2022-09-29
L’impeachment a Trump fu pilotato. Lo ammettono persino i democratici
Nancy Pelosi il giorno del voto sull'impeachment di Trump del 2019 (Ansa)
In un libro, l’allora presidente dem della commissione Giustizia svela le pressioni della Pelosi dietro il primo processo contro The Donald: «Vietato controinterrogare i testimoni dell’accusa per puro calcolo elettorale».Ricordate l’impeachment a cui fu sottoposto Donald Trump nel 2019? Bene, sappiate che quel processo era di costituzionalità fortemente dubbia. E a dirlo non sono stati solo i repubblicani, ma anche un alto esponente del Partito democratico, come il presidente della commissione Giustizia alla Camera, Jerry Nadler. A rivelarlo è un libro, che uscirà il mese prossimo, scritto da Rachael Bade e Karoun Demirjian, due giornaliste rispettivamente di Cnn e Washington Post: testate che non nutrono sentimenti di particolare benevolenza verso il Partito repubblicano. Il volume - intitolato Unchecked: the untold story behind Congress’s botched impeachments of Donald Trump - è stato visionato in anteprima da Fox News, che ne ha riportato alcuni estratti relativi a quanto accadde nell’ottobre 2019, quando i dem formalizzarono l’avvio dell’indagine per impeachment contro l’allora presidente americano, che era stato accusato di aver subordinato l’invio di aiuti all’Ucraina all’apertura di un’inchiesta da parte di Kiev sulle controverse attività della famiglia Biden. Ebbene, secondo il libro, Nadler litigò sia con la speaker della Camera, Nancy Pelosi, sia con il suo stretto alleato (e presidente della commissione Intelligence), Adam Schiff: alla base della tensione si registravano divergenze su come il procedimento andasse condotto. In particolare, Nadler voleva che fosse garantita alla commissione Giustizia la possibilità di controinterrogare i testimoni (come avvenuto nei precedenti casi di preparazione all’impeachment): una richiesta che, al contrario, né la Pelosi né Schiff pare fossero disposti ad accogliere. «È ingiusto e senza precedenti. Ed è incostituzionale», disse a tal proposito Nadler a Schiff, che replicò: «Non mi piace il tuo tono». Fu per questo che la Pelosi di fatto ridusse l’autorità di Nadler nel corso della fase preliminare dell’impeachment, ampliando quella del fidato Schiff. «[La Pelosi] non voleva affatto che la commissione Giustizia interrogasse i testimoni», si legge nel volume. «La Pelosi semplicemente non si fidava del panel (che era pieno di liberal fanatici e conservatori irruenti) per gestire la presentazione della complessa narrazione ucraina con il trattamento attento e persuasivo di cui c’era bisogno. Non poteva permettersi un altro errore di Nadler. Ha acconsentito al fatto che il presidente della commissione Giustizia potesse concentrarsi sull’attività legale di redigere i capi d’imputazione e di far testimoniare gli accademici. Ma questo era tutto», si legge ancora. Nadler, che non è mai stato un simpatizzante di Trump, fece tra l’altro presente che, non consentendo un equo procedimento all’allora inquilino della Casa Bianca, l’Asinello si sarebbe esposto alle critiche dei repubblicani. «Non mi interessa del tuo scontento», replicò Schiff al capo della commissione Giustizia, «Né io né la speaker siamo d’accordo». Tuttavia, l’aspetto che lascia più perplessi è che la Pelosi stesse imbastendo il processo per fini squisitamente elettorali, guardando alle presidenziali del 2020. «Dobbiamo sostenere con maggiore forza che si tratta di una questione di sicurezza nazionale», disse la speaker ai suoi assistenti. «Più dell’80% afferma che non va bene per il presidente chiedere assistenza straniera [in un’elezione], nonostante Trump affermi di poterlo fare. Penso solo che dobbiamo presentare questo caso agli elettori delle zone rurali, agli evangelici e ai repubblicani», proseguì. Insomma, la Pelosi approntava una messa in stato d’accusa con i sondaggi in mano. A dicembre 2019, gli avvocati di Trump si rifiutarono alla fine di partecipare alle udienze alla Camera, sostenendo che i dem avevano negato a Trump le condizioni del giusto processo e che l’ok all’impeachment fosse già stato deciso preventivamente dalla Pelosi. Il 18 di quel mese, la Camera mise in stato d’accusa il presidente, che sarebbe stato assolto nel febbraio successivo in Senato. All’epoca, La Verità sottolineò che quell’impeachment fosse sospetto di partigianeria, anche perché avviato in assenza di un preciso reato disciplinato dal codice penale. Senza poi dimenticare che ai repubblicani fu di fatto bloccata la possibilità di convocare propri testimoni. Dubbi ancora più solidi di costituzionalità emersero poi col secondo impeachment, la cui celebrazione al senato avvenne quando Trump aveva già terminato il mandato alla Casa Bianca: una totale assurdità, visto che questo processo ha come scopo la destituzione del presidente. Tutto ciò la dice lunga su come il Partito democratico strumentalizzi le istituzioni per partigianeria politica. È in tal senso che va letta la sua delegittimazione della Corte suprema dopo la sentenza sull’aborto. E sempre in tal senso va letta la commissione parlamentare d’inchiesta sul 6 gennaio. Se era giusto creare una commissione per far luce su un fatto gravissimo come l’irruzione in Campidoglio, assai meno giusto è stato istituire un panel di nove componenti (sette dem e due repubblicani) tutti nominati dalla stessa persona: Nancy Pelosi. Ecco: rammentatevi di tutto questo, quando vi dicono che sono i repubblicani a fomentare estremismo e polarizzazione.
Elly Schlein (Imagoeconomica)
Edoardo Raspelli (Getty Images)