2021-04-24
Incontro mancato con la Ong: strage nel mare in burrasca
Gli scafisti convinti di raggiungere la Ocean Viking, che da 24 ore incrociava al largo della Libia. Ma la nave si era spostata. E se l'ennesima, orribile strage di immigrati nel Mediterraneo fosse accaduta perché i trafficanti d'uomini, sbagliando i calcoli, si aspettavano di trovare in un certo punto di mare la Ocean Viking, nave dell'organizzazione non governativa Sos Méditerranée? Ieri il tragico affondamento di un gommone che trasportava oltre 100 persone, partite dalla Libia e dirette in Italia, è tornato a scatenare le accuse delle Ong sull'insensibilità dell'Italia e dell'Europa nei confronti dell'immigrazione. La notizia del dramma, avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 aprile 30 miglia dalle coste libiche, è stata diffusa ieri da Francesco Creazzo, portavoce di Sos Méditerranée. In base alla sua ricostruzione, nella notte tra mercoledì e giovedì erano stati segnalati tre natanti in pericolo per il mare grosso: un barchino, mai rintracciato, avrebbe avuto a bordo 40 persone, mentre due gommoni trasportavano da 100 a 120 persone a testa. Purtroppo, uno solo dei due gommoni è stato salvato da una motovedetta della Guardia costiera libica, che ha riportato indietro 104 migranti vivi e i corpi senza vita di una donna e di un bambino. L'altro gommone, invece, è collassato: e quando la Ocean Viking e tre mercantili che incrociavano in quel tratto di mare l'hanno raggiunto, era troppo tardi. Alessandro Porro, il presidente di Sos Méditerranée Italia che era a bordo della Ocean Viking, ieri ha denunciato che le ricerche dell'Ong si sarebbero svolte «senza aiuto da parte degli Stati» e ha aggiunto: «Fosse cascato un aereo di linea ci sarebbero state le marine di mezza Europa, ma erano solo migranti, concime del cimitero mediterraneo». In base al racconto di Creazzo e di Porro, nel momento in cui è scattato l'allarme, la Ocean Viking si trovava a 10 ore di navigazione dalla zona segnalata. «Ci siamo diretti inizialmente verso il barchino più piccolo», ha raccontato Creazzo, «perché era quello più vicino, ma non siamo riusciti a trovarlo». A quel punto è stato segnalato che uno dei due gommoni era in grave difficoltà. «Così abbiamo invertito la rotta», ha spiegato il portavoce, «e ci siamo diretti verso il gommone. Abbiamo navigato tutta la notte, ma quando siamo arrivati e abbiamo iniziato a cercare, insieme ad altre tre navi mercantili che erano lì, abbiamo avvistato il relitto capovolto e una decina di corpi. Le condizioni del mare erano proibitive». Porro ha aggiunto particolari raccapriccianti: «Ci siamo avvicinati ed è stato navigare in un mare di cadaveri». Alla Verità risultano però anche altri elementi, che offrono una lettura potenzialmente molto diversa di quanto è accaduto. In base ai punti nave registrati dal transponder di bordo, la Ocean Viking era salpata da Siracusa alle 12 di domenica 18 aprile puntando dritta verso Sud. Alle 10 del giorno dopo la nave si trovava già 60 miglia (110 chilometri) al largo delle coste libiche, sulla verticale del porto di Khoms. A quel punto, la pattugliatrice umanitaria di Sos Méditerranée aveva rallentato la corsa ed era ancora scesa a Sud: alle 9 della mattina di martedì 20 aprile era 30 miglia a nord di Khoms. Da quel momento, e per circa 24 ore, la Ocean Viking naviga a passo lento in quel tratto di mare: fa avanti e indietro, da Est a Ovest e da Ovest a Est. Quando i due gommoni dei trafficanti di uomini lasciano il porto di Khoms, alle 22 di martedì 20 aprile, le condizioni meteo sono già avverse. È raro che gli scafisti libici rischino di mettersi in mare quando arriva a forza 4. Non ci provano d'estate, figurarsi in aprile. Ma allora, perché lo fanno? Non è difficile immaginare che in quel momento sappiano che l'Ocean Viking non è lontana: è una cinquantina di miglia a Nord-Nordest, e aspetta. Agli scafisti non serve né un informatore, né un contatto con le Ong. Per conoscere il punto esatto in cui si trova ogni nave basta un sistema di tracciamento marittimo. Online se ne trovano a decine. Il problema è che, mentre la flottiglia dei due gommoni e del barchino lascia Khoms e avanza nella notte, sbattendo la prua contro onde sempre più alte, la Ocean Viking non è più dove gli scafisti credono che sia, perché la nave di Sos Méditerranée sta navigando a tutta forza verso Ovest. Alla Verità risulta infatti che proprio quella notte sia partita un'altra segnalazione d'imbarcazione in pericolo: c'è un terzo gommone d'immigrati in difficoltà al largo di Zuara, un porto 70 chilometri a occidente di Tripoli. Forse perché il mare fa davvero paura, però, e per fortuna dei suoi occupanti, quel gommone a un certo punto gira la prua e riesce a tornare a terra. È così che, con ogni probabilità, è avvenuto il disastro. I due gommoni partiti da Khoms, e il barchino con loro, hanno fatto rotta nella notte verso un punto dove purtroppo non avrebbero mai trovato chi potesse salvarli. La motovedetta del Guardacoste libico, poi, è uscita in quel mare d'inferno e ha potuto soccorrere uno solo dei due gommoni, 30 miglia a nord di Khoms, senza scorgere altro. Quando infine la Ocean Viking il 21 aprile è tornata verso Est, e ha pattugliato l'area dove le correnti dovrebbero aver trascinato quanto restava delle altre imbarcazioni, ha trovato «il mare di cadaveri».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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