2020-08-05
Matteo Bassetti: «Il virus è meno letale di quanto sembrava»
Il direttore della clinica malattie infettive del San Martino di Genova: «Almeno 4 milioni di italiani già a contatto col Covid. Dobbiamo evitare i picchi per non far collassare il sistema ospedaliero, ma non credo in una seconda ondata in autunno».Sono probabilmente almeno il doppio gli italiani che sono venuti a contatto con il virus Sars-Cov-2, rispetto a quando indicato nell'indagine di sieroprevalenza pubblicata in questi giorni dall'Istat. «Il valore di 1,5 milioni (2,5% della popolazione) si dovrebbe ricalcolare intorno a 4-5 milioni, riducendo la letalità, cioè il numero di decessi sul totale degli infetti, dall'attuale 2,3% al più verosimile 0,6-0,8%», dice alla Verità Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova. Come ammette del resto lo stesso Istituto nazionale di statistica, che ha coordinato lo studio, i dati sono «provvisori»: meno della metà delle persone previste (64.660 su 150.000) si sono sottoposte all'analisi sierologica in grado di identificare gli anticorpi in chi è venuto a contatto con il virus del Covid-19. Uno studio monco?«Uno studio utile, ma che ha dei limiti perché non sappiamo il motivo per cui 80.000 persone non hanno risposto. Forse avevano paura di essere trovate positive e di doversi chiudere in casa in quarantena in attesa del doppio tampone negativo per uscire. C'è poi da considerare che, come riporta uno studio svedese, i test sierologici non rilevano le persone che non sviluppano abbastanza anticorpi, perché hanno una risposta immunitaria di tipo T». È probabile che più del 2,5% degli italiani sia venuto a contatto con il virus? «L'Imperial College di Londra stimava una diffusione intorno al 10% in Italia. Dai dati che abbiamo registrato in Liguria e Lombardia siamo sull'11%. Probabilmente, a livello nazionale, siamo circa al 5%. Questo porterebbe il numero dei contagiati intorno ai 4-5 milioni».Anche la letalità diventerebbe più bassa. «Rispetto al 14% di marzo, considerando 35.000 decessi su 1,5 milioni di persone, la letalità si riduce al 2,3%. Ma se lo stesso numero si divide su 4-5 milioni, si arriva intorno allo 0,6-0,8%. Questo, ad esempio, è un valore vicino a quello registrato da Israele».Il fatto che il dato di diffusione e letalità dell'Istat sia sottostimato è un bene?«Aiuta a capire l'impatto. Non si vuole negare quello che è successo. Quando vedevo il 14- 15% di letalità sul territorio italiano, nel mio ospedale era del 10%: mi sembrava esagerata. Questo virus è un problema non per la letalità, ma per la contagiosità». Ci può spiegare meglio questo aspetto?«Quando il virus del Covid-19 arriva con una grande carica virale, attacca in modo devastante. Per fortuna, mentre altri virus danno praticamente le stesse manifestazioni cliniche, il nuovo coronavirus può dare una variegata serie di sintomi, dai più blandi - febbre, tosse, stanchezza - alla polmonite, nell'1-3% dei casi. La forma brutta, quella critica, colpisce meno del 5% dei positivi». Quindi più sono i positivi, anche asintomatici, e più posti servono in rianimazione.«Dobbiamo evitare che ci siano tanti casi contemporaneamente, fare in modo che si ammalino le persone che si possono curare. In pratica dobbiamo allungare l'onda del contagio ed evitare picchi di infezioni in poco tempo. Puntiamo ad avere pochi casi per più tempo».Lei non crede che ci sarà una seconda ondata in autunno.«Quando si parla di seconda ondata si pensa a quello che è successo a marzo, ma oggi noi abbiamo i reparti pronti e un sistema sanitario che è più preparato con mascherine e altri dispositivi di protezione. Inoltre sappiamo meglio come trattare il Covid-19. Pensare a una seconda ondata come uno tsunami, ricordando l'epidemia della Spagnola del 1918, mi sembra un allarme ingiustificato. Avremo più casi in autunno, dovremo diventare più bravi a distinguere l'influenza dal Covid, ma con questo virus bisogna conviverci». Cosa significa?«Mettere in pratica le misure che, anche se non gradite, sono semplici: mantenere la distanza di almeno un metro gli uni dagli altri, lavarsi le mani spesso e mettere la mascherina quando si è nei mezzi pubblici, in ascensore o in una stanza con altre persone. Non ha senso mettere la mascherina in macchina quando si è da soli».Quindi, a proposito della giravolta governativa che ha mandato in tilt migliaia di viaggiatori, anche nei treni si potrebbe viaggiare occupando il 100% dei posti? Domani (oggi, ndr) il comitato tecnico scientifico del ministero della Salute dovrebbe esprimersi in merito a un distanziamento simile anche nei voli aerei…«Non vedo dove sia il problema. Se sono in un luogo chiuso metto la mascherina, se sono in treno o in aereo metto la mascherina. In Francia fanno così. Se indosso bene la mascherina chirurgica, non butto fuori le particelle. Nel mio reparto, dal 20 febbraio mettiamo la mascherina e non abbiamo avuto casi di positività nel personale».C'è infatti il problema dei positivi asintomatici: uno su tre secondo l'indagine Istat. Non tutti gli asintomatici sono uguali, ma devono restare in quarantena.«Servono i tamponi in grado di determinare la carica virale, bisognerebbe definire un numero di riferimento per definire chi può contagiare e chi no». Qualcuno è già immune al Covid-19?«Conosciamo da troppo poco questo virus. È verosimile che chi ha sviluppato anticorpi sia in grado di difendersi, ma siamo nel campo delle ipotesi. Una cosa è certa: nel mondo l'Italia sta facendo scuola. Mi chiamano anche dal Giappone. Il sistema sanitario, nonostante le difficoltà, nelle regioni, ha lavorato e gestito l'epidemia in modo esemplare».
Ecco #DimmiLaVerità del 24 ottobre 2025. Ospite Alice Buonguerrieri. L'argomento del giorno è: " I clamorosi contenuti delle ultime audizioni".
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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