2022-04-02
In Ucraina il panettone si mangia a Pasqua
Le contaminazioni incrociate di un popolo che ha molti punti in comune, seppur a latitudini diverse, con l’Italia. La cucina delle prossime feste non può prescindere dal paska, dal forte valore simbolico, ricoperto da una glassa di confettini colorati.A un popolo, come quello ucraino, trovatosi suo malgrado ad occupare i titoli di testa dell’informazione quotidiana, può essere reso omaggio, con simpatia e solidarietà, raccontando delle sue tradizioni, posto che il trovarsi a tavola è uno dei migliori segnali di condivisione, senza preclusioni di sorta. Il viaggio nella cucina delle feste completa quanto raccontato sui principali piatti della tradizione quotidiana, frutto di contaminazioni incrociate di un popolo che ha molti punti in comune, seppur a latitudini diverse, con il Bel Paese. Inevitabile iniziare con i matrimoni, rito che, fino a poche generazioni orsono, era una delle poche occasioni per festeggiare senza badare al portafogli. L’inizio nel rispetto della gerarchia domestica, naturalmente al femminile. Quando la suocera accettava la neo sposa le poneva un fazzoletto sulla testa ricevendo in cambio un pane offerto su asciugamani ricamati. Un messaggio a doppia chiave di lettura. Che la giovane era affidabile, sapeva destreggiarsi sia in cucina che di ago e filo. Le cerimonie seguivano protocolli dove ognuno cercava di offrire il meglio alla parentela vecchia e nuova, ma con dei punti fermi, dal preciso valore simbolico. Ad esempio le divuvannia, sorta di trecce dolci, avvolte su rami di ciliegio, dalla foggia con richiami alle lunghe trecce, decorate con nastri e fiori, delle giovani da marito. Un omaggio di beneaugurio. Quando poi queste tornavano a casa, dopo la festa, ne mettevano un pezzetto sotto il cuscino, sperando di sognare, poi, il loro principe azzurro. Una vera scultura edibile il pane rotondo, simbolicamente il primo cibo che gli sposi avrebbero mangiato assieme. Con richiami precisi. La forma rotonda che rimanda al sole, simbolo di forza e salute. Decorazioni modellate con significati ben codificati. Chicchi d’uva a indicare benessere finanziario e felicità. Le trecce rimando all’unione tra i coniugi. Due cigni, simbolo di fedeltà reciproca. Messaggi non verbali, ad alto tasso di golosità, la vigilia di Natale. Tradizione stabiliva che, nella notte in attesa della nascita del bambinello, ci si attenesse a una rispettosa cena di magro ma, si sa, le norme si possono sempre interpretare con la comprensiva elasticità. Su queste basi ecco svjata vecerija, la versione ucraina del nostrano cenone di Natale, rigorosamente composto da dodici piatti, ognuno con un suo codice di lettura. Il borsch, la tradizionale zuppa di barbabietole, presente in quanto il suo colore rosso acceso ricorda il sangue dei bambini di Betlemme uccisi da Erode, compensati dai vareniky, i ravioli extra large, serviti al piatto come richiamo al paradiso, posto che, se ti comporterai bene in vita avrai il giusto premio, «e ti sentirai bene come un vareniky nell’olio». È l’occasione in cui si condivide il pane di Natale, in ucraino kolack, ovvero cerchio, simbolo di eternità, allietata, in questo caso, da golosa presenza di semi di papavero. Nelle famiglie rurali l’arrivo della mezzanotte era festeggiato con il budino di cereali, kutya per tutti, ricco di ingredienti con un preciso significato: dal miele, simbolo di beatitudine, alle bacche di grano, augurio di ricchezza, e molto altro ancora. La masliana, o settimana del formaggio, una sorta di variante ucraina del nostro carnevale, in calendario prima della grande quaresima. Un rituale preciso, dedito a risvegliare la primavera dal sonno invernale. Giorni con scadenze rituali e testimonial dedicate, ovvero le frittelle locali, rotonde e dorate, «un richiamo al sole che scaccia l’inverno». Ricette di stretta tradizione familiare, tramandate gelosamente di madre in figlia, a base di latte, uova, burro di latticini e panna acida. Pappate a volontà prima che inizino le penitenze quaresimali, ma anche strumento rituale finalizzato alla ricerca dell’anima gemella. Si inizia con rispetto, il lunedì, ponendo le prime frittelle sul davanzale della cucina, quale omaggio ai parenti venuti a mancare. Il giorno dopo iniziavano i primi abbordaggi lungo le strade dei villaggi, con i giovani pronti ad agganciare le loro prede con le frittelle come esca. Il mercoledì era il giorno delle frittelle della suocera, che le offriva in casa al genero e ai suoi amici e familiari. Il giovedì a piede libero, con balli e fuochi d’artificio. Il venerdì si ritornava al protocollo e il genero ricambiava alla suocera la gentilezza ricevuta, ma con una attenzione ai particolari che poteva fare la differenza. Infatti più riccamente imbandita era la tavola e maggiore la devozione verso la madre della propria sposa. A seguire il sabato delle cognate, dove tutte le giovani donne della nuova generazione gettavano le basi della reciproca buona convivenza reciproca. La domenica terminava in gloria, dando fuoco ai manichini composti durante la settimana raccogliendo le sterpaglie invernali. Dopo le penitenze quaresimali la Pasqua della resurrezione, anche a tavola, ma a condizioni precise e cioè che, il giovedì santo, era dedicato alla pulizia della casa. Non si poteva cuocere il pane pasquale se la cucina non era tirata a lucido. Il paska, il panettone pasquale ucraino, chiamato anche kulich, dal forte valore simbolico. Ricorda i nostri panettoni natalizi, ricoperto di una glassa con confettini colorati. È buona tradizione preparare dei cesti con prodotti che rinviano a un codice rituale ben preciso. Burro e formaggi indice di un legame tra l’uomo e il Gesù risorto, «come un bambino che riceve vita, forza ed energia dal latte materno». Gli insaccati suini simbolo transeunte del vitello ingrassato che il padre ordinò di macellare dopo che il figliol prodigo tornò a casa e così via simboleggiando, come il rafano che viene servito a tavola, assieme alle barbabietole, omaggio alla passione di Cristo. Simboliche anche le uova, quelle normali di gallina, opportunamente decorate. Dal monocolore rosso (krashanky) che rinviano a Maria Maddalena che si presenta a Tiberio per annunciare la resurrezione di Cristo. Possono essere verdi, omaggio alla natura che si risveglia, multicolori, con significati diversi. Molti artisti, nel tempo, si sono dedicati a questa specifica arte materiale, addirittura uno di essi, Oleh Kirashuchuk, talmente talentuoso da aver ispirato, con le sue decorazioni ovaiole, i designer di casa Gucci, lo stilista. Ucraina che non si nega nulla, nel suo arsenale goloso, comprese originali preparazioni di Bacco, come ad esempio il kvas, ottenuto dal pane di segala, tradizione ben radicata sin dal X secolo, particolarmente apprezzato per le sue proprietà dissetanti. Altra chicca l’uzvar, un mix di miele e frutta secca, preparazione lenta e laboriosa, dissetante fonte, poi, di vitamine e minerali. Molti cuochi italiani, negli ultimi anni, hanno scoperto le mille risorse della cucina ucraina, come il trevigiano Stefano Antoniolli, tuttora resistente ai fornelli della sua Kiev, che ha potuto toccare con mano come, in questo Paese, vi siano mille bellezze, frutto della terra e della tradizione, che meritano un futuro di pace e prosperità.
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