2019-08-21
Il Rottamatore ruba la scena a Zingaretti. E usa l’inciucio per riprendersi il Pd
Il Bullo: «Non entrerò nel governo. Connivenza fra il mio partito e la Lega». Il segretario: «Conte deve riconoscere i suoi errori».Alla fine, ieri, un disegno a lungo celato è stato plasticamente reso evidente a tutti, nell'Aula, nel momento della verità: Matteo Renzi sta usando la crisi come un'arma impropria nel suo partito. Sta usando cioè lo stato di crisi per provare a riprendersi la leadership dopo la sconfitta delle elezioni primarie. Ieri tutto questo è stato per la prima volta evidente, anche all'esterno, anche ai non addetti ai lavori, quando Renzi ha preso la parola subito dopo il duello campale tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Era come dire al mondo: vedete? Il vero leader del partito sono io. Una mossa che è stata resa possibile grazie all'uso che Renzi fa dei senatori nominati (da lui medesimo) che ancora adesso - si dice siano 20 - per gratitudine e per grazia ricevuta, lo sostengono in ogni sua ultima battaglia.Ieri, nel pieno di un capannello, nel salone Garibaldi, il leader di Rignano rispondeva da solo a quest'obiezione che nessuno gli aveva posto: «Secondo voi mi seguono solo perché sono dei miracolati, o perché sono d'accordo con me? Non sapete quanti ne ho nominati, che ora mi hanno tradito? Dovrei fare due nomi ma non è carino», dice Renzi , «e la lista è lunga». Tuttavia, dopo mesi di pane e cicoria, intorno a lui si forma di nuovo il capannello delle grandi occasioni. Il racconto che Renzi vuole fare al Paese è racchiuso in questa sentenza: «Se questo governo alla fine si fa, è perché lo rendo possibile io». Ma la sfida nei confronti del segretario è, almeno in un passaggio, durissima: nel momento in cui Renzi dice che «il Pd era connivente con Salvini». Al Nazareno, sentendo questa frase, hanno fatto un salto sulla sedia per almeno tre motivi. Il primo: «connivente» è una parola che si usa in presenza di reati nei traffici e nelle associazioni mafiose. Il secondo: Renzi parlava del Pd come di un organismo altro rispetto a sé. Il terzo motivo: l'allusione era a un presunto incontro, sempre smentito dagli uomini del segretario, di cui da giorni parla il quotidiano più vicino a Renzi, Il Foglio. La replica è affidata a uno degli uomini un tempo di minoranza, ormai molto vicino a Zingaretti, Francesco Boccia: «Renzi dovrebbe semplicemente scusarsi. È molto grave che usi la parola connivenza riferendosi al Pd e alla comunità di cui farebbe parte e che tanto gli ha dato in questi anni. È un insulto», dice, «a tante donne e tanti uomini che non lo meritano». Ma è ancora più interessante la spiegazione ufficiale che il capogruppo Andrea Marcucci forniva al sottoscritto e ad altri colleghi, alla buvette, per spiegare come mai Renzi parlava, impegnando da solo la prima posizione oratoria, e un quarto del tempo di tutto il gruppo. Una tesi quasi surreale. «Cosa ci sarebbe di strano in questo intervento di Renzi? Lo abbiamo deciso fra di noi nel gruppo, e siamo autonomi». Domanda: ma Zingaretti sapeva che Renzi avrebbe parlato per primo, in quella posizione? Risposta del capogruppo: «Io non gliel'ho detto. Forse glielo ha riferito qualcuno di quelli che tra di noi gli raccontano le cose». Come dire: tanto Zingaretti ha delle spie. Per Marcucci, il problema non era un problema: «Non ha avuto una posizione privilegiata, mi sembra assolutamente normale che un senatore di prestigio del partito possa parlare per dieci minuti». E qui si aprono due problemi. Il primo è che nel partito il nervosismo è alle stelle. Molti uomini della maggioranza pensano addirittura che questo strappo sia il preludio di una scissione. Un ex ministro che la sa lunga, off the record, mi dice: «Zingaretti sta portando una croce, ma deve sopportare anche questo. Oggi (alle 11, ndr) vediamo gli organismi dirigenti, e il partito gli darà un mandato. A contrattare. Il governo si fa solo se restiamo uniti, di certo non se lo vuole lui. Tutto il resto sono soltanto provocazioni che non deve raccogliere». Il piano dell'ex premier, suggerisce un'altra fonte vicina al segretario, potrebbe essere quella di costituirsi un gruppo al Senato per trattare posti e ruoli nel nuovo governo saltando gli organismi di partito. Possibile? L'effetto principale, però è all'esterno. Zingaretti apre a Conte, sia pure chiedendogli tuttavia una penitenza: chiedersi «se tante cose denunciate sono vere, perché ha atteso la sfiducia per denunciarle?». Luigi Zanda, ex capogruppo, uomo di grande esperienza parlamentare è cauto: «Adesso tutto è possibile. Ma tutto è molto difficile». I 5 stelle, paradossalmente, si sono comportanti come un partito solido. Hanno riunito la loro direzione (a Bibbona) e i gruppi parlamentari. Ma adesso si chiedono: «Con chi dobbiamo parlare?». Un capogruppo pentastellato, ancora off the record, mi dice: «Noi abbiamo fatto di tutto e di più. Abbiamo rifiutato persino la proposta di mettere Luigi Di Maio a Palazzo Chigi. Loro saranno in grado di fare altrettanto?». Perché l'ostacolo più grande al momento è questo. Sapere se c'è un altro Pd con cui bisogna trattare.