2022-07-27
In vista del vertice decisivo Salvini prova a mediare mentre il Cav spara su Letta
Giorgia Meloni (Imago economica)
Appuntamento alla Camera alle 17: da lì la coalizione deve uscire con l’accordo sulla premiership. Il capo del Carroccio: «Chi ha un voto in più decide, però alla fine».«Mi pare che Enrico Letta abbia già guidato un governo e non sia stata un’esperienza memorabile. Non lo sarebbe neppure questa volta». Silvio Berlusconi si occupa degli avversari, il rivale «nipote» lo stuzzica («Mi fa tenerezza») e lui risponde a dovere. Per il Cavaliere reduce da cento battaglie è più semplice accendere i riflettori sulla solita sinistra che discrimina e lancia allarmi democratici. La cosa lo fa ringiovanire, la postura dem è identica a 28 anni fa. Gettare lo sguardo sul campo avverso lo aiuta a distogliere l’attenzione dal suo, tutt’altro che sereno anche se i sondaggi danno il centrodestra oltre il 45%.È pronto a prendere atto dell’uscita da Forza Italia anche di Mara Carfagna, che ieri ha ufficializzato le sue intenzioni: «Il 19 luglio è stato il mio Rubicone, su Mario Draghi è stata fatta una scelta di irresponsabilità e di instabilità». Il ministro del Sud sarebbe incline a passare con Carlo Calenda, Mister B se ne farà ancora una volta una ragione. Lo scenario di giornata annuncia altre nuvole all’orizzonte, pronte ad addensarsi sul summit di coalizione in programma oggi alle 17 alla Camera. E i temi della discordia fra alleati sono sostanzialmente i soliti due: la premiership e la suddivisione dei collegi. Sul primo Giorgia Meloni è stata chiara: «Se non dovessimo metterci d’accordo non avrebbe senso andare al governo insieme. Confido che si vorranno confermare, anche per ragioni di tempo, regole che nel centrodestra hanno sempre funzionato, che noi abbiamo sempre rispettato e che non si capisce per quale ragione dovrebbero cambiare oggi». I sondaggi parlano chiaro, tocca a lei e vorrebbe chiudere la partita subito. Matteo Salvini è d’accordo sul metodo ma con un distinguo: i conti si faranno alla fine. Lo conferma a Rtl 102,5: «Meno tempo si passa a litigare e meglio è, sceglieranno gli italiani. Il centrodestra ha tre leader in campo, più altri amici, chi di questi prende un voto in più sceglie. Oggi come faccio a dirlo? La mia ambizione è di essere il più votato, per la Lega non mi accontento di meno del 20%. Passare giornate a discutere sulla leadership e le candidature è tempo perso. All’incontro che avremo inviterò Meloni e Berlusconi a concentrarsi sui programmi».Sembra tutto appianabile ma non lo è. La leader di Fratelli d’Italia vorrebbe far rimarcare subito il peso del suo 23% nei sondaggi anche sulla ripartizione dei collegi uninominali. Ecco un altro nodo: mentre Forza Italia e Lega propongono una suddivisione al 30%, lei chiede il 50%, forte dei numeri che potrebbero tradursi in seggi. Tutti sanno che non è una pretesa ma una consuetudine; così avvenne anche nel 2018. La faccenda sa di stallo, ma una vecchia volpe come Ignazio La Russa stempera: «Ci si siede, si discute anche una notte intera e ci si alza con un accordo». Sulla strada della trattativa Berlusconi lo segue volentieri: «Nessun problema, risolveremo queste questioni in un prossimo incontro. Il centro-destra (lui pretende che si scriva con il trattino, ndr) è formato da tre grandi forze politiche, ognuna delle quali è indispensabile sul piano numerico per vincere e sul piano politico per governare».Sulla premiership il Cavaliere non vuole prendere impegni e in un’intervista al Corriere della Sera spiega che «il tema che non mi appassiona. Non mi sembra che a sinistra abbiano indicato alcun candidato...». Poi allontana la patata bollente: «Agli italiani interessano le nostre proposte per uscire dalla crisi, per dare speranze ai giovani e sicurezza agli anziani, per ridurre le tasse e creare occupazione, per tagliare la burocrazia, per difendere l’ambiente. Si parla solo di premier: perché tutta questa pressione su di noi?». Per qualche giorno era girata voce che avesse già messo il cappello sulla presidenza del Senato, ma lui smentisce. «Chi ha voluto indicarmi per la seconda carica dello Stato ha compiuto nei miei confronti un atto di riguardo che apprezzo particolarmente. Però non sono in alcun modo interessato». Neppure l’eventuale premierato per Antonio Tajani ha basi, troppo presto. Berlusconi è anche scaramantico e continua a ripetere a tutti i livelli: «Prima vinciamo, poi si decide». Allora meglio tornare agli argomenti facili, per esempio le critiche a Letta. «Dice che chi mi sta vicino sfrutta la mia icona? L’ineleganza di queste considerazioni qualifica purtroppo chi le fa. Dal segretario del maggiore partito della sinistra, erede di Palmiro Togliatti e di Enrico Berlinguer, mi sarei aspettato di meglio», risponde al Corriere della Sera. Poi una sentenza: «Sta mettendo assieme Carlo Calenda e Roberto Speranza, i sedicenti liberali e i post comunisti. Del resto, pur di governare, ha tentato fino alla fine di tenere in piedi l’alleanza con i 5 stelle». Poi aggiunge divertito, essendoci già passato: «Trovo che la demonizzazione, a turno, dei leader dei nostri partiti sia inaccettabile e lontanissima dalle regole di un civile confronto democratico». La coalizione è al giro di ricognizione, oggi comincia il Gran Premio. Sugli addii in Forza Italia un attestato di solidarietà a Berlusconi arriva da Salvini: «Mi stupisce che gente eletta con il centrodestra, che ha governato per il centrodestra fino a ieri, vada a sinistra allegramente come Brunetta e Gelmini. Non mi piacciono quelli che passano dal Milan all’Inter, dalla Roma alla Lazio, da destra a sinistra. Chi cambia partito dalla sera alla mattina non rispetta gli elettori».