2024-04-04
Il solo bavaglio è quello salva giudici
Marcello Degni (Imagoeconomica)
Ancora non si sa l’esito del procedimento disciplinare su Marcello Degni, che twitta indefesso Il solito doppio standard: per le toghe la privacy è d’oro, i cittadini normali sono indifesi.Per ottenere il segreto sulle proprie vicende giudiziarie bisogna esserne degni. Con la D maiuscola, però: nel senso che, mentre gli atti giudiziari relativi a ogni italiano possono essere pubblicati senza problemi, nulla è dato sapere sul procedimento disciplinare avviato in gennaio a carico di Marcello Degni, consigliere della Corte dei conti. Il magistrato era finito nei guai per un post pubblicato su Twitter-X il 30 dicembre: uno sferzante messaggio «politico» contro il governo di Giorgia Meloni, per di più indirizzato a Elly Schlein, segretario del Pd, cui Degni rimproverava di non aver fatto ostruzionismo per bloccare la Legge di bilancio («Potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata, e invece…»). Quel messaggio aveva acceso polemiche, anche perché non era la sola intemperanza imputata a Degni. Il consigliere, che su Twitter-X si presenta come «economista di sinistra», ha pubblicato molti altri giudizi ideologici: detesta la destra («con i fasci non si parla»), predilige Il Manifesto («il più bel giornale del mondo»), plaude ai «cattivi maestri» come Toni Negri («ha scritto cose bellissime…») è intollerante verso ogni riforma della giustizia tentata da un governo non-di-sinistra («Resistenza, resistenza, resistenza!»). Tutto questo il 4 gennaio ha portato all’avvio di un procedimento disciplinare «urgente» da parte del Consiglio di presidenza, l’organo di autogoverno della magistratura contabile, i cui regolamenti prevedono 4 tipi di sanzione: l’ammonimento e la censura, che non hanno effetti pratici; la sospensione dal ruolo per periodi variabili; e la destituzione. Sono passati tre mesi e il consigliere Degni potrebbe essere stato assolto, oppure sanzionato. Il problema è che non è dato sapere come sia finito il procedimento. Il cronista chiede, ma la risposta è il silenzio. Eppure, da qualche giorno, Degni ha ripreso a pubblicare i proclami «politici» che, forse per cautela, aveva interrotto dopo l’avvio dell’azione disciplinare. Il 23 marzo Degni ha celebrato gli 80 anni dell’attentato romano di via Rasella, scrivendo che quel giorno «i partigiani comunisti eseguivano la più importante azione della Resistenza europea […], una pagina nobile che non si può cancellare». Poi ha aderito all’appello del Manifesto per organizzare un 25 aprile di protesta antifascista a Milano, contro il governo e contro «questa destra aggressiva che non riesce a rendersi presentabile» perché «ha le sue radici nel ventennio fascista». Il 2 aprile Degni ha condiviso un «bellissimo articolo» del costituzionalista Gaetano Azzariti, sempre sul Manifesto, che lancia l’allarme contro «l’erosione dei fondamenti del costituzionalismo democratico e antifascista», aggredito dal «disegno sistematico» ed «eversivo» del governo Meloni. Viene da domandarsi se il ritorno di Degni ai post «politici» sia giustificato da un proscioglimento in sede disciplinare. O se sia stato colpito da una sanzione blanda, e sia tornato a scrivere perché sostanzialmente «graziato». Fatto sta che, se anche una «sentenza» c’è stata, deve restare un mistero. Lettori e cittadini sono costretti a reprimere ogni curiosità, perché su Degni non sono… degni di sapere nulla, in quanto udienze e decisioni sono coperte dal segreto. L’opinione pubblica, insomma, non ha alcun diritto di essere informata. Una scelta legittima, ma molto opinabile. Allo stesso privilegio di casta, del resto, attingono i rari magistrati colpiti da un procedimento disciplinare. Gli atti, nel migliore dei casi, vengono diffusi con il contagocce, ma il più delle volte sono nascosti da un’impenetrabile cortina di ferro: così le toghe, soprattutto quelle garantite dalla solidarietà di corrente - meglio ancora se di sinistra - evitano in partenza ogni possibile danno mediatico. Così viene da sorridere pensando ai solenni proclami dei magistrati contro la presunta «legge bavaglio» proposta in gennaio da Enrico Costa, deputato di Azione, e condivisa dal centrodestra. Per contenere la gogna mediatico-giudiziaria contro i normali cittadini, la norma vuole porre il segreto sui contenuti delle ordinanze di custodia cautelare (intercettazioni, interrogatori…), anche se solo fino all’udienza preliminare. Da mesi, contro la «legge bavaglio», i magistrati sindacalizzati gridano allo strappo costituzionale: il governo, protestano, minaccia la libertà d’informazione, mentre «l’opinione pubblica ha il diritto di essere informata su tutto». Il bavaglio, invece, deve valere solo e soltanto per le notizie che riguardano i magistrati: loro sì, evidentemente, ne sono degni.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)