
Jorge Bergoglio incontra le famiglie vittime dell'inchiesta sui presunti pedofili e diavoli della Bassa Modenese, cui furono sottratti i figli da pm e assistenti sociali negli anni Novanta. Un caso montato ad arte e che ha fatto da «modello» al recente obbrobrio.Secondo qualcuno il «sistema Bibbiano» non esiste. Secondo altri - cioè la commissione tecnica istituita dalla Regione Emilia Romagna - si è trattato solo di un «raffreddore». Altri ancora - in particolare gli esponenti del Partito democratico - fanno di tutto perché dei bambini ingiustamente strappati alle famiglie non si parli più, minacciano querele e invocano la censura. Ecco, tutti coloro che insistono a negare l'esistenza di un sistema e di una cultura che punta a distruggere la famiglia naturale farebbero bene a rileggere le parole pronunciate da Papa Francesco mercoledì. Le ha riportate ieri Avvenire, in un lungo articolo di Lucia Bellaspiga. Il pontefice ha incontrato i genitori, i fratelli e i nonni dei bambini che, una ventina d'anni fa nella Bassa modenese furono tolti alle loro famiglie. Stiamo parlando dei piccoli protagonisti del caso Veleno, raccontato da Pablo Trincia nell'omonimo libro. All'epoca le famiglie di quei bimbi - fragili, per lo più - furono accusate di pedofilia e satanismo. «I diavoli della Bassa», scrivevano i giornali. Il tempo (e le indagini) hanno dimostrato che di sette sataniche, nel Modenese, non ce n'erano. Di omicidio e violenze bestiali nemmeno. In compenso, ci furono dei piccoli tolti ai genitori da psicologi e assistenti sociali. Lì, nella Bassa, si fecero le prove generali del «sistema Bibbiano» andato in scena più di recente sempre in Emilia. La cultura di riferimento era la medesima, erano gli stessi alcuni dei protagonisti, tra cui gli «esperti» del centro Hansel e Gretel di Claudio Foti. Come ha ben scritto Carlo Giovanardi non molto tempo fa, è stato il «modello Modena» ad allargarsi a Bibbiano, e non viceversa. Tutto è iniziato lì, nella Bassa. E anche se la verità è faticosamente emersa, ci sono ancora associazioni che sostengono la colpevolezza delle famiglie modenesi, e la realtà dei riti satanici. Papa Francesco, tuttavia, è intervenuto in modo piuttosto netto. Incontrando quelle famiglie straziate da accuse terribili e da separazioni, ha allargato le braccia: «I bravi fedeli di Mirandola! Io vi ringrazio», ha detto, «per come avete portato la croce e per come avete avuto il coraggio di difendere il parroco. Era innocente e voi lo avete tanto difeso». Il parroco in questione è don Giorgio Govoni. Trincia gli dedica varie pagine di Veleno. Un prete di campagna, intagliato nel legno. Fu accusato di essere uno dei capi della setta satanica responsabile degli abusi. Contro di lui furono utilizzate le testimonianze dei bambini molestati raccolte da psicologi e assistenti sociali modenesi. Don Giorgio ne fu straziato. Un infarto lo fulminò nel 2000, mentre si trovava nell'ufficio del suo avvocato. Il pm voleva che fosse condannato a 14 anni di galera. Sulla storia di questo sacerdote vittima dell'ideologia e dei «fabbricanti di mostri» è stato scritto un libro estremamente interessante. Si intitola Don Giorgio Govoni martire della carità, vittima della giustizia umana. Lo scrisse un altro sacerdote modenese oggi scomparso, don Ettore Rovatti, parroco di Finale Emilia. È stato proprio don Ettore, parlando con Pablo Trincia, a individuare il nucleo centrale dell'ideologia che animava gli assistenti sociali e gli psicologi della Bassa prima e di Bibbiano poi. «C'è una mentalità dietro a tutto questo armamentario giuridico», disse don Ettore. «Cioè, la famiglia ha torto sempre. Lo Stato ha sempre ragione. Questa gente vuole distruggere la famiglia, così come il comunismo voleva distruggere la proprietà privata. Queste psicologhe e assistenti sociali dell'Ausl volevano dimostrare che Dio, poveretto, non ha saputo far bene il suo mestiere. Erano loro che sapevano fare meglio del padreterno». Nel suo libro, don Ettore aveva raccolto - in oltre 300 pagine - atti dei processi, testimonianze, documenti. Insomma, l'intera vicenda dei «diavoli della Bassa». L'aveva ricostruita per dimostrare che si trattava di una caccia alle streghe. La storia gli ha dato ragione. Il suo libro, tuttavia, non si trova più. Ne furono stampate poche copie, andarono esaurite, e la cosa finì lì. Ieri, però, la famiglia Covezzi - a cui nel caso Veleno furono portati via ben quattro figli, mai più rivisti - ha consegnato a Francesco una copia del libro su don Giorgio Govoni. Al Papa è stato raccontato anche il vero motivo per cui è stato fatto sparire dalla circolazione: le minacce subite dall'editore. La reazione di Bergoglio è stata sorprendente: «Siamo forse in dittatura?», ha detto. «In Italia non c'è la libertà di stampa? Fate forza per ripubblicare questo libro, la libertà di stampa è per tutti». Ovvio: la libertà di stampa in Italia c'è. Ma alcune storie, quando vengono raccontate, non sono molto gradite. Quella dei «diavoli della Bassa», ad esempio. E poi quella di Bibbiano, nate entrambe dallo stesso ceppo. Dall'ideologia anti famiglia che il vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca, ha stigmatizzato più volte. Sembrava che le sue parole fossero cadute nel vuoto, e invece ecco il gesto inaspettato di Francesco. Parlando di don Govoni, il Papa ha fatto sua una vicenda di fondamentale importanza, emblematica del male che i «fabbricanti di mostri» e le loro teorie hanno prodotto. Un male che non è «un raffreddore», ma un morbo più feroce e mortifero.
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
Continua a leggereRiduci
Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






