini destinatario per conoscenza. La firma sui documenti è direttamente quella del commissario Arcuri. Però negli atti del Riesame non abbiamo trovato i contratti tra queste società di import-export e le industrie produttrici.Perché sarebbe utile visionare quei documenti? Perché nelle mail che abbiamo pubblicato ieri, l'intermediario ecuadoriano Jorge Solis scrive al cinese Cai di aver pagato le Ffp2 1,70 euro e di averle vendute al governo italiano a 2,16, incassando così 46 centesimi di provvigione su ogni pezzo, il 21,3 per cento del prezzo d'acquisto. È andata davvero così? Arcuri ha preso una gigantesca sòla? Per questo sarebbe importante sapere se il governo, prima di comprare le mascherine, abbia chiesto di conoscere gli accordi a monte dell'affare con i fabbricanti cinesi. Purtroppo dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dalla struttura del commissario, dalla Protezione civile e dal ministero della Sanità continuano a fare scena muta di fronte alla nostra richiesta di trasparenza e di documentazione. Come se non fossero di pubblico interesse le carte che chiediamo da giorni. E Arcuri che fa? Anziché aprire gli archivi della sua «casa di vetro», pensa di zittirci con continue richieste di mediazione da parte dei suoi legali. Può comportarsi così un uomo che gestisce denaro pubblico e che ha il gravoso compito di tutelare la salute degli italiani? Lasciamo ai lettori la risposta.Per capire l'importanza della vicenda delle mascherine basta un dato: queste rappresentano la principale voce di spesa della struttura commissariale. Su un importo complessivo di 3,13 miliardi di euro, ben 2,71 (l'86,5%) sono stati spesi in dispositivi di protezione facciali, di tipo chirurgico, Ffp2 ed Ffp3. Le tre società cinesi al centro dell'affare sotto inchiesta, Wenzhou Moon-ray, Wenzhou light e Luokai trade hanno fatturato mascherine per 1,25 miliardi di euro, il 46,5% del costo sostenuto in quel settore e il 39,9% delle spese totali presenti ad oggi sul sito del commissario.Per quanto riguarda i pezzi acquistati dai presunti frodatori, sono 801.617.647 su un totale di 1.966.299.907, quindi il 40,77% del totale.La struttura ha acquistato 1,49 miliardi di chirurgiche, di cui il 30%, pari a 460 milioni, dalle ditte presentate alla struttura del commissario dagli intermediari indagati. Unico fornitore, tra gli altri 26, ad avvicinarsi a questa cifra è la cinese Byd, uno dei leader mondiali nella produzione di batterie, che ha consegnato 300 milioni di chirurgiche, vendute ad aprile a 0,298 euro, contro gli 0,49 euro ottenuti negli stessi giorni dalla Luokai per i suoi 450 milioni di pezzi. Per quanto riguarda le Ffp3, mascherine utilizzate dai medici in prima linea, il commissario ne ha acquistate 238,6 milioni, di cui 231,6 (il 97,03%), provenienti dalla triade di società cinesi finite nell'indagine romana e i restanti 7 milioni da un unico altro fornitore, l'italiana Gvs Spa, che produce direttamente nel nostro Paese.Le Ffp2 arrivate nei magazzini del commissario sono, invece, 234,4 milioni, di cui 110 (il 46,92%), provenienti dalle aziende collegate alla presunta cricca. Il resto è stato acquistato presso altre 5 aziende tra cui l'olandese Yqt health care B.v., distributrice per l'Europa della già citata Byd. I suoi ottimi prezzi (1,05 euro) sono stati offerti tra la prima e la seconda ondata dell'emergenza. In ogni caso, sembrerebbe che l'unica azienda in grado di competere per volumi con i fornitori sotto inchiesta sia stata una multinazionale, la Byd, quotata in Borsa e conosciuta nel mondo.
(Ansa)
Lo ha detto il Commissario europeo per l'azione per il Clima Woepke Hoekstra a margine del Consiglio europeo sull'ambiente, riguardo alle norme sulle emissioni di CO2 delle nuove auto.
Una riunione del Csm (Imagoeconomica)