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2025-04-15
Caso Equalize, in manette Sbraccia, l’imprenditore vicino al mondo dem
Samuele Calamucci (Ansa)
Dopo l’arresto, lo scorso 24 marzo, del pentito della cosiddetta ’ndrangheta stragista, Nunziatino Romeo, già condannato a 12 anni per traffico di droga prima di pentirsi e in contatto con la famiglia Barbaro-Papalia, sono scattate nuove misure cautelari in un filone parallelo all’inchiesta milanese su Equalize, il caso delle presunte cyber-spie. Il gip Fabrizio Filice, su richiesta del pm della Procura Antimafia Francesco de Tommasi, che ha integrato una precedente istanza di arresto (che non era stata accolta) con le dichiarazioni di Romeo, ha firmato otto ordinanze di custodia cautelare in carcere e una ai domiciliari. In manette sono finiti l’imprenditore immobiliare romano Lorenzo Sbraccia, il cliente Gold di Equalize già coinvolto nel filone principale dell’inchiesta per le continue richieste di servizi, la cui abitazione, stando ai racconti degli altri indagati, era frequentata da politici vicini al Pd, i fratelli Pasquale e Francesco Barbaro, Francesco Baldo, Umberto Buccarelli, Giuseppe Trimboli e Fulvio Cilisto. Domiciliari con braccialetto elettronico, invece, per l’hacker Nunzio Samuele Calamucci, già arrestato il 25 ottobre scorso per accessi abusivi e dossieraggi illegali e poi diventato, insieme con Carmine Gallo, l’ex superpoliziotto morto agli inizi di marzo, una sorta di pentito dell’inchiesta. Una nuova ordinanza è stata emessa anche per Romeo, l’unico che era già finito in manette, ma solo per violenza privata aggravata in relazione a minacce rivolte al titolare di una srl che lavorava in subappalto nei cantieri di Fenice srl (l’impresa di Sbraccia). In quell’occasione il gip aveva già evidenziato la «caratura mafiosa» di Romeo. Ora però, grazie ai nuovi elementi forniti dallo stesso Romeo, il gip ha riconosciuto l’accusa principale formulata dal pm, ovvero la tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo il gip, sarebbero stati Gallo e Calamucci ad assumere «senza indugio anche questo ulteriore incarico proveniente» da Sbraccia, per una presunta «mediazione estorsiva» ai danni degli imprenditori Motterlini, titolari della G&G costruzioni. E proprio Sbraccia in una conversazione con Gallo avvia il pressing: «Mi arrivano venti di grande guerra sui precedenti di Motterlini, quindi mi servirebbe sapere, capito? Stasera! Non tra tre giorni… priorità uno Carmine, devo andare in guerra mercoledì e ho bisogno di fare la strategia!». «Io», ha raccontato Romeo, «il signor Sbraccia non l’ho mai visto. Era un incarico (…), l’ho accettato perché non potevo dire di no a Gallo». E di Gallo, che nelle intercettazioni chiama «il Nano», infatti, Romeo è stato un informatore storico. Una delle grandi fonti investigative del superpoliziotto. Prima di morire, l’11 gennaio, Gallo aveva raccontato ai magistrati: «Mi ha consentito di portare alla liberazione Alessandra Sgarella». E, riferendosi alla rete di potere intorno a Sbraccia, aveva aggiunto: «Tutti quelli del Pd» avrebbero frequentato la casa di Sbraccia, «si riuniva Renzi, si riuniva Boccia (Francesco, ex ministro degli Affari regionali, ndr)... veniva a volte (il nome è omissato, ndr), si riunivano un po’ tutti». Uno dei più assidui, secondo Gallo, era l’ex vicepresidente del Csm in quota dem Giovanni Legnini. «Il mio parere è che (tra loro due, ndr) c’erano rapporti d’affari», aveva detto. Romeo, sintetizza il giudice, avrebbe agito anche per interessi convergenti ma diversi da quelli di Sbraccia: la «mediazione mafiosa» sarebbe servita al cosiddetto «polo Equalize», Gallo e Calamucci, anche perché Sbraccia, come detto, era uno dei principali clienti dei servizi illeciti forniti dal gruppo. Romeo, invece, avrebbe operato per favorire «il subentro» di imprese vicine alla cosca Barbaro nei cantieri di Fenice, in sostituzione della G&G Costruzioni nei lavori di ristrutturazione a Pieve Emanuele, nel Milanese. Secondo l’accusa, Sbraccia avrebbe tentato di ridurre il credito vantato da G&G, circa 30 milioni di euro, a 8 milioni. E, stando all’ordinanza, si sarebbe rivolto a Gallo e Calamucci affinché trovassero un mediatore con caratura criminale. E il mediatore sarebbe Romeo. Calamucci, secondo le parole di Romeo, sarebbe stato addirittura «più pressante di Gallo». L’indagato-testimone ha perfino confermato l’incontro avvenuto in Calabria durante il quale Pasquale Barbaro gli avrebbe presentato l’avvocato di Sbraccia, Bucciarelli (finito in carcere anche lui), che secondo i pm sarebbe intervenuto a supporto dell’operazione. Nell’ultima fase della presunta mediazione estorsiva, secondo i pm, sarebbe comparso anche Francesco Barbaro, per l’occasione salito a Milano dalla Calabria. I due fratelli sono stati presentati così da Romeo agli inquirenti: «Questi sono i boss di Platì (in provincia di Reggio Calabria, ndr), Pasquale è il figlio di Rosario, che è anziano». E in una intercettazione, sempre Romeo, si è lasciato scappare: «Pasquale Barbaro è il numero uno di Platì… ha detto «parla tu a quelli là che garantiamo noi che la cosa va a buon fine»». Ed è all’avvocato Bucciarelli che Sbraccia chiede di fare pressioni su Gallo per chiudere la faccenda: «Senti Gallo prima di rispondere alla mail, mi raccomando vacci pesante, digli che mo’ questi (i Motterlini, ndr) hanno rotto». Romeo sarebbe quindi stato il braccio operativo: il 23 ottobre 2023 aveva minacciato uno degli imprenditori affinché smontasse i macchinari dal cantiere. «Altrimenti», disse, «ti vengo a prendere con tua sorella». E in un’altra occasione gli annuncia una sua visita in modo da vederlo «in faccia, così sa con chi sta parlando». L’imprenditore ha confermato: «Era una minaccia mafiosa». E sono scattati gli arresti.
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Il cliente Gold dei presunti spioni è stato arrestato su richiesta dell’Antimafia, con l’accusa di tentata estorsione aggravata. Domiciliari con braccialetto elettronico per l’hacker Calamucci, già coinvolto nel filone principale.Dopo l’arresto, lo scorso 24 marzo, del pentito della cosiddetta ’ndrangheta stragista, Nunziatino Romeo, già condannato a 12 anni per traffico di droga prima di pentirsi e in contatto con la famiglia Barbaro-Papalia, sono scattate nuove misure cautelari in un filone parallelo all’inchiesta milanese su Equalize, il caso delle presunte cyber-spie. Il gip Fabrizio Filice, su richiesta del pm della Procura Antimafia Francesco de Tommasi, che ha integrato una precedente istanza di arresto (che non era stata accolta) con le dichiarazioni di Romeo, ha firmato otto ordinanze di custodia cautelare in carcere e una ai domiciliari. In manette sono finiti l’imprenditore immobiliare romano Lorenzo Sbraccia, il cliente Gold di Equalize già coinvolto nel filone principale dell’inchiesta per le continue richieste di servizi, la cui abitazione, stando ai racconti degli altri indagati, era frequentata da politici vicini al Pd, i fratelli Pasquale e Francesco Barbaro, Francesco Baldo, Umberto Buccarelli, Giuseppe Trimboli e Fulvio Cilisto. Domiciliari con braccialetto elettronico, invece, per l’hacker Nunzio Samuele Calamucci, già arrestato il 25 ottobre scorso per accessi abusivi e dossieraggi illegali e poi diventato, insieme con Carmine Gallo, l’ex superpoliziotto morto agli inizi di marzo, una sorta di pentito dell’inchiesta. Una nuova ordinanza è stata emessa anche per Romeo, l’unico che era già finito in manette, ma solo per violenza privata aggravata in relazione a minacce rivolte al titolare di una srl che lavorava in subappalto nei cantieri di Fenice srl (l’impresa di Sbraccia). In quell’occasione il gip aveva già evidenziato la «caratura mafiosa» di Romeo. Ora però, grazie ai nuovi elementi forniti dallo stesso Romeo, il gip ha riconosciuto l’accusa principale formulata dal pm, ovvero la tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo il gip, sarebbero stati Gallo e Calamucci ad assumere «senza indugio anche questo ulteriore incarico proveniente» da Sbraccia, per una presunta «mediazione estorsiva» ai danni degli imprenditori Motterlini, titolari della G&G costruzioni. E proprio Sbraccia in una conversazione con Gallo avvia il pressing: «Mi arrivano venti di grande guerra sui precedenti di Motterlini, quindi mi servirebbe sapere, capito? Stasera! Non tra tre giorni… priorità uno Carmine, devo andare in guerra mercoledì e ho bisogno di fare la strategia!». «Io», ha raccontato Romeo, «il signor Sbraccia non l’ho mai visto. Era un incarico (…), l’ho accettato perché non potevo dire di no a Gallo». E di Gallo, che nelle intercettazioni chiama «il Nano», infatti, Romeo è stato un informatore storico. Una delle grandi fonti investigative del superpoliziotto. Prima di morire, l’11 gennaio, Gallo aveva raccontato ai magistrati: «Mi ha consentito di portare alla liberazione Alessandra Sgarella». E, riferendosi alla rete di potere intorno a Sbraccia, aveva aggiunto: «Tutti quelli del Pd» avrebbero frequentato la casa di Sbraccia, «si riuniva Renzi, si riuniva Boccia (Francesco, ex ministro degli Affari regionali, ndr)... veniva a volte (il nome è omissato, ndr), si riunivano un po’ tutti». Uno dei più assidui, secondo Gallo, era l’ex vicepresidente del Csm in quota dem Giovanni Legnini. «Il mio parere è che (tra loro due, ndr) c’erano rapporti d’affari», aveva detto. Romeo, sintetizza il giudice, avrebbe agito anche per interessi convergenti ma diversi da quelli di Sbraccia: la «mediazione mafiosa» sarebbe servita al cosiddetto «polo Equalize», Gallo e Calamucci, anche perché Sbraccia, come detto, era uno dei principali clienti dei servizi illeciti forniti dal gruppo. Romeo, invece, avrebbe operato per favorire «il subentro» di imprese vicine alla cosca Barbaro nei cantieri di Fenice, in sostituzione della G&G Costruzioni nei lavori di ristrutturazione a Pieve Emanuele, nel Milanese. Secondo l’accusa, Sbraccia avrebbe tentato di ridurre il credito vantato da G&G, circa 30 milioni di euro, a 8 milioni. E, stando all’ordinanza, si sarebbe rivolto a Gallo e Calamucci affinché trovassero un mediatore con caratura criminale. E il mediatore sarebbe Romeo. Calamucci, secondo le parole di Romeo, sarebbe stato addirittura «più pressante di Gallo». L’indagato-testimone ha perfino confermato l’incontro avvenuto in Calabria durante il quale Pasquale Barbaro gli avrebbe presentato l’avvocato di Sbraccia, Bucciarelli (finito in carcere anche lui), che secondo i pm sarebbe intervenuto a supporto dell’operazione. Nell’ultima fase della presunta mediazione estorsiva, secondo i pm, sarebbe comparso anche Francesco Barbaro, per l’occasione salito a Milano dalla Calabria. I due fratelli sono stati presentati così da Romeo agli inquirenti: «Questi sono i boss di Platì (in provincia di Reggio Calabria, ndr), Pasquale è il figlio di Rosario, che è anziano». E in una intercettazione, sempre Romeo, si è lasciato scappare: «Pasquale Barbaro è il numero uno di Platì… ha detto «parla tu a quelli là che garantiamo noi che la cosa va a buon fine»». Ed è all’avvocato Bucciarelli che Sbraccia chiede di fare pressioni su Gallo per chiudere la faccenda: «Senti Gallo prima di rispondere alla mail, mi raccomando vacci pesante, digli che mo’ questi (i Motterlini, ndr) hanno rotto». Romeo sarebbe quindi stato il braccio operativo: il 23 ottobre 2023 aveva minacciato uno degli imprenditori affinché smontasse i macchinari dal cantiere. «Altrimenti», disse, «ti vengo a prendere con tua sorella». E in un’altra occasione gli annuncia una sua visita in modo da vederlo «in faccia, così sa con chi sta parlando». L’imprenditore ha confermato: «Era una minaccia mafiosa». E sono scattati gli arresti.
Friedrich Merz (Ansa)
Il dissenso della gioventù aveva provocato forti tensioni all’interno della maggioranza tanto da far rischiare la prima crisi di governo seria per Merz. Il via libera del parlamento tedesco, dunque, segna di fatto una crisi politica enorme e pure lo scollamento della democrazia tra maggioranza effettiva e maggioranza dopata. Come già era accaduto in Francia, la materia pensionistica è l’iceberg contro cui si schiantano i… Titanic: Macron prima, Merz adesso. Il presidente francese sulle pensioni ha visto la rottura dei suoi governi per l’incalzare di rivolte popolari e questo in carica guidato da Lecornu ha dovuto congelare la materia per non lasciarci le penne. Del resto in Europa non è il solo che naviga a vista, non curante della sfiducia nel Paese: in Spagna il governo Sánchez è in piena crisi di consensi per i casi di corruzione scoppiati nel partito e in casa, e pure l’accordo coi i catalani e coi baschi rischia di far deragliare l’esecutivo sulla finanziaria. In Olanda non c’è ancora un governo. In Belgio il primo ministro De Wever ha chiesto altro tempo al re Filippo per superare lo stallo sulla legge di bilancio che si annuncia lacrime e sangue. In Germania - dicevamo - il governo si è salvato per l’appoggio determinante della sinistra radicale, aprendo quindi un tema politico che lascerà strascichi dei quali beneficerà Afd, partito assai attrattivo proprio tra i giovani.
I tre voti con i quali Merz si è salvato peseranno tantissimo e manterranno acceso il dibattito proprio su una questione ancestrale: l’aumento del debito pubblico. «Questo disegno di legge va contro le mie convinzioni fondamentali, contro tutto ciò per cui sono entrato in politica», ha dichiarato a nome della Junge Union Gruppe Pascal Reddig durante il dibattito. Lui è uno dei diciotto che avrebbe voluto affossare la stabilizzazione previdenziale anche a costo di mandare sotto il governo: il gruppo dei giovani non aveva mai preso in considerazione l’idea di caricare sulle spalle delle future generazioni 115 miliardi di costi aggiuntivi a partire dal 2031.
E senza quei 18 sì, il governo sarebbe finito al tappeto. Quindi ecco la solita minestrina riscaldata della sopravvivenza politica a qualsiasi costo: l’astensione dai banchi dell’opposizione del partito di estrema sinistra Die Linke, per effetto della quale si è ridotto il numero di voti necessari per l'approvazione. E i giovani? E le loro idee?
Merz ha affermato che le preoccupazioni della Junge Union saranno prese in considerazione in una revisione più ampia del sistema pensionistico prevista per il 2026, che affronterà anche la spinosa questione dell'innalzamento dell'età pensionabile. Un bel modo per cercare di salvare il salvabile. Anche se ora arriva pure la tegola della riforma della leva: il parlamento tedesco ha infatti approvato la modernizzazione del servizio militare nel Paese, introducendo una visita medica obbligatoria per i giovani diciottenni e la possibilità di ripristinare la leva obbligatoria in caso di carenza di volontari. Un altro passo verso la piena militarizzazione, materia su cui l’opinione pubblica tedesca è in profondo disaccordo e che Afd sta cavalcando. Sempre che la democrazia non deciderà di fermare Afd…
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«The Rainmaker» (Sky)
The Rainmaker, versione serie televisiva, sarà disponibile su Sky Exclusive a partire dalla prima serata di venerdì 5 dicembre. E allora l'abisso immenso della legalità, i suoi chiaroscuri, le zone d'ombra soggette a manovre e interpretazioni personali torneranno protagonisti. Non a Memphis, dov'era ambientato il romanzo originale, bensì a Charleston, nella Carolina del Sud.
Il rainmaker di Grisham, il ragazzo che - fresco di laurea - aveva fantasticato sulla possibilità di essere l'uomo della pioggia in uno degli studi legali più prestigiosi di Memphis, è lontano dal suo corrispettivo moderno. E non solo per via di una città diversa. Rudy Baylor, stesso nome, stesso percorso dell'originale, ha l'anima candida del giovane di belle speranze, certo che sia tutto possibile, che le idee valgano più dei fatti. Ma quando, appena dopo la laurea in Giurisprudenza, si trova tirocinante all'interno di uno studio fra i più blasonati, capisce bene di aver peccato: troppo romanticismo, troppo incanto. In una parola, troppa ingenuità.
Rudy Baylor avrebbe voluto essere colui che poteva portare più clienti al suddetto studio. Invece, finisce per scontrarsi con un collega più anziano nel giorno dell'esordio, i suoi sogni impacchettati come fossero cosa di poco conto. Rudy deve trovare altro: un altro impiego, un'altra strada. E finisce per trovarla accanto a Bruiser Stone, qui donna, ben lontana dall'essere una professionista integerrima. Qui, i percorsi divergono.
The Rainmaker, versione serie televisiva, si discosta da The Rainmaker versione carta o versione film. Cambia la trama, non, però, la sostanza. Quel che lo show, in dieci episodi, vuole cercare di raccontare quanto complessa possa essere l'applicazione nel mondo reale di categorie di pensiero apprese in astratto. I confini sono labili, ciascuno disposto ad estenderli così da inglobarvi il proprio interesse personale. Quel che dovrebbe essere scontato e oggettivo, la definizione di giusto o sbagliato, sfuma. E non vi è più certezza. Nemmeno quella basilare del singolo, che credeva di aver capito quanto meno se stesso. Rudy Baylor, all'interno di questa serie, a mezza via tra giallo e legal drama, deve, dunque, fare quel che ha fatto il suo predecessore: smettere ogni sua certezza e camminare al di fuori della propria zona di comfort, alla ricerca perpetua di un compromesso che non gli tolga il sonno.
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Ursula von der Leyen (Ansa)
Mentre l’Europa è strangolata da una crisi industriale senza precedenti, la Commissione europea offre alla casa automobilistica tedesca una tregua dalle misure anti-sovvenzioni. Questo armistizio, richiesto da VW Anhui, che produce il modello Cupra in Cina, rappresenta la chiusura del cerchio della de-industrializzazione europea. Attualmente, la VW paga un dazio anti-sovvenzione del 20,7 per cento sui modelli Cupra fabbricati in Cina, che si aggiunge alla tariffa base del 10 per cento. L’offerta di VW, avanzata attraverso la sua sussidiaria Seat/Cupra, propone, in alternativa al dazio, una quota di importazione annuale e un prezzo minimo di importazione, meccanismi che, se accettati da Bruxelles, esenterebbero il colosso tedesco dal pagare i dazi. Non si tratta di una congiuntura, ma di un disegno premeditato. Pochi giorni fa, la stessa Volkswagen ha annunciato come un trionfo di essere in grado di produrre veicoli elettrici interamente sviluppati e realizzati in Cina per la metà del costo rispetto alla produzione in Europa, grazie alle efficienze della catena di approvvigionamento, all’acquisto di batterie e ai costi del lavoro notevolmente inferiori. Per dare un’idea della voragine competitiva, secondo una analisi Reuters del 2024 un operaio VW tedesco costa in media 59 euro l’ora, contro i soli 3 dollari l’ora in Cina. L’intera base produttiva europea è già in ginocchio. La pressione dei sindacati e dei politici tedeschi per produrre veicoli elettrici in patria, nel tentativo di tutelare i posti di lavoro, si è trasformata in un calice avvelenato, secondo una azzeccata espressione dell’analista Justin Cox.
I dati sono impietosi: l’utilizzo medio della capacità produttiva nelle fabbriche di veicoli leggeri in Europa è sceso al 60% nel 2023, ma nei paesi ad alto costo (Germania, Francia, Italia e Regno Unito) è crollato al 54%. Una capacità di utilizzo inferiore al 70% è considerata il minimo per la redditività.
Il risultato? Centinaia di migliaia di posti di lavoro che rischiano di scomparire in breve tempo. Volkswagen, che ha investito miliardi in Cina nel tentativo di rimanere competitiva su quel mercato, sta tagliando drasticamente l’occupazione in patria. L’accordo con i sindacati prevede la soppressione di 35.000 posti di lavoro entro il 2030 in Germania. Il marchio VW sta già riducendo la capacità produttiva in Germania del 40%, chiudendo linee per 734.000 veicoli. Persino stabilimenti storici come quello di Osnabrück rischiano la chiusura entro il 2027.
Anziché imporre una protezione doganale forte contro la concorrenza cinese, l’Ue si siede al tavolo per negoziare esenzioni personalizzate per le sue stesse aziende che delocalizzano in Oriente.
Questa politica di suicidio economico ha molto padri, tra cui le case automobilistiche tedesche. Mercedes e Bmw, insieme a VW, fecero pressioni a suo tempo contro l’imposizione di dazi Ue più elevati, temendo che una guerra commerciale potesse danneggiare le loro vendite in Cina, il mercato più grande del mondo e cruciale per i loro profitti. L’Associazione dell’industria automobilistica tedesca (Vda) ha definito i dazi «un errore» e ha sostenuto una soluzione negoziata con Pechino.
La disastrosa svolta all’elettrico imposta da Bruxelles si avvia a essere attenuata con l’apertura (forse) alle immatricolazioni di motori a combustione e ibridi anche dopo il 2035, ma ha creato l’instabilità perfetta per l’ingresso trionfale della Cina nel settore. I produttori europei, combattendo con veicoli elettrici ad alto costo che non vendono come previsto (l’Ev più economico di VW, l’ID.3, costa oltre 36.000 euro), hanno perso quote di mercato e hanno dovuto ridimensionare obiettivi, profitti e occupazione in Europa. A tal riguardo, ieri il premier Giorgia Meloni, insieme ai leader di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Ungheria, in una lettera ai vertici Ue, ha esortato l’Unione ad abbandonare, una volta per tutte, il dogmatismo ideologico che ha messo in ginocchio interi settori produttivi, senza peraltro apportare benefici tangibili in termini di emissioni globali». Nel testo, si chiede di mantenere anche dopo il 2035 le ibride e di riconoscere i biocarburanti come carburanti a emissioni zero.
L’Ue, che sempre pretende un primato morale, ha in realtà creato le condizioni perfette per svuotare il continente di produzione industriale. Accettare esenzioni dai dazi sull’import dalle aziende che hanno traslocato in Cina è la beatificazione della delocalizzazione. L’Europa si avvia a diventare uno showroom per prodotti asiatici, con le sue fabbriche ridotte a ruderi. Paradossalmente, diverse case automobilistiche cinesi stanno delocalizzando in Europa, dove progettano di assemblare i veicoli e venderli localmente, aggirando così i dazi europei. La Great Wall Motors progetta di aprire stabilimenti in Spagna e Ungheria per assemblare i veicoli. Anche considerando i più alti costi del lavoro europei (16 euro in Ungheria, dato Reuters), i cinesi pensano di riuscire ad essere più competitivi dei concorrenti locali. Per convenienza, i marchi europei vanno in Cina e quelli cinesi vengono in Europa, insomma. A perderci sono i lavoratori europei.
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