2021-03-15
In un’epoca incerta l’unico vincitore è l’eroe senza tempo
Il fumetto Dragonball ha venduto 250 milioni di copie: il segreto è l'essere modellato come un'epopea priva dei tormenti odierni.La settimana scorsa ce lo siamo trovato addirittura in testa alle classifiche di vendita (tutte) riguardanti i libri di «narrativa straniera» in Italia. Un'impresa difficilissima per un fumetto, figuriamoci per un manga giapponese, per altro non di primo pelo, dato che ha iniziato le pubblicazioni nel 1984, sulla rivista Weekly Shonen Jump. Ma questa, in fondo, è la grandezza di Dragonball, il capolavoro di Akira Toriyama. Ha venduto più o meno di 250 milioni di copie nel mondo, ha dato origine a film, libri, cartoni animati, videogiochi, giocattoli, una montagna di gadget. Un impero nato quasi per caso, almeno così vuole la leggenda, da un autore che non ama apparire in pubblico, e che è arrivato alla sceneggiatura perché, in fondo, non sapeva che altro fare. Il giovane Akira viveva in casa dei genitori, si faceva pagare persino le sigarette, e quasi per gioco è diventato uno dei più amati e rispettati mangaka di tutti i tempi. Il punto è: come mai, dopo quasi quarant'anni, la sua opera gode ancora di così tanto successo? Che cosa ha ancora da dire al pubblico di oggi? Forse la risposta è più semplice di quanto si pensi. Il fatto è che Dragonball è modellato come un poema epico e - seppure con estrema ironia - tocca corde che vibrano nel petto dell'umanità fin dall'inizio dei tempi. Da un certo punto di vista, si potrebbe dire che non esiste niente di più lontano dallo spirito dei tempi. Dragonball è una radiosa eccezione nell'universo mediatico popolato di lamentose minoranze ed eroi pieno di problemi e traumi fin sopra ai capelli. La prima versione del manga, letta adesso, è di una scorrettezza micidiale. Il protagonista, Goku, è un bambino con la coda da scimmia che si comporta come un folletto dispettoso. La sua curiosità per il corpo femminile è pari solo a quella del suo primo insegnante di arti marziali - il maestro Muten - una sorta di pervertito ossessionato dal seno e dalle mutandine di Bulma, la prima protagonista femminile. Prima o poi, c'è da scommetterci, salterà fuori qualcuno a parlare di sessismo. Con il passare degli anni, il tondeggiante candore dei primi fumetti si è trasformato, e ha cominciato a dominare la spigolosa durezza della lotta. Dragonball è diventato - a modo suo - un manga di arti marziali, con spietati combattimenti e personaggi che sono, a tutti gli effetti, eroi e non vittime, come da qualche tempo va di moda. Cioè personaggi coraggiosi, virili, pronti a rischiare la vita per salvare il mondo e, soprattutto, per battere avversari sempre più forti. Goku, ad esempio, gode dell'estasi folle del combattimento. Certo, difende la Terra, ma prima di tutto gli interessa essere il più forte, e dunque dimostrare costantemente la sua supremazia. Non è un caso che l'ispirazione sia venuta a Toriyama dai film di kung fu (seppure quelli un po' strampalati di Jakie Chan). In fondo, possiamo dire che Dragonball abbia molto a che spartire con una visione tradizionale del mondo. Goku è modellato sullo Scimmiotto, protagonista dello straordinario romanzo cinese di Wu Ch'êng-ên del sedicesimo secolo. Egli compie il più classico viaggio dell'eroe, così come lo aveva descritto il grande studioso Joseph Campbell. Anno dopo anno si fortifica, nel corpo e nella mente, ma resta sempre un bambino. La sua semplicità d'animo ricorda un certo distacco orientale ma anche la purezza di cuore che ha chi è vicino allo stato edenico. Dopo tutto, egli è un selvatico a tutti gli effetti, è «fedele alla terra». Come ha notato William Audureau (in Akira Toriyama e Dragonball) «nelle sue opere, il creativo giapponese «idealizza il legame tra l'uomo di campagna e la natura, e mette invece alla gogna coloro che spezzano questo legame». Non è un caso che il «cattivo» più inquietante di tutta la saga sia Freezer, che l'autore ideò all'epoca della bolla immobiliare giapponese: un essere viscido, ambiguo, incarnazione mostruosa dello speculatore, del capitalista disposto a distruggere la vita pur di guadagnare. Ecco che cosa rende Dragonball diverso dai tanti «prodotti culturali» oggi di moda. Ci proietta in una dimensione ancestrale e verticale, in cui i valori sono ancora quelli del coraggio, della nobiltà d'animo, dell'onore. È, nel suo modo scapestrato e comico, una grande epopea guerriera. In cui si ride molto e, se si piange, lo si fa per un motivo sensato.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)