Nelle riserve progressiste delle ztl il quinto referendum è andato forte. È lì che abitano i negazionisti dell’immigrazione. Intanto la Ilaria Salis dà di matto: «Fanculo la bianchezza».
Nelle riserve progressiste delle ztl il quinto referendum è andato forte. È lì che abitano i negazionisti dell’immigrazione. Intanto la Ilaria Salis dà di matto: «Fanculo la bianchezza».C’è un curioso paradosso: a Milano i sì al quesito sulla cittadinanza hanno superato di nove punti percentuali quelli sui temi del lavoro, ma allo stesso tempo il capoluogo lombardo, anche a causa della alta presenza di migranti, è in cima alla classifica delle città più insicure, con un numero di oltre 7.000 denunce ogni 100.000 abitanti. In rapporto alla popolazione, la metropoli del Nord è prima per numero di furti, seconda per le rapine, terza per le violenze sessuali. Mettendo a confronto questi dati con quelli del referendum si potrebbe arrivare dunque alla conclusione che equiparare la questione dei clandestini con quella della sicurezza sia sbagliato, perché i temi sono completamente scollegati. In realtà, una simile lettura dei dati sarebbe frettolosa. Infatti, come accaduto in molte città, a influenzare i risultati della consultazione di domenica sono i voti delle zone centrali della città, dove non solo si è registrata un’affluenza di molto superiore alla media, ma la crocetta sulle schede ha premiato il sì al dimezzamento dei tempi di attesa per ottenere la cittadinanza. Tuttavia, man mano che ci si allontana da piazza Duomo e dalle vie del quadrilatero della moda sia l’affluenza che le percentuali cambiano. Il che dimostra una cosa, ovvero che si fa presto ad essere a favore dell’accoglienza e della cittadinanza ai migranti se si vive nel salotto buono della capitale economica d’Italia, mentre se si ha casa in periferia le cose cambiano. Chi abita in centro risiede in zone protette, dalle telecamere, dai sistemi di sicurezza e dalle forze dell’ordine. Chi al contrario sta nelle vie meno presidiate e frequentate dalle pattuglie di polizia e carabinieri ha opinioni diverse sia sui migranti che sulla sicurezza, a prescindere dal colore politico delle proprie idee.Ciò spiega anche la reazione degli esponenti della sinistra e dell’informazione, che quasi sempre vivono in zone privilegiate, dove non si registra alcun disagio a causa dell’aumento della criminalità e dunque, quando si parla dell’incremento dei reati commessi da immigrati, tendono a negare la realtà e a credere che il tema sia cavalcato spregiudicatamente dalla destra. Anni fa, Marzio Barbagli, sociologo bolognese senza alcuna simpatia per la Lega, studiò il fenomeno del legame tra criminalità e immigrazione e giunse alla conclusione che in effetti la correlazione non era strumentale. Gli stranieri irregolari commettevano percentualmente molti più reati degli italiani, ma anche i cosiddetti regolari avevano un’incidenza superiore rispetto alla popolazione autoctona. Da sinistra, Barbagli confessò che molti colleghi e conoscenti della sua stessa parrocchia politica per questo gli tolsero il saluto, convinti che avesse fornito argomenti alla destra. Ma in tv e in rete sono in molti coloro che per partito preso continuano a rifiutare di vedere la realtà. Sono i «negazionisti» dell’immigrazione, persone così ideologicamente accecate da non rendersi conto dei fatti che hanno davanti ai propri occhi. Nei primi nove mesi del 2024 quasi la metà delle violenze sessuali denunciate sono state perpetrate da stranieri, anche se i migranti costituiscono tra regolari e clandestini meno del 10 per cento della popolazione. Ma i negazionisti contestano i dati dicendo che gli extracomunitari si concentrano nelle fasce più povere e fragili della società e dunque sono più a rischio di commettere reati. L’approccio, come detto, è ideologico, anzi, sociologico: è colpa nostra che non li integriamo collocandoli ai margini della società. Colpa nostra che non concediamo il permesso di soggiorno o la cittadinanza. Con questa spiegazione politici e commentatori, di sinistra, giustificano tutto: il fatto che la pericolosità relativa degli immigrati irregolari sia circa cinquanta volte superiore a quella dei residenti e che un terzo dei detenuti in carcere siano stranieri (pensate: senza di loro le prigioni non sarebbero affatto affollate). Secondo i negazionisti sarebbe sufficiente concedere la cittadinanza a tutti gli stranieri per ridurre - se non cancellare - furti, rapine e stupri. Un ragionamento sociologico di impronta marxista, in stile Ilaria Salis, che ieri è tornata a chiedere la chiusura dei Centri per il rimpatrio al grido di «fanculo la bianchezza», dunque fanculo anche lei, che è bianca. Sì, aboliamo le carceri e non avremo più i delinquenti. Cancelliamo la proprietà privata e non ci saranno più persone che occupano le case. Espropriamo le ricchezze e nessuno ruberà più. Così, l’ideologia rossa, nonostante i pessimi risultati del referendum sulla cittadinanza, pensa di riproporre una legge per accorciare i tempi e dare il diritto di voto a tutti gli stranieri. Clandestini compresi. Una volta c’erano i «compagni che sbagliano», adesso ci sono i compagni che negano la realtà.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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