2021-07-03
Lo Stato a Taranto si fa causa da solo. Ilva ormai pubblica contro Cingolani
Roberto Cingolani (Getty Images)
Approvato il bilancio e insediato il nuovo cda. Ma 24 ore prima parte il ricorso per ottenere una proroga sui lavori di bonifica dopo il decreto del ministro. E la produzione, già crollata, rischia di calare ancora. Da ieri l'ex Ilva è ufficialmente dello Stato che si farà carico di ogni scelta,investimento e perdita. Si è infatti tenuto il consiglio di amministrazione che ha permesso l'insediamento del nuovo cda di Acciaierie d'Italia e l'approvazione del bilancio della joint venture tra Arcelor Mittal e Invitalia. È dunque buffo che 24 ore prima dell'ufficializzazione del nuovo corso la stessa società (già controllata al 50% dallo Stato) abbia deciso di fare ricorso per impugnare un decreto dello stesso Stato. O meglio del ministero della Transizione ecologica, guidato da Roberto Cingolani. In pratica lo Stato ha deciso di fare causa a sé stesso. «In ogni caso, lo spegnimento della batteria 12 porterà una rilevante perdita di produzione in termini di coke, ghisa e acciaio, con conseguente rilevante danno economico per la ricorrente», si legge nel ricorso a firma Acciaierie d'Italia depositato al Tar del Lazio. Obiettivo: la sospensiva del decreto con cui il ministero della Transizione ecologica aveva negato la richiesta di proroga per la conclusione degli adempimenti per le prescrizioni ambientali relative appunto alla batteria 12. Il ministero, in pratica, imponeva con l'inizio di luglio il termine dei lavori. Mentre secondo l'azienda «la fermata della batteria 12 comporterà 128 giorni di stop non programmato, dal 10 luglio al 15 novembre (data in cui è attualmente programmata la fermata per i lavori di adeguamento ambientale) con conseguente perdita di produzione». Un effetto a catena che secondo l'ad Lucia Morselli causerà un taglio di quasi 700.000 tonnellate di acciaio e di circa 640.000 di ghisa. Una scelta frontale in un certo senso comprensibile visto le difficoltà tecniche che però si traduce in ulteriore caos in un mondo come quello di Taranto che visto dagli occhi di osservatori stranieri rasenta la follia. Il nuovo cda è stato salutato dalla politica con un coro di inviti a tornare a produrre. Tutti sappiamo che il tempo perso non si può più recuperare. Non basta un decreto del Mite per accelerare la transizione verso l'elettrico o l'idrogeno. In poco meno di cinque anni la produzione è crollata da 10 milioni di tonnellate a circa 3. Se gli interventi di bonifica o di aggiornamento spingeranno a ridurre ulteriormente la produzione significherà diventare il Panda dell'acciaio. L'Italia sarà solo un Paese buono per stare in uno zoo, ma non in grado di stare da sul mercato. Incredibile come la politica abbia accettato in questi anni di lasciare le scelte industriali a player che dovrebbero occuparsi di reati penali o di conformità amministrative. Basti pensare all'effetto che ha causato sui siti produttivi la lunga attesa del parere del Consiglio di Stato. Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, ha commentato: «Aspetto impaziente il verdetto, con la confisca solo lo Stato può prendersi il rischio». In realtà la confisca non c'è stata ma alla fine solo lo Stato si prenderà il rischio. La Morselli ha infatti saputo sfruttare al meglio le contingenze. Sia sul fronte della cassa integrazione Covid sia sul fronte del rallentamento degli investimenti. Perché un'azienda privata dovrebbe sborsare denaro se dopo due mesi parte degli impianti rischia di essere confiscata? La schizofrenia tarantina dura da tanti anni. Ha però avuto un forte sbalzo verso la totale incontrollabilità quando il governo di Giuseppe Conte ha deciso di togliere lo scudo penale, concordato dal precedente governo in fase di trattativa con Arcelor Mittal. Il lavoro fatto da Carlo Calenda è stato sbriciolato in pochi giorni e gli anglo indiani hanno avuto la possibilità di sfilarsi da impegni gravosi. Al tempo stesso l'ad Morselli è riuscita a conseguire il suo primario obiettivo: riportare a galla i conti della società. La Morselli non è un manager di Stato, è un feroce gestore dei conti e delle finanze. Fa il suo lavoro. Secondo molti lo fa bene. Peccato che gli interessi dei suoi azionisti non è detto che collimino con quelli del sistema Italia. Lo dimostra il succo dell'intervista che la manager ha rilasciato due giorni fa. Quando sostiene che lei ha fatto il suo, in fondo si riferisce a una missione portata a termine: quella finanziaria. L'intervista apre però anche a un grande interrogativo. Che succederà adesso? Subito dopo il via libera ai conti potrà essere nominato il nuovo consiglio di amministrazione con Franco Bernabè presidente. Gli altri due designati di nomina pubblica sono Carlo Mapelli e Stefano Cao. Al momento le partecipazioni dell'ex Am Investco Italy e Invitalia sono rispettivamente del 62% e 38%, con diritti di voto al 50%. L'accordo tra le parti prevede un secondo investimento nel capitale da parte di Invitalia, fino a 680 milioni di euro, e di circa 70 milioni da parte di Arcelor Mittal, per finanziare il perfezionamento dell'acquisto dei rami d'azienda di Ilva da parte di Acciaierie d'Italia, che è previsto entro maggio 2022 al verificarsi di determinate condizioni sospensive. A questo punto, la partecipazione di Invitalia nel capitale sociale di Acciaierie d'Italia salirebbe al 60%. Ma fra un anno a che punto sarà la produzione? Il comparto delle lamiere è quasi fermo e le dichiarazioni green non risolvono i problemi. Ma soprattutto, Bernabè e Morselli assieme potrebbero stupirci diventando la coppia perfetta dell'acciaio. Oppure potrebbero dirsi addio dopo poche sedute di cda. Per le risposte serve altro tempo. Purtroppo il mercato dell'acciaio non aspetta.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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