2023-03-05
L’inciucio giallorosso tra Schlein e Conte sboccia nella piazza dei nuovi partigiani
Elly Schlein e Giuseppe Conte a Firenze (Imagoeconomica)
Tra slogan truci («Le sedi dei fascisti si chiudono col fuoco...») e passerelle, Pd e M5s usano l’antifascismo per riavvicinarsi.Il centrodestra contro la manifestazione: «In Italia non esiste alcun pericolo di svolta autoritaria».Lo speciale contiene due articoli.Il tentativo dal punto di vista politico è estremamente chiaro: la manifestazione indetta ieri a Firenze dai sindacati della scuola di Cgil, Cisl e Uil dopo la rissa tra studenti di sinistra ed esponenti di Azione studentesca all’esterno del liceo Michelangiolo, altro non è che il primo passo verso la ricostruzione del fronte giallorosso, quello che dovrà sfociare in una rinnovata alleanza tra Pd, M5s e cespuglietti rossoverdi dopo la frattura delle elezioni politiche. Il Pd targato Elly Schlein abbraccia il M5s di Giuseppe Conte, la Cgil di Maurizio Landini celebra queste seconde nozze, l’obiettivo è far tornare competitivi gli sconfitti del 25 settembre, e con la legge elettorale a turno unico l’unica speranza per le sinistre è ricompattarsi. Certo, l’effetto insalata (indigesta) è in agguato, e non è certo un caso che a un certo punto al corteo «in difesa della scuola e della Costituzione» si aggreghi anche un manipolo di antagonisti con tanto di striscione per Cospito, «con Alfredo contro il 41 bis», che viene esposto anche a Piazza Santa Croce, dove si tiene il raduno conclusivo della manifestazione. Non è mancato uno spezzone che ha intonato il truce coro anni Settanta: «Le sedi dei fascisti si chiudono col fuoco, ma coi fascisti dentro, sennò è troppo poco». Il corteo parte poco dopo le 14 da piazza Santissima Annunziata: sono circa 15.000 i partecipanti all’iniziativa, c’è anche la preside del liceo Leonardo Da Vinci, Annalisa Savino. La preside è l’autrice della lettera in cui affermava che «il fascismo nacque dall’indifferenza», che ha provocato la dura reazione del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. In piazza anche il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e il sindaco di Firenze Dario Nardella, che nei giorni scorsi ha rivolto alla cittadinanza un appello alla partecipazione. Presente l’ex ministro Teresa Bellanova, per Italia viva, mentre Carlo Calenda non ha aderito: l’atomo terzopolista continua a dividersi, ma ormai si tratta di materia per soli appassionati. In piazza anche Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana, e Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde. Gli obiettivi dei fotografi sono puntati su Giuseppe Conte e Elly Schlein, accompagnati da ampie delegazioni di M5s e Pd: sembra passato un secolo dalla gestione dem by Enrico Letta, che preferì il suicidio elettorale a un’alleanza con il M5s, sacrificata sull’altare dell’atlantismo doc. È evidente che Elly e Giuseppi, pur essendo in concorrenza tra loro nel contendersi l’elettorato di sinistra radicale, hanno in mente di riesumare gli striscioni giallorossi dei quali si erano perse le tracce. «L’identità e la visione del M5s», dice Conte, «non dipende delle scelte di vertice che vengono fatte in casa altrui. La nostra identità e la nostra visione è frutto di un percorso sofferto, meditato, ben costruito nel corso soprattutto degli ultimi anni e quindi di un rinnovamento che non può essere rimesso alle scelte che fanno al vertice di altre forze politiche. La competizione non ci spaventa, l’importante è che sia tesa a rafforzare l’area progressista. Se noi ci troviamo qui con il segretario del Pd», aggiunge Conte, «vuol dire che su partite concrete noi ci siamo, che riguardano tutti, non solo le forze progressiste, siamo in piazza per difendere principi costituzionali, il problema non è il primato e le leadership della sinistra: a noi interessa come M5s lavorare per rafforzare l’azione politica di forze progressiste. Se col nuovo vertice del Pd questo dialogo rafforzerà questo orizzonte ben venga per tutta l’Italia». Il corteo sfila fino a Piazza Santa Croce, dove è in programma il comizio conclusivo: Conte, la Schlein e Landini, prima di salire sul palco, ridono e scherzano nel backstage, si fanno fotografare con delle magliette con scritti gli articoli della Costituzione, in sostanza trasmettono ai rispettivi elettorati l’immagine di una coalizione tornata unita. «Sono molto felice», conferma la Schlein, «che ci sia qui una grande delegazione del Pd, che ci sia qui il M5s, che ci siano qui altre forze civiche e della sinistra ecologista, credo che sia un bel segnale che su alcune battaglie fondamentali, come abbiamo sempre detto, noi dobbiamo lavorare insieme sia in Parlamento che nel paese, per organizzare una opposizione. Noi ci saremo su questi temi concreti: la difesa della scuola pubblica, la difesa della sanità pubblica, la difesa del lavoro, il salario minimo, la difesa della Costituzione, la battaglia contro l’autonomia differenziata. Credo che abbiamo molti spunti per fare un buon lavoro comune», aggiunge la leader dei dem, «ed è un piacere ritrovarci in questa piazza insieme, grazie a chi ha organizzato, i sindacati e tutte le associazioni che hanno risposto a questo appello». «Questa manifestazione», chiosa Maurizio Landini, «è la più bella risposta che si può dare a chi pensa e pratica atti squadristi e di violenza, a chi vuole tornare indietro. La democrazia va difesa e praticata e i valori della nostra Costituzione debbono essere realizzati».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/inciucio-giallorosso-schlein-conte-sboccia-2659501801.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="critiche-dalla-maggioranza-siete-nostalgici" data-post-id="2659501801" data-published-at="1678001924" data-use-pagination="False"> Critiche dalla maggioranza: «Siete nostalgici» Le reazioni del centrodestra alla manifestazione di ieri a Firenze sono per lo più all’insegna del sano realismo: del resto, evocare ancora oggi il pericolo fascista suscita ilarità più che indignazione. Da incorniciare il commento del vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Alfredo Antoniozzi, che si tiene alla larga dal vittimismo e sfodera l’arma dell’ironia: «Pierpaolo Pasolini», dice Antoniozzi, «si sarebbe messo a ridere dinanzi all’urgenza di convocare le piazze, nel 2023, in nome dell’antifascismo, ma se vogliono continuare a essere nicchia nostalgica facciano pure. Vorrei chiedere se in Italia esiste il fascismo e dove sia. Se siamo un Paese in crisi democratica o, come sosteneva giustamente Stefano Bonaccini, è una surrealista visione suicida. C’è tanto fascismo in questo antifascismo manieristico», incalza Antoniozzi, «che organizza a tavolino lettere di presidi, le trasforma in manifesti intellettuali e organizza una manifestazione congiunta. L’Italia dei lavoratori, delle imprese, dei professionisti chiede soluzioni su fatti reali e non alambicchi e suggestioni medievali. La realtà è che in Italia», conclude Antoniozzi, «non esiste un riformismo di governo alternativo a noi ma un elitarismo radical chic francamente antistorico». Si tiene alla larga dalla demagogia il ministro dei Rapporti col parlamento, Luca Ciriani, anche lui esponente di Fdi: «L’Italia non è un Paese sotto minaccia di svolte autoritarie», argomenta Ciriani, «le istituzioni democratiche erano forti e lo sono anche oggi, quindi, riportiamo un po’ di normalità nel dibattito politico, senza esagerare e senza strumentalizzare. Bisogna condannare tutte le violenze», aggiunge Ciriani, «e mi attendo che ci sia una manifestazione in questo senso, di destra e di sinistra perché ne abbiamo purtroppo viste di tutti i colori». «Le violenze sono sempre da condannare», dice il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga della Lega, «indipendentemente da chi provengano e a chi sono diretti. Ho visto anche filmati di atti di violenza contro studenti di destra da studenti di sinistra, penso che chi ha il compito di rappresentare le istituzioni debba dare il buon esempio abbassando anche i toni di uno scontro perenne e costante che sfocia troppo spesso sul personale». Intanto i ragazzi del Blocco Studentesco, l0organizzazione giovanile di Casapound, hanno esposto, in concomitanza della manifestazione di Firenze, due striscioni davanti al Liceo Tito Livio di Padova e al Liceo Artistico Nani di Verona con la scritta: «La scuola non è antifascista, è libera!». «La nostra azione in questi due istituti», spiega una nota diffusa dal movimento, «serve a dimostrare ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno che noi ce ne freghiamo schiettamente dei divieti e dei catechismi politicamente corretti di questi personaggi e di tutto l’apparato (presidi, insegnanti, giornalisti, esponenti locali e nazionali del centrosinistra) che dà loro supporto e protezione».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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