2020-08-15
Il virus è sotto controllo, l’allarmismo meno
Il ministero della Salute ammette che l'aumento dei malati è contenuto. Alberto Zangrillo smentisce Andrea Crisanti sui ricoveri in terapia intensiva: «In Veneto solo 4». C'è il sospetto di pressioni da parte del governo sul Cts per alzare l'allerta e la paura del lockdown.«Le bugie, caro Crisanti, hanno le gambe corte. Sogni d'oro». Se è vero che la pandemia ci ha abituati fin dall'inizio a severe dispute tra scienziati, il tweet postato giovedì sera dal professor Alberto Zangrillo all'indirizzo del collega Andrea Crisanti ha tutto il sapore di un redde rationem. Perché delle due l'una: o l'emergenza c'è, o non c'è. Così, mentre Zangrillo sostiene - coerentemente con un approccio già manifestato negli ultimi mesi che gli è valso la nomea di negazionista - che «essere contagiati non significa essere malati», Crisanti ribatte: «Sono affermazioni estremamente pericolose». Per poi aggiungere, intervenendo sempre giovedì a In Onda su La7, una smentita circa il fatto che non entrino più malati di Covid nelle strutture sanitarie. «Forse (Zangrillo, ndr) si riferisce al suo ospedale (il San Raffaele di Milano, ndr)», ha affermato il virologo, «parlo per l'esperienza nostra di Padova, abbiamo decine e decine di malati in reparto e in rianimazione, questo non è vero».E arriviamo così alla piccata risposta di Zangrillo. Che numeri alla mano smaschera le affermazioni di Crisanti. Secondo l'ultimo aggiornamento diffuso dall'Azienda Zero, a Padova risultano appena 11 ricoverati con sintomi, e solo tre in terapia intensiva. Complessivamente, in tutto il Veneto si contano 41 ricoverati, più 4 in terapia intensiva, pari al 3% dei 1.494 individui attualmente positivi. Dove sono le «decine e decine di malati» di cui parla Crisanti, non è dato saperlo. Nemmeno estendendola all'intera Regione l'affermazione sembra reggere. Forse il docente dell'Università di Padova è a conoscenza di ricoveri non registrati ufficialmente negli elenchi della sanità veneta? Oppure, molto più semplicemente, si è lasciato andare a un'affermazione errata. E se dovesse essere vera questa seconda ipotesi, perché non ha provveduto a rettificare successivamente quanto dichiarato in diretta di fronte alle telecamere? Può anche darsi che si trattasse semplicemente di un'iperbole, ma quando si tratta di affermazioni così pesanti si presume che dalla bocca di un esperto escano parole più accurate. Certo, i numeri degli ultimi giorni ci hanno fatto capire che la pratica coronavirus è tutt'altro che archiviata. Dopo aver fatto registrare una discreta flessione nel mese di luglio, dalla seconda settimana di agosto in poi il ritmo giornaliero si è attestato tra i 300 e i 600 contagi, con una media di 436 casi negli ultimi 7 giorni. Solo ieri, i positivi in tutto il territorio italiano sono stati 574, dato che sembrerebbe confermare il trend in aumento. Una volta tanto, però, l'erba del vicino non è più verde della nostra. Prendiamo la Germania, reduce come l'Italia da un luglio relativamente tranquillo dal punto di vista dei contagi. Se consideriamo l'ultima settimana, i nuovi casi (6.900) sono stati più del doppio dei nostri. E che dire della Spagna, ripiombata in quella che assomiglia in tutto e per tutto a una seconda ondata. Solo ieri, infatti, Madrid ha fatto registrare 2.897 nuovi casi, e l'incremento giornaliero supera le 1.000 unità dal 29 luglio a questa parte (eccetto il 3 agosto, giorno in cui ci sono stati 968 contagi). Stesso discorso in Francia, dove i casi totali nelle ultime due settimane sono stati 16.000. Certo, non c'è nulla di cui rallegrarsi delle altrui disgrazie, anche se per certi versi la recrudescenza del virus era abbastanza scontata a seguito della riapertura delle frontiere nazionali. Le cifre relative al nostro Paese dicono però che nello stivale, almeno per il momento, l'incremento sembrerebbe molto meno marcato che altrove.Più che le dichiarazioni allarmistiche dei tifosi del «forza lockdown» sarebbe utile leggere l'ultimo report settimanale sul Covid-19, pubblicato ieri dal ministero della Salute. Perché se da un lato «l'Italia si trova in una fase epidemiologica di transizione con tendenza ad un progressivo peggioramento», dall'altro «il numero di nuovi casi di infezione rimane nel complesso contenuto». Se stiamo assistendo a un aumento di positivi, ammette il ministero, è «anche grazie alla ricerca e la gestione dei contatti, inclusa la quarantena dei contatti stretti e l'isolamento immediato dei casi secondari». Oltre al fatto che i nuovi focolai sono «spesso associati all'importazione di casi esteri». Tradotto, dunque, il combinato disposto tra un maggior numero di tamponi e un tracciamento più efficace di contatti sta rivelando molti più contagi di quelli che avremmo potuto riscontrare utilizzando i criteri epidemiologici in vigore durante il lockdown. Quando cioè le indagini cliniche erano concentrate sugli anziani, il personale sanitario e gli ospedalizzati. Ma l'aspetto più interessante è forse un altro. «L'aumento», osservano da Lungotevere Ripa, «è soprattutto in persone asintomatiche». Se dovessimo togliere questi casi dal computo totale, «il numero dei casi diagnosticati nel nostro Paese è sostanzialmente stazionario nelle scorse settimane». Come testimoniano peraltro i dati sostanzialmente stabili sui ricoveri ordinari (ieri in calo rispetto a giovedì) e in terapia intensiva. Nonostante tutto la tensione rimane alta e la paura di nuovi lockdown è dietro l'angolo. Come ha potuto apprendere il nostro quotidiano da una fonte qualificata che ha chiesto l'anonimato, negli ultimi giorni ci sarebbero state pressioni governative nei confronti del Cts per innalzare il livello d'allerta. Se così fosse, la domanda resta una sola: chi e perché vuole che gli italiani vivano ostaggio della paura?