L'ultimo report dell'Agenzia del farmaco registra un significativo aumento dei casi in cui è stato trovato un nesso causale tra inoculazione e morte. Tra 20 e 40 anni il tasso di segnalazioni è il triplo del valore medio.
L'ultimo report dell'Agenzia del farmaco registra un significativo aumento dei casi in cui è stato trovato un nesso causale tra inoculazione e morte. Tra 20 e 40 anni il tasso di segnalazioni è il triplo del valore medio.Le decisioni, anche quella dell'obbligo di vaccinazione (formale o surrettizio che sia) devono essere basate sui dati e quindi la pubblicazione avvenuta ieri del rapporto numero 8 dell'Aifa, aggiornato con tutti i dati di farmacovigilanza al 26 agosto scorso, è una preziosa occasione per fare un nuovo punto della situazione, ragionando su una massa di circa 77 milioni di dosi somministrate a quella data.Va innanzitutto osservato che il rapporto Aifa riporta sempre i dati progressivi dell'intera campagna vaccinale, non consentendo di cogliere le variazioni delle variabili osservate intervenute nel singolo mese. Ma questi fenomeni vanno osservati sia usando il grandangolo, che ci offre la prospettiva, che usando lo zoom, cioè sezionando i dati per differenza rispetto al precedente rapporto ed ottenendo quindi i dettagli mensili. Col primo metodo, si rileva che:1 Le dosi somministrate nell'ultimo mese scendono a circa 10,5 milioni contro i 16 milioni medi di ciascuno degli ultimi tre mesi.2 Il tasso delle segnalazioni (casi per 100.000 dosi) di eventi avversi si consolida a 119 eventi (128 nel precedente rapporto) e quello delle segnalazioni di casi gravi si attesta a 13 (16 nel precedente rapporto).3 Il tasso delle segnalazioni con decesso è pari a 0,73 (contro 0,75 del precedente rapporto).L'uso dello zoom per scoprire cosa è accaduto nelle ultime quattro settimane di osservazione consente di leggere delle tendenze che meritano di essere evidenziate:1 Il tasso di segnalazione degli eventi avversi gravi aumenta da 12 a 17 (da 49 a 67 le segnalazioni complessive).2 Le segnalazioni con decessi aumentano da 498 a 555 di cui quelle valutate dall'algoritmo aumentano da 294 a 396 e ben 7 di queste 102 nuove valutazioni purtroppo si sono concluse trovando un nesso di causalità tra decesso e vaccino.In altre parole se, fino al 26 luglio, solo il 2,4% (7 casi) delle segnalazioni di decesso valutate con l'algoritmo era ritenuta correlabile, ora, in sole 4 settimane, si aggiungono 7 casi su 102, cioè circa il 7%. Portando il totale delle 14 vittime certamente correlabili ad essere pari al 3,5% delle segnalazioni con decesso valutate. Beninteso, siamo sempre nell'ordine di circa 2 decessi per 10 milioni di dosi somministrate, ma il picco appare evidente. Ma a essi si aggiungono altre 149 segnalazioni (il 38%) valutate come non classificabili o indeterminate, cioè che non sono assistite da prove sufficienti per il nesso di causalità o sono prive di informazioni sufficienti per cui necessitano ulteriori approfondimenti. A questo punto - con riferimento alle 159 segnalazioni con decesso ancora da valutare con l'algoritmo - se l'ultima percentuale fosse confermata, potremmo contare altri 11 decessi con legame di causalità accertato.A proposito dei casi fatali con causalità accertata, il rapporto AIfa è ricco di dettagli sugli specifici casi e riferisce di «ultraottantenni con situazioni di fragilità per pluripatologie», evidenziando la presenza di importanti concause. Ma tale dovizia di particolari, ci porta a rilevare la presenza di due metodi palesemente diversi nello stabilire la relazione di causalità con riferimento ai decessi «per» vaccini rispetto ai decessi «con» Covid e quelli «per» Covid. Ci limitiamo a osservare che tale minuzioso scrutinio, usato ora per le vittime dei vaccini, non è mai apparso nei bollettini quotidiani con cui siamo stati bombardati per mesi.Altro elemento degno di nota all'interno del rapporto - che dovrebbe indurre a maggiore prudenza e a decisioni meno affrettate - è l'incidenza delle segnalazioni nelle classi di età 20-29 e 30-39 anni. Pari rispettivamente a un tasso di 293 e 367 segnalazioni, quasi il triplo del tasso medio di tutti i vaccinati. Se provassimo ad affiancare questo dato a quello della scarsa incidenza di manifestazioni gravi del Covid in quelle classi di età, anche in questo caso prudenza e minore fretta dovrebbero imporsi.Allo stesso modo è da evidenziare anche l'andamento del tasso segnalazione da parte dei cittadini, giunto al 27,3% del totale, mentre decresce il peso dei medici (dal 47% al 39%) e degli altri operatori sanitari (dal 25% al 14%). Tale aumento va letto in coincidenza con l'aumento del tasso di segnalazione e va salutato come una positiva presa di coscienza da parte dei cittadini che contribuiscono attivamente al definitivo consolidamento delle conoscenze scientifiche, almeno di breve termine, sull'efficacia dei vaccini.Ribadiamo, a scanso di equivoci, che evidenziare tali dati non significa insinuare dei dubbi sull'efficacia dei vaccini che - per le manifestazioni gravi o fatali del Covid - risulta, a oggi, un fatto consolidato, ancorché parziale e a efficacia decrescente nel tempo.Tali dati dovrebbero invece invitare ad una riflessione sulla scelta di puntare sui vaccini come «unica e definitiva» soluzione, scelta purtroppo smentita dai dati. Il bilanciamento tra diritto del singolo e interesse della collettività, che è l'architrave dell'articolo 32 della Costituzione, non può non tenere conto della parziale fallacia del vaccino e della disponibilità e praticabilità di soluzioni alternative.Ma, ancor più, i dati, a volte erratici, sulle segnalazioni dei casi avversi (decessi in primis) dovrebbero far riflettere su quel «in nessun caso» riportato al termine dell'articolo 32, a proposito dell'obbligo disposto per legge che «non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». È l'unico articolo a riportare quelle parole. E c'è da credere, ricordando l'attenzione dei Padri Costituenti, che non sia un caso.
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