2018-04-02
«Per il governo ho un decalogo con cui risollevare l’immobiliare»
Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa: «La pressione fiscale sul mattone cresce perché l'Ue punta a indirizzare i risparmiatori verso prodotti finanziari. Ma con un po' di logica e meno burocrazia si può ripartire».L'avvocato Giorgio Spaziani Testa dal 2015 è presidente di Confedilizia, di cui è stato a lungo segretario generale e prima ancora responsabile dell'Ufficio studi. La Confedilizia nasce nel 1883 a Genova come «associazione fra i proprietari». Con il tempo sorgono altre associazioni in altri Comuni, fino alla creazione a Milano nel 1915 di una «Federazione fra le associazioni di proprietari di case». Oggi Confedilizia è articolata in oltre 200 sedi in tutta Italia, vi aderiscono proprietari (anche della sola casa di abitazione), condominii, condòmini singoli e investitori istituzionali quali compagnie di assicurazione, banche, istituti previdenziali e società immobiliari di rilevanza nazionale.Presidente, siete sotto assedio?«Direi di sì: quando non si sa come spremere i contribuenti ulteriormente, si torna all'attacco con le patrimoniali».Possiamo dire che in fondo Imu, Tasi e Tari sono tre patrimoniali?«Ha colto nel segno. Già c'è stato un aumento mai avvenuto prima dell'imposizione patrimoniale sugli immobili, passata da 9 a 21 miliardi. Per non parlare della Tari, che grava sul contribuente due volte e mezzo la Tasi sulla prima casa. Tanto varrebbe fare una tassa unica: più chiara e amministrativamente meno costosa da gestire sia dai Comuni sia dal contribuente». Si parla tanto di tassare la prima casa, ma in realtà il gettito maggiore viene da altri cespiti?«Esatto. Con il governo Berlusconi eravamo a 9 miliardi annui di Ici, con Monti siamo saliti a 25 (Imu+Tasi), con Renzi siamo scesi a 21 miliardi. Ma, e qui il “ma" è grande come una casa, nessuno dice che il gettito dalla prima casa è solo una parte minore dell'imposizione sul mattone. La Tasi sulla prima casa al fisco rendeva 3,5/4 miliardi l'anno, la sola Tari 10. Se la prima casa è tassata poco o niente, a seconda dei governi, è sul resto che si incassa a dismisura. Con tutte le altre imposte sugli immobili si arriva a un gettito annuo di 50 miliardi».Gli enti internazionali sollecitano una patrimoniale sulla casa.«Un paio di settimane fa Fmi, Ocse e Ue si sono premurati di darci un suggerimento per la cosiddetta crescita attraverso la loro ricetta di politica fiscale. Essenzialmente ripetono una predica già sentita, spostare la tassazione dai “fattori produttivi" a proprietà e consumi. E già che ci sono vorrebbero rivedere gli estimi catastali, cioè aumentare la tassazione, in poche parole. Litania che viene dal Fmi, dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e dall'Ue. Siamo alle solite. Organizzazioni delle quali l'Italia fa parte, e che finanzia, insistono nel riproporre la tesi secondo la quale vi sarebbero alcune tasse favorevoli alla crescita ed esortano il nostro Paese ad aumentarle. Tesi infondata, come evidenziano studi realizzati attraverso tecniche econometriche serie».Anche ad altri Paesi la Triade (Fmi, Ue, Ocse) suggerisce l'aumento delle tasse sugli immobili?«L'indicazione generale è di tassare preferibilmente la proprietà. Non può escludersi un interesse di alcuni “centri di potere" a promuovere investimenti finanziari a danno di quelli immobiliari. Se i risparmi si spostano dal mattone ai fondi, chi ci guadagna? In Italia la proprietà è molto diffusa: oltre 25 milioni di persone sono proprietarie di immobili o di quote di essi». La Tari è da rivedere?«Sicuramente i criteri di calcolo non sono equi, si basano più sullo spazio che sulla produzione di rifiuti. Ribadisco la proposta di fare una “service tax" vera, legata ai consumi, come in altri Paesi. Oltre Confedilizia la chiede anche la Confcommercio, per le iniquità pendenti su migliaia di esercizi commerciali. Un esempio eclatante è la cedolare secca sugli affitti: perché dai contratti abitativi non trasferirla anche a negozi, uffici o capannoni? L'Imu, altro esempio, andrebbe abolita sui negozi sfitti, il cui numero aumenta ogni giorno».Cosa prevede il «Manifesto per il rilancio del settore immobiliare» di Confedilizia?«È un nuovo modello di sviluppo del real estate, un contributo che vorremmo dare alle forze politiche che stanno per guidare il Paese, condiviso tra maggioranza, opposizione e cittadini, per i quali la casa è un bene assolutamente primario. L'Istat ha rilevato che in Italia l'edilizia è l'unico settore senza segnali di ripresa, i prezzi delle abitazioni sono in continuo calo, il valore degli investimenti immobiliari di famiglie e imprese in discesa. Sono da rimuovere i troppi ostacoli normativi e fiscali che frenano lo sviluppo economico dell'immobiliare».Nel dettaglio come sono le proposte di questo Manifesto?«Dieci punti. Uno: riduzione della pressione fiscale sul comparto immobiliare (attualmente di 50 miliardi l'anno). Due: sviluppo degli affitti: rivedere la legislazione in materia, eliminando le differenze tra abitativo, commerciale, industriale. Tre: una cedolare secca per tutte le locazioni. La cedolare ha ridotto il nero negli affitti del 40%. Quattro: sfratti. Un dramma nei tempi di esecuzione. Indispensabile ripristinare legalità e tempi certi del rientro in possesso dell'immobile. Cinque: aggiornare la normativa vecchia di 40 anni (l'equo canone) degli affitti diversi dall'abitativo, quindi di negozi, uffici e capannoni; anche la durata tra 12 e 18 anni è troppo rigida, dovrebbe essere modulabile. Sei: riordinare e stabilizzare la giungla di norme sulle detrazioni fiscali per gli interventi di manutenzione, riqualificazione, efficienza energetica e antisismica. Sette: misure di stimolo e sostegno alla rigenerazione urbana, con interventi non solo sui singoli edifici ma anche su grandi aree, come le periferie e i centri storici. Otto: incentivi fiscali per le permute immobiliari. Esistono ormai troppi immobili invenduti. Nove: sviluppo del turismo attraverso la proprietà immobiliare privata. Dieci: creare una cabina di regia per lo sviluppo immobiliare, la casa e l'edilizia, all'interno del governo. Riunendo proprietari (privati e società), costruttori, agenti immobiliari, produttori e fornitori di componenti e servizi, gestori, amministratori. Oggi le competenze sono disperse in tre differenti entità ministeriali: Infrastrutture e trasporti, Sviluppo economico, Economia e finanze».Qualche partito ha dato segnali di interesse per le vostre proposte presentate prima delle elezioni dello scorso 4 marzo?«Abbiamo avuto riscontri positivi da parte di diverse forze politiche. Di cedolare secca per i locali commerciali, ad esempio, parlano i programmi sia di Forza Italia che della Lega (quest'ultima propone anche l'esenzione dall'Imu per i negozi sfitti). Ma segnali di interesse sono arrivati anche dal Movimento 5 stelle. Aspettiamo fiduciosi il nuovo governo che verrà. Ma ribadisco che la necessità primaria inderogabile è liberare il settore immobiliare dai vincoli normativi e fiscali che lo frenano».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)