2019-09-13
Il taglio del cuneo? Ai lavoratori solo briciole
Per smentire gli annunci giallorossi basta paragonarli con il flop di Romano Prodi. Mortadella stanziò 7 miliardi per ridurre le imposte su lavoro, con benefici minimi sui salari. Il Conte bis ha in canna la metà delle risorse: quindi in busta paga arriverà ancora meno.Nel 2014 alla presentazione di uno dei libri di Alan Friedman a Bologna, l'ex premier Romano Prodi, parlando delle misure economiche di Renzi, ricordava un particolare: «C'è una atmosfera di attesa, con presupposti positivi, ben diversa da quella che c'era nel passato», quando il suo governo adottò il taglio del cuneo fiscale di 7,5 miliardi di euro, praticamente la bozza di progetto avanzata da Renzi da poco insediatosi a Palazzo Chigi. «Il giorno dopo», continuava nel suo racconto Prodi, «ci sputarono sopra. È stata un'esperienza scioccante». La premessa per dire che fu la stessa sinistra a rinnegare l'iniziativa di taglio del cuneo fiscale datata 2007 per due motivi primo perché l'importo complessivo fu ritenuto troppo basso per creare un effetto onda sia sull'occupazione sia sui conti di imprese e dipendenti. Basta infatti andare sul sito del Nens, nuova economia nuova società, l'associazione presieduta da Vincenzo Visco per capire che l'unico vero impatto calcolabile fu una riduzione del costo del lavoro per le imprese pari al 3% della retribuzione lorda media di un dipendente a tempo indeterminato. Mentre con l'intervento mirata alla parte Irpef della retribuzione il governo Prodi ottenne un diminuzione del cuneo del 5%. In pratica su uno stipendio di 1.200 euro netti al mesi l'intervento si traduceva in poche decine di euro, molto meno del bonus di 80 euro per capirsi. Gli importi ridotti hanno così reso il taglio del cuneo targato Prodi un flop, almeno a detta di alcuni avversari politici e di molti membri di partito. La sua esperienza deve però essere d'insegnamento per quanto si profila all'orizzonte. Il Conte bis sta studiando la riduzione delle tasse sul lavoro, con il conseguente avvicinamento tra importo lordo e netto, dovrebbe essere garantita da un piano da circa 4 miliardi di euro. La misura del nuovo governo sarebbe rivolta ai lavoratori che percepiscono un reddito annuale fino a 35.000 euro lordi, mentre resterebbero fuori le persone che vantano uno stipendio annuo fino a 55 mila euro lordi. Se le indiscrezioni giornalistiche saranno confermate, il beneficio per quest'ultimi sarebbe nullo. In totale, sarebbe stato calcolato un bonus netto da 1.500 euro (spalmato in dodici mesi) per i redditi più bassi, con vantaggi calcolabili fino alla soglia dei 35.000. Da lì in su nessun beneficio. Le indiscrezioni sembrano però fin troppo ottimistiche e se negli anni passati la mossa di Prodi fu definita inefficace allora cosa dovremmo immaginare di un intervento che avrà in canna quasi la metà delle munizioni. Tanto più che 7 miliardi nel 2007 avevano una capacità di spesa ben maggiore. Con il risultato, che fatte le dovute comparazioni, il prossimo taglio rischia di essere un mero intervento di marketing. Qualcosa di buono per fare storytelling ma niente che possa garantire un aumento dell'occupazione un vero e consistente rialzo dei consumi. Motivo per cui il Mef, adesso guidato da Roberto Gualtieri è alle prese con la calcolatrice per alzare le tasse o trovare nuovi margini con cui rimpinguare il cuneo o semplicemente limare le clausole di salvaguardia nel caso in cui Bruxelles non debba concedere tutta la flessibilità che Giuseppe Conte spera di portare a casa. Resta sempre sul tavolo la proposta di Confindustria di tassare i prelievi in contante che fa il paio con l'idea grillini di alzare l'Iva a chi non paga con le carte di credito. Due idee folli che per fortuna ieri hanno ricevuto il bollino rosso di un esponente storico della sinistra. «La proposta di Confindustria sui contanti non serve a molto. Se uno mette una tassa del 2% sul prelievo, queste vengono aggirate comodamente», ha dichiarato l'ex ministro Vincenzo Visco. «Dopodiché l'evasione non dipende soltanto dall'uso del contante al consumo, gran parte dell'evasione avviene senza contante, semplicemente manipolando i bilanci delle imprese. Tuttavia evitare l'uso del contante è giusto, uno dei principali delitti del governo Renzi fu quello di alzare la soglia da 1.000 a 3.000 euro. Il messaggio era chiarissimo: rendere più facile non solo l'evasione fiscale ma anche il riciclaggio». È ovvio che l'ex ministro di Prodi, colga l'occasione per ribadire le proprie idee anti contanti e al tempo stesso bastonare Matteo Renzi. Dal punto politico significa però che c'è grande confusione all'orizzonte. E quando non si sa che strada prendere si fa un po' di tutto per non scontentare nessuno. Salvo finire l'anno dopo con il deludere tutti.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».