
I giudici dell'Ue accolgono l'opposizione ai criteri di rating degli istituti francesi. Che avranno benefici per 1,6 miliardi.Tempi duri per la Banca centrale europea. La sentenza pronunciata ieri dal Tribunale dell'Ue, infatti, assesta un duro colpo alle prospettive dell'istituto che disciplina la politica monetaria e supervisiona l'attività degli istituti bancari. Per capire cosa è accaduto occorre fare un passo indietro, quando all'indomani della crisi finanziaria del 2008 molti istituti hanno visto crescere in maniera spropositata il proprio livello di indebitamento. Ciò ha indotto il legislatore a introdurre requisiti piuttosto stringenti in materia di leva finanziaria, ovvero quel coefficiente che misura il rapporto tra il patrimonio e le esposizioni. Nel 2016 sei banche francesi avevano richiesto alla Bce di escludere dal computo della leva finanziaria le somme depositate presso i libretti della Caisse des dépôts et consignations (Cdc), un organismo pubblico francese analogo alla nostra Cassa depositi e prestiti. Una richiesta che Francoforte aveva però seccamente respinto al mittente, motivando tale rifiuto in virtù del proprio «potere discrezionale» in materia di derogare ai regolamenti. La Corte, pur ammettendo da un lato che effettivamente «quando le condizioni per la concessione dell'esclusione in questione sono soddisfatte, la Bce dispone di un potere discrezionale per concedere o no tale esclusione», d'altro canto ha riconosciuto che nell'esercizio di tale facoltà «è incorsa in errori di diritto e in manifesti errori di valutazione». «La posizione di principio della Bce», si legge nelle ultime righe del comunicato che accompagna la sentenza, «deve, per il suo carattere generico, e tenuto conto della mancanza di un esame dettagliato delle caratteristiche del risparmio regolamentato, essere considerata come presentante carattere manifestamente erroneo». Francoforte ha ora due mesi di tempo per impugnare la sentenza.Le sei banche francesi - Bnp Paribas, Societe Generale, Credit Agricole, Credit Mutuel, Groupe Bpce e Banque Postale - ora esultano, perché la possibilità di escludere tali somme dai requisiti di capitale permetterà loro di risparmiare miliardi di euro. Come riportano stime di Reuters, per la sola Banque Postale l'esclusione di tali somme dal calcolo della leva finanziaria porterà benefici per 1,64 miliardi di euro. Nel 2013 l'attuale capo della Vigilanza bancaria, Daniele Nouy, aveva profetizzato che i nuovi requisiti di liquidità avrebbero colpito maggiormente le banche francesi, a causa dell'elevata esposizione degli istituti nei confronti di questi libretti. Un tesoretto che vale 400 miliardi di euro che viene utilizzato anche per realizzare progetti pubblici, con meccanismi analoghi a quelli della nostra Cdp. La sentenza, tuttavia, difficilmente avrà conseguenze sul nostro sistema bancario. Diversamente da quanto accade in Francia, infatti, la stragrande maggioranza della raccolta della Cdp passa dal canale postale (252,8 miliardi sui 340,5 complessivi, pari al 74% del totale), e solo una percentuale esigua deriva da quello bancario (36,2 miliardi pari al 10,6%). A prescindere dalle conseguenze finanziarie, comunque, il passaggio di ieri ha un forte peso politico. Rappresenta infatti la prima grande sconfitta della Bce di fronte a un tribunale europeo, qualcosa di inimmaginabile fino a pochi anni fa.Ancora più importante, la pronuncia del Tribunale dell'Ue non rappresenta un caso isolato. Già nel 2016, poco prima che fosse annunciato l'esposto delle sei banche francesi, fonti affidabili citate da Reuters riferivano che nel prossimo futuro il ricorso alla giustizia nei confronti del supervisore sarebbe stato sempre più frequente.È sufficiente una semplice ricerca sul sito della Corte di giustizia europea per appurare la bontà di questa profezia. Da luglio 2017 a luglio 2018, infatti, sono stati depositati 24 casi, contro i 12 dell'anno precedente e i 7 dell'anno prima ancora. Solo negli ultimi dodici mesi sono stati presentati il 35% delle cause degli ultimi cinque anni e oltre un decimo del totale. Solo pochi giorni fa, il 10 luglio, presso la Corte di giustizia si è svolta l'udienza preliminare del procedimento che deve valutare la legittimità del programma di acquisto titoli meglio noto come Quantitative easing. Un dubbio sollevato lo scorso agosto dalla Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe, che accusa Francoforte di violare la norma che vieta alla Bce di finanziare direttamente gli stati membri.Difficilmente l'assise darà ragione ai giudici teutonici, anche perché dovrebbe smentire sé stessa, dal momento che nel 2016 ha bocciato un ricorso contro l'Omt (il piano anticrisi lanciato da Draghi nel 2012) presentato proprio dai togati di Karlsruhe. Ma la questione, anche in questo caso, non è solo tecnica. «Riuscirà la Corte di giustizia a sfidare l'onnipotenza della Bce?», si chiede il think tank tedesco Europolis. Una domanda alla quale oggi rispondere è più difficile che mai.
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