2018-07-26
Per «Famiglia Cristiana» Salvini è come Satana
Sergio Mattarella condanna il razzismo, il settimanale cattolico paragona Matteo Salvini a Satana. Ma sui crimini degli stranieri niente. Ieri è planato dal Quirinale un messaggio piuttosto deciso contro il razzismo. Ricorreva l'ottantesimo anniversario delle leggi razziali, e Sergio Mattarella ha colto l'occasione per ribadire che «il veleno del razzismo continua a insinuarsi nelle fratture della società e in quelle tra i popoli. Crea barriere e allarga le divisioni. Compito di ogni civiltà è evitare che si rigeneri». Secondo il presidente, «le libertà, la pari dignità, il rispetto per l'altro, la cooperazione, l'integrazione e la coesione sociale sono le migliori garanzie di un domani di armonia e progresso». È sacrosanto ricordare certe pagine oscure della storia, in modo che persecuzioni e discriminazioni non si ripetano. Se però vogliamo davvero salvaguardare la «coesione sociale» di questo Paese, forse dovremmo affrontare la questione della «integrazione» in tutti i suoi aspetti, evitando di considerarne un solo spicchio. Proviamo a spiegare. Non è la prima volta che Mattarella si occupa di immigrazione, di tutela delle minoranze, di integrazione e di razzismo. Di solito, il presidente invita all'accoglienza e alla solidarietà. Molto più raramente, tuttavia (anzi, praticamente mai), egli prende in considerazione l'altra faccia della medaglia. Ovvero il lato criminale dell'immigrazione. Ieri il presidente ha parlato del razzismo «contro rom e sinti» che sfociò «nello sterminio, il porrajmos, degli zingari». Le sue frasi arrivano a 24 ore di distanza dalla decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha fermato lo sgombero dei nomadi che risiedono nel Camping River di Roma. Facile immaginare, dunque, che il riferimento non sia casuale. Giusto, giustissimo ricordare lo sterminio di rom e sinti. Un conto, però, è un orrore di quel tipo. Un altro conto è il desiderio - espresso da gran parte degli italiani - che gli zingari possano vivere nella legalità, cosa che il sistema dei campi rom non consente. Giusto ieri abbiamo appreso la seguente notizia. Una bimba di tre anni, figlia di una nomade, è stata rapita a Venezia e tenuta in ostaggio in un campo rom di Milano. Lo scopo dei sequestratori era quello di costringere la madre - una nomade - a fare la borseggiatrice in Laguna per ripagare un debito di gioco del marito, circa 10.000 euro. Chissà, magari un dettagliato censimento dei campi milanesi - o ancora meglio la loro chiusura - avrebbe permesso di individuare prima la piccola rapita, e di risparmiarle mostruose sofferenze. Sarebbe bello, ogni tanto, udire un messaggio di Mattarella in proposito. Sarebbe confortante leggere qualche dichiarazione sui campi come il River, i cui residenti si rifiutano di sloggiare nonostante i robusti incentivi in denaro offerti dal Comune di Roma. Gli occupanti hanno fatto ricorso contro lo sgombero, e nei loro confronti associazioni e coop umanitarie spendono parole commosse. Poi, certo, qualcuno di loro ha parcheggiato un bel suv marchiato Porsche nel campo, ma di questo è meglio non dire nulla, altrimenti si rischia di passare per populisti beceri. Sempre ieri, Mattarella ha fatto cenno alle «responsabilità» degli intellettuali che sottoscrissero il manifesto della razza. Responsabilità che, ha detto il presidente, «non possono essere taciute». Benissimo. Ma che dire, invece, degli intellettuali di oggi? Da settimane scrittori, presunti scrittori, registi e artisti di vario genere si strappano i capelli e, in assenza di chioma, le vesti per la sorte dei migranti. Nessuno, però, che dica mezza parola sulla ragazza italiana di 24 anni pestata a sangue e stuprata da un richiedente asilo a Reggio Emilia. La notizia è praticamente scomparsa dai grandi giornali italiani. Niente su Repubblica, niente sul Corriere della Sera. Un pezzullo sulla Stampa intitolato «Violentata in strada, fermato l'aggressore» (senza dire che era un ucraino che aveva fatto domanda di asilo). Pezzullo pure su Avvenire, che ne approfitta per accusare Salvini che «cavalca il caso». In compenso, ieri un altro giornale cattolico, Famiglia cristiana, ha anticipato sul Web la copertina del numero in uscita oggi. Il titolo è «Vade retro Salvini». La Chiesa, spiega la rivista, «reagisce ai toni aggressivi del ministro degli Interni. Niente di personale o ideologico. Si tratta del Vangelo». Certo, perché sta proprio scritto nel Vangelo che Matteo Salvini sia Satana. Vediamo già gli esorcisti davanti al Viminale: «Esci da questo ministero!». No, non è il Vangelo: è la volontà di vendere due copie in più che spinge a fare certi titoli. Attaccano Salvini per farsi pubblicità: sono come Roberto Saviano, solo un po' peggio. La copertina, ovviamente, vale quello che vale, cioè una pernacchia. Più sconcertante, però, è l'atteggiamento di una parte della Chiesa. Il quotidiano dei vescovi ogni giorno spara sul governo, ed è totalmente prono alla linea immigrazionista. Famiglia cristiana arriva a completare l'opera con toni da ricovero coatto. Viene da chiedersi dove vivano certi prelati italiani. Perché non dicono nulla sulla giovane stuprata a Reggio Emilia? O sugli altri giovani tossicodipendenti ammazzati a Mestre dall'eroina venduta da richiedenti asilo nigeriani? Perché tacciono sul richiedente asilo del Mali che ha molestato una bimba di 9 anni a Piacenza? Sputano su Salvini, ma sul volto criminale e assassino dell'immigrazione non emettono un fiato. Vedono Satana al Viminale, ma non lo vedono aggirarsi per le strade ogni giorno, non lo vedono violentare e stuprare e picchiare e spacciare. Volendo potrebbero vederlo, ma dovrebbero prima alzare gli occhi dal loro tondo ombelico.
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