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2022-10-12
A caccia delle «Imprese vincenti». Ecco le 140 Pmi che puntano sul Pnrr
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Gregorio De Felice, chief economist di Ca’ de Sass (Imagoeconomica)
Le Pmi con meno di dieci dipendenti sono il cuore dell’economia italiana: rappresentano il 94% del totale e, secondo i dati di Censis-Confcooperative, garantiscono il 43,1% dell’occupazione, con un giro d’affari di 700 miliardi. Delle vere e proprie eccellenze a cui Intesa Sanpaolo, per il quarto anno, ha deciso di dedicare Imprese vincenti, il programma di valorizzazione che in questa edizione avrà al centro i filoni progettuali del Pnrr. Il road show, partito ieri da Milano, prevede altri 13 eventi in giro per il Paese, con due con focus su agroalimentare e Terzo settore. Particolare attenzione verrà dedicata al turismo, uno dei comparti più colpiti dalla pandemia, determinante per la ripresa grazie anche a un’offerta rinnovata e orientata alla sostenibilità. Per finire, verrà organizzato anche un evento conclusivo rivolto a tutte le 140 aziende selezionate, che proporrà un confronto a più voci sui fattori di successo dell’imprenditoria italiana. Intesa ha ottenuto anche il supporto di diversi partner di prestigio: Bain&Company, Elite, Gambero Rosso, Cerved, Microsoft Italia, Nativa, Circularity e Coldiretti.
Presentata lo scorso maggio, l’iniziativa ha raccolto un ampio interesse in tutta Italia grazie all’opportunità offerta alle imprese di essere inserite in programmi di accompagnamento alla crescita e di visibilità a livello nazionale realizzati da Intesa Sanpaolo e dai partner del progetto. Ben 4.000 Pmi, che complessivamente contano 150.000 dipendenti e registrano circa 35 miliardi di fatturato, si sono autocandidate sul sito della banca. Tra queste ne sono state selezionate 140 che spiccano per investimenti in piani di rilancio e trasformazione secondo le direttrici indicate dal Recovery fund, ovvero digitalizzazione e competitività; sostenibilità e transizione ecologica; innovazione, ricerca e istruzione; welfare e salute. Queste realtà hanno anche una forte vocazione all’export, con un fatturato estero che in media rappresenta il 70% del totale.
Ieri a Milano sono state protagoniste Kel 12 tour operator e Ten Group, attive nel comparto turistico; Corman e Ultraspecialisti, che operano nel settore salute; Dolly noire e Modes, che lavorano nel mercato della moda; Bancor e Bruschi, attive nel settore della meccanica; Novacavi, specializzata nella progettazione e produzione di cavi elettrici speciali; Botta ecopackaging, che si dedica agli imballaggi in cartone. Fra i relatori, Gregorio De Felice, chief economist di Ca’ de Sass, Pierluigi Monceri, direttore regionale Milano, Monza e Brianza di Intesa Sanpaolo, Carlo Ammirati, sustainability director e innovation manager di Alcantara, Camilla Colucci, ad di Circularity, Mario Testi, ad di Elite, Virginia Boria, responsabile people, business, development & control management di Intesa Sanpaolo.
L’incontro ha rappresentato anche l’occasione per fare il punto sullo scenario economico italiano: il 2022 si chiuderà con una crescita del Pil del 3,5%, più del doppio della Germania. Il settore manifatturiero nei primi sette mesi dell’anno ha visto un fatturato in aumento tendenziale del 19% che resta positivo anche al netto dell’effetto prezzi, con un incremento del 3,9% in termini di volumi, anche se nei prossimi mesi è previsto un rallentamento a causa dell’inflazione. Il confronto con lo stesso periodo del 2019 mostra un progresso del 25% a prezzi correnti. La Francia si fermerà al +12%, la Germania al +10,6%. Inoltre, l’Italia ha mostrato significativi progressi sul fronte digitale, salendo al 18° posto tra i 27 Stati Ue. A livello locale, Milano si distingue grazie alla sua propensione verso innovazione e digitalizzazione, tanto che la provincia è al primo posto della classifica nazionale delle start up innovative. La provincia presenta, inoltre, un’elevata specializzazione nella produzione di componenti per impianti di energia rinnovabile: poco più di un quarto delle imprese italiane attive nella produzione di componentistica per la filiera delle rinnovabili è localizzata qui. Spicca il distretto della metalmeccanica strumentale di Milano e Monza, con una quota pari al 26,1% di brevetti green sul totale.
«Siamo fortemente impegnati a supportare le aziende del territorio in un percorso di crescita sostenibile, accompagnandole nella sempre più urgente evoluzione verso l’economia green. L’avvio di questa quarta edizione di Imprese Vincenti testimonia a pieno la nostra fiducia nei confronti delle realtà che realizzano progetti di sviluppo orientati alla transizione ecologica e alle linee guida del Pnrr. La provincia di Milano si distingue per la capacità del tessuto produttivo di innovare e le aziende che ospitiamo oggi sono state in grado di valorizzare le specificità del territorio in diversi settori traino dell’economia come il turismo, la moda, la salute, la meccanica e l’industria. Per questo, continueremo a offrire ogni forma di supporto all’innovazione e alla progettualità favorendo, in particolare, gli investimenti volti ad aumentare l’indipendenza energetica delle imprese e per accrescere l’utilizzo di energie rinnovabili», ha commentato Monceri.
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Il road show di Intesa Sanpaolo per valorizzare le aziende che investono sul futuro.Le Pmi con meno di dieci dipendenti sono il cuore dell’economia italiana: rappresentano il 94% del totale e, secondo i dati di Censis-Confcooperative, garantiscono il 43,1% dell’occupazione, con un giro d’affari di 700 miliardi. Delle vere e proprie eccellenze a cui Intesa Sanpaolo, per il quarto anno, ha deciso di dedicare Imprese vincenti, il programma di valorizzazione che in questa edizione avrà al centro i filoni progettuali del Pnrr. Il road show, partito ieri da Milano, prevede altri 13 eventi in giro per il Paese, con due con focus su agroalimentare e Terzo settore. Particolare attenzione verrà dedicata al turismo, uno dei comparti più colpiti dalla pandemia, determinante per la ripresa grazie anche a un’offerta rinnovata e orientata alla sostenibilità. Per finire, verrà organizzato anche un evento conclusivo rivolto a tutte le 140 aziende selezionate, che proporrà un confronto a più voci sui fattori di successo dell’imprenditoria italiana. Intesa ha ottenuto anche il supporto di diversi partner di prestigio: Bain&Company, Elite, Gambero Rosso, Cerved, Microsoft Italia, Nativa, Circularity e Coldiretti.Presentata lo scorso maggio, l’iniziativa ha raccolto un ampio interesse in tutta Italia grazie all’opportunità offerta alle imprese di essere inserite in programmi di accompagnamento alla crescita e di visibilità a livello nazionale realizzati da Intesa Sanpaolo e dai partner del progetto. Ben 4.000 Pmi, che complessivamente contano 150.000 dipendenti e registrano circa 35 miliardi di fatturato, si sono autocandidate sul sito della banca. Tra queste ne sono state selezionate 140 che spiccano per investimenti in piani di rilancio e trasformazione secondo le direttrici indicate dal Recovery fund, ovvero digitalizzazione e competitività; sostenibilità e transizione ecologica; innovazione, ricerca e istruzione; welfare e salute. Queste realtà hanno anche una forte vocazione all’export, con un fatturato estero che in media rappresenta il 70% del totale. Ieri a Milano sono state protagoniste Kel 12 tour operator e Ten Group, attive nel comparto turistico; Corman e Ultraspecialisti, che operano nel settore salute; Dolly noire e Modes, che lavorano nel mercato della moda; Bancor e Bruschi, attive nel settore della meccanica; Novacavi, specializzata nella progettazione e produzione di cavi elettrici speciali; Botta ecopackaging, che si dedica agli imballaggi in cartone. Fra i relatori, Gregorio De Felice, chief economist di Ca’ de Sass, Pierluigi Monceri, direttore regionale Milano, Monza e Brianza di Intesa Sanpaolo, Carlo Ammirati, sustainability director e innovation manager di Alcantara, Camilla Colucci, ad di Circularity, Mario Testi, ad di Elite, Virginia Boria, responsabile people, business, development & control management di Intesa Sanpaolo. L’incontro ha rappresentato anche l’occasione per fare il punto sullo scenario economico italiano: il 2022 si chiuderà con una crescita del Pil del 3,5%, più del doppio della Germania. Il settore manifatturiero nei primi sette mesi dell’anno ha visto un fatturato in aumento tendenziale del 19% che resta positivo anche al netto dell’effetto prezzi, con un incremento del 3,9% in termini di volumi, anche se nei prossimi mesi è previsto un rallentamento a causa dell’inflazione. Il confronto con lo stesso periodo del 2019 mostra un progresso del 25% a prezzi correnti. La Francia si fermerà al +12%, la Germania al +10,6%. Inoltre, l’Italia ha mostrato significativi progressi sul fronte digitale, salendo al 18° posto tra i 27 Stati Ue. A livello locale, Milano si distingue grazie alla sua propensione verso innovazione e digitalizzazione, tanto che la provincia è al primo posto della classifica nazionale delle start up innovative. La provincia presenta, inoltre, un’elevata specializzazione nella produzione di componenti per impianti di energia rinnovabile: poco più di un quarto delle imprese italiane attive nella produzione di componentistica per la filiera delle rinnovabili è localizzata qui. Spicca il distretto della metalmeccanica strumentale di Milano e Monza, con una quota pari al 26,1% di brevetti green sul totale.«Siamo fortemente impegnati a supportare le aziende del territorio in un percorso di crescita sostenibile, accompagnandole nella sempre più urgente evoluzione verso l’economia green. L’avvio di questa quarta edizione di Imprese Vincenti testimonia a pieno la nostra fiducia nei confronti delle realtà che realizzano progetti di sviluppo orientati alla transizione ecologica e alle linee guida del Pnrr. La provincia di Milano si distingue per la capacità del tessuto produttivo di innovare e le aziende che ospitiamo oggi sono state in grado di valorizzare le specificità del territorio in diversi settori traino dell’economia come il turismo, la moda, la salute, la meccanica e l’industria. Per questo, continueremo a offrire ogni forma di supporto all’innovazione e alla progettualità favorendo, in particolare, gli investimenti volti ad aumentare l’indipendenza energetica delle imprese e per accrescere l’utilizzo di energie rinnovabili», ha commentato Monceri.
Sergio Mattarella (Ansa)
Si torna quindi all’originale, fedeli al manoscritto autografo del paroliere, che morì durante l’assedio di Roma per una ferita alla gamba. Lo certifica il documento oggi conservato al Museo del Risorgimento di Torino.
La svolta riguarderà soprattutto le cerimonie militari ufficiali. Lo Stato Maggiore della Difesa, in un documento datato 2 dicembre, ha infatti inviato l’ordine a tutte le forze armate: durante gli eventi istituzionali e le manifestazioni militari nelle quali verrà eseguito l’inno nella versione cantata - che parte con un «Allegro marziale» -, il grido in questione dovrà essere omesso. E viene raccomandata «la scrupolosa osservanza» a tutti i livelli, fino al più piccolo presidio territoriale, dalla Guardia di Finanza all’Esercito. Ovviamente nessuno farà una piega se allo stadio i tifosi o i calciatori della nazionale azzurra (discorso che vale per tutti gli sport) faranno uno strappo alla regola, anche se la strada ormai è tracciata.
Per confermare la bontà della decisione del Colle basta ricordare le indicazioni che il Maestro Riccardo Muti diede ai 3.000 coristi (professionisti e amatori, dai 4 agli 87 anni) radunati a Ravenna lo scorso giugno per l’evento dal titolo agostiniano «Cantare amantis est» (Cantare è proprio di chi ama). Proprio in quell’occasione, come avevamo raccontato su queste pagine, il grande direttore d’orchestra - che da decenni cerca di spazzare via dall’opera italiana le aggiunte postume, gli abbellimenti non richiesti e gli acuti non scritti dagli autori, ripulendo le partiture dalle «bieche prassi erroneamente chiamate tradizioni» - ordinò a un coro neonato ma allo stesso tempo immenso: «Il “sì” finale non si canta, nel manoscritto non c’è».
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Scott Bessent (Ansa)
Partiamo da Washington, dove il Pil non solo non rallenta, ma accelera. Nel terzo trimestre dell’anno, da luglio a settembre, l’economia americana è cresciuta del 4,3%. Non un decimale in più o in meno: un punto pieno sopra le attese, ferme a un modesto 3,3%. Un dato arrivato in ritardo, complice lo stop federale che ha paralizzato le attività pubbliche, ma che ha avuto l’effetto di una doccia fredda per gli analisti più pessimisti. Altro che frenata da dazi: rispetto al secondo trimestre, l’incremento è stato dell’1,1%. Altro che economia sotto anestesia. Una successo che spinge Scott Bessent, segretario del Tesoro, a fare pressioni sulla Fed perché tagli i tassi e riveda al ribasso dal 2% all’1,5% il tetto all’inflazione. Il motore della crescita? I consumi, tanto per cambiare. Gli americani hanno continuato a spendere come se i dazi fossero un concetto astratto da talk show. Nel terzo trimestre i consumi sono saliti del 3,5%, dopo il più 2,5% dei mesi precedenti. A spingere il Pil hanno contribuito anche le esportazioni e la spesa pubblica, in un mix poco ideologico e molto concreto. La morale è semplice: mentre la politica discute, l’economia va avanti. E spesso prende un’altra direzione.
E l’Europa? Doveva essere la prima vittima collaterale della guerra commerciale. Anche qui, però, i numeri si ostinano a non obbedire alle narrazioni. L’Italia, per esempio, a novembre ha visto rafforzarsi il saldo commerciale con i Paesi extra Ue, arrivato a più 6,9 miliardi di euro, contro i 5,3 miliardi dello stesso mese del 2024. Quanto agli Stati Uniti, l’export italiano registra sì un calo, ma limitato: meno 3%. Una flessione che somiglia più a un raffreddore stagionale che a una polmonite da dazi. Non esattamente lo scenario da catastrofe annunciata.
Anche la Bce, che per statuto non indulge in entusiasmi, ha dovuto prendere atto della resilienza dell’economia europea. Le nuove proiezioni parlano di una crescita dell’eurozona all’1,4% nel 2025, in rialzo rispetto all’1,2% stimato a settembre, e dell’1,2% nel 2026, contro l’1,0 precedente. Non è un boom, certo, ma nemmeno il deserto postbellico evocato dai più allarmisti. Soprattutto, è un segnale: l’Europa cresce nonostante tutto, e nonostante tutti. E poi c’è la Cina, che osserva il dibattito globale con il sorriso di chi incassa. Nei primi undici mesi del 2025 Pechino ha messo a segno un surplus commerciale record di oltre 1.000 miliardi di dollari, con esportazioni superiori ai 3.400 miliardi. Altro che isolamento: la fabbrica del mondo continua a macinare numeri, mentre l’Occidente discute se i dazi siano il male assoluto o solo un peccato veniale.
Alla fine, la lezione è sempre la stessa. I dazi fanno rumore, le previsioni pure. Ma l’economia parla a bassa voce e con i numeri. E spesso, come in questo caso, si diverte a smentire chi aveva già scritto il copione del disastro. Le cassandre restano senza applausi. Le statistiche, ancora una volta, si prendono la scena.
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Paolo Barletta, Ceo Arsenale S.p.a. (Ansa)
Il contributo di Simest è pari a 15 milioni e passa dalla Sezione Infrastrutture del Fondo 394/81, plafond in convenzione con il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, dedicato alle imprese italiane impegnate in grandi commesse estere che valorizzano la filiera nazionale. In termini di struttura, il capitale sociale congiunto copre la componente di rischio industriale, mentre la componente del fondo saudita sostiene la rampa di avvio del progetto, riducendo il fabbisogno di capitale a carico dei partner italiani e rafforzando la bancabilità dell’iniziativa nel Paese ospitante, presentata come modello pubblico-privato nel segmento ferroviario di lusso.
L’intesa è inserita nella collaborazione Italia-Arabia Saudita, richiamando l’apertura della sede Simest a Riyadh e il Memorandum of Understanding tra Cdp, Simest e Jiacc. «Dream of the Desert» è indicato come progetto apripista di un modello pubblico-privato nel trasporto ferroviario di lusso.
«Dream of the Desert è un progetto simbolo per il nostro gruppo e per l’industria ferroviaria internazionale. Valorizza le Pmi italiane e costituisce un caso apripista di partnership pubblico-privata nel settore ferroviario di lusso. L’accordo siglato con Simest e le istituzioni saudite conferma come la collaborazione tra imprese e istituzioni possa creare valore duraturo e promuovere le eccellenze italiane nel mondo», commenta Paolo Barletta, amministratore delegato di Arsenale.
Regina Corradini D’Arienzo, amministratore delegato di Simest, aggiunge: «L’intesa sottoscritta con un primario attore industriale come Arsenale per la realizzazione di un progetto strategico per il Made in Italy, conferma il rafforzamento del ruolo di Simest a sostegno del tessuto produttivo italiano e delle sue filiere. Attraverso la prima operazione realizzata nell’ambito del Plafond di equity del fondo pubblico di Investimenti infrastrutturali», continua la numero uno del gruppo, «Simest interviene direttamente come socio per accrescere la competitività delle nostre imprese impegnate in progetti infrastrutturali ad alto valore aggiunto, favorendo al contempo l’espansione del Made in Italy in mercati strategici ad elevato potenziale di crescita, come quello saudita. Lo strumento, sviluppato da Simest sotto la regia del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e in collaborazione con Cassa depositi e prestiti, si inserisce pienamente nell’azione del Sistema Italia, che, sotto la regia della Farnesina, vede il coinvolgimento di Cdp, Simest, Ice e Sace. Un approccio integrato volto a garantire alle imprese italiane un supporto strutturato e complementare, dall’azione istituzionale a quella finanziaria, per affrontare con efficacia le principali sfide della competitività internazionale».
Sul piano industriale, Arsenale dichiara un treno interamente progettato, prodotto e allestito in Italia: gli hub Cpl (Brindisi) e Standgreen (Bergamo) operano con Cantieri ferroviari italiani (Cfi) come general contractor, coordinando una rete di Pmi (design, meccanica avanzata, ingegneria, lusso e hospitality). Per il committente estero, questa configurazione «turnkey (chiavi in mano, ndr.)» concentra in un unico soggetto il coordinamento di produzione, integrazione e allestimento; per l’ecosistema italiano, sposta volumi e valore aggiunto lungo la catena domestica, fino alla finitura degli interni ad alto contenuto di design.
Il prodotto sarà un treno di ultra lusso con itinerari da uno a due notti: partenza da Riyadh e collegamenti verso destinazioni iconiche del Regno, tra cui Alula (sito Unesco) e Hail, fino al confine con la Giordania. Gli interni sono firmati dall’architetto e interior designer Aline Asmar d’Amman, fondatore dello studio Culture in Architecture. La prima carrozza è stata consegnata a settembre 2025; l’avvio operativo è previsto per fine 2026, con prenotazioni aperte da novembre 2025.
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Matteo Hallissey (Ansa)
Il video è accompagnato da un post: «Abbiamo messo in atto», scrive l’ex perfetto sconosciuto Hallisey, «un flash mob pacifico pro Ucraina all’interno di un convegno filorusso organizzato dall’Anpi all’università Federico II di Napoli. Dopo aver atteso il termine dell’evento con Alessandro Di Battista e il professor D’Orsi e al momento delle domande, decine di studenti e attivisti pro Ucraina di +Europa, Ora!, Radicali, Liberi Oltre, Azione e della comunità ucraina hanno mostrato maglie e bandiere ucraine. È vergognoso che non ci sia stata data la possibilità di fare domande e che l’attivista che stava interloquendo con i relatori sia stato aggredito e spinto da un rappresentante dell’Anpi fino a rompere il microfono. Anch’io sono stato aggredito violentemente», aggiunge il giovane radicale, «mentre provavo a fare una domanda a D’Orsi sulla sua partecipazione alla sfilata di gala di Russia Today a Mosca due mesi fa. Chi rivendica la storia antifascista e partigiana non può non condannare queste azioni di fronte a una manifestazione pacifica».
Rivedendo più volte il video al Var, di aggressioni non ne abbiamo viste, a parte come detto qualche spinta, ma va detto pure che quando Hallissey scrive «mentre provavo a fare una domanda a D’Orsi», omette di precisare che quella domanda è stata posta al professore, ma in maniera tutt’altro che pacata: le urla del buon Matteo sono scolpite nel video da lui stesso, ripetiamo, pubblicato. Per quel che riguarda la rottura del microfono, le immagini, viste e riviste non chiariscono se il fallo c’è o no: si vede un giovane attivista che contende un microfono a D’Orsi, ma i frame non permettono di accertare se alla fine si sia rotto o sia rimasto intero.
Quello che è certo è che ieri sono piovuti nelle redazioni i soliti comunicati di solidarietà, non solo da parte di Azione, degli stessi Radicali e di Benedetto Della Vedova, ma anche del capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami, che su X ha vergato un severo post: «Solidarietà a Matteo Hallissey, presidente dei Radicali italiani», ha scritto Bignami, «aggredito a un evento Anpi per aver provato a porre domande in un flash mob pacifico. Da chi ogni giorno impartisce lezioni di democrazia ma reagisce con violenza, non accettiamo lezioni». Non si comprende, come abbiamo detto, dove sia la violenza, perché per una volta bisogna pur mettere da parte il politically correct e l’ipocrisia dilagante e dire le cose come stanno: dal video emerge in maniera cristallina la natura provocatoria del flash mob pro Ucraina, e da quelle urla e da quegli atteggiamenti, per noi che abbiamo purtroppo l’abitudine a pensar male, anche se si fa peccato, fa capolino pure che magari l’obiettivo era proprio quello di scatenare una reazione violenta da parte dei partecipanti al convegno.
Non lo sapremo mai: quello che sappiamo è che i Radicali, sigla che nella politica italiana ha avuto un ruolo di primissimo piano per tante battaglie condotte in primis dal compianto Marco Pannella, sono ormai ridotti a praticare forme di puro macchiettismo politico, pur di ottenere un po’ di visibilità: ricorderete lo show di Riccardo Magi, deputato di +Europa, che vaga nell’aula di Montecitorio vestito da fantasma. A proposito di Magi: il congresso che lo scorso febbraio ha rieletto segretario di +Europa il deputato fantasma è stato caratterizzato da innumerevoli polemiche e altrettante ombre. Poche ore prima della chiusura del tesseramento, il 31 dicembre, dalla provincia di Napoli, in particolare da Giugliano e Afragola, arrivano la bellezza di 1.900 nuovi iscritti, praticamente un terzo dell’intera platea di tesserati, iscritti che poi si traducono in delegati che eleggono i vertici del partito. Una conversione di massa alla causa radicale degli abitanti di questi due popolosi comuni del Napoletano in sostanza stravolge gli equilibri congressuali. Tra accuse e controaccuse, un giovanissimo militante, alla fine dello stesso congresso, sconfigge nella corsa alla presidenza di +Europa uno storico esponente del partito come Benedetto Della Vedova. Si tratta proprio di Matteo Hallissey.
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